Il mondo gattopardiano dopo il coronavirus

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C'è stato un tempo sconvolgente che sembrava non finire più. Sembrava che il mondo perduto non sarebbe più potuto tornare. Sembrava tutto. E invece, non è cambiato niente. Dopo settimane di bombardamenti mediatici ai limiti del terrorismo psicologico su come ci si dovesse comportare per evitare di essere contagiati dal cornoavirus e non incorrere nella covid19, sembraba impensabile pensare che il post coronavirus, potesse essere come il prima. Nulla sarà come prima, si diceva. Ci sarà un prima coronavirus, un dopo coronavirus. Si ripeteva.  La stretta di mano sembrava essere destinata all'estinzione, gli abbracci, essere ridotti al minimo, il baciarsi sulla guancia, due, tre volte, all'italiana, a rischio estinzione come i dinosauri, e che dire della distanza di sicurezza sociale di almeno un metro? Si temeva che questo potesse essere il modo tipico delle relazioni "aosciali".  Si pensava che potesse derivarne l'Italia dei balconi di D'Annunzio e Mussol...

Se facciamo tutti la stessa cosa






Cellulare alla mano, occhi puntati verso l'alto, o verso l'orizzonte. Chi effettua la ripresa in diretta rendendo social il momento vissuto attraverso lo schermo, chi vuole semplicemente uno scatto con telefoni utilizzati sempre più per fotografare, chattare, che parlare, chi filtra la realtà attraverso la dimensione virtuale, sempre più reale e complementare.
Nulla di eccezionale, lo facciamo tutti, però mi vien da sorridere quando vedo che tutti o meglio in tanti ci comportiamo nello stesso modo in determinate circostanze. Similmente come accade allo stadio durante una partita di calcio, quando qualche giocatore si divora un gol si sentirà il canonico "oh..." talmente banale e scontato e prevedibile che anche nei videogame accade la stessa identica e sistematica cosa.
Gol mangiato e vai con l'immancabile oh.
Immancabile oh che unisce generazioni diverse unite dalla passione per il pallone, immancabile scatto che unisce generazioni diverse ed opposte sotto il segno e il suono del click

Marco Barone



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