Il tempo si è letteralmente fermato alla stazione di Miramare di Trieste

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Un gioiellino liberty di epoca asburgica, che consente di arrivare al castello di Miramare, attraversando il polmone verde di Trieste, che affascina il viaggiatore, perchè il tempo si è fermato in via Beirut, a  Grignano come in nessun altro luogo a Trieste.  Un gioiellino che è ora chiuso, ora aperto, ma che necessita di essere valorizzato, riqualificato. Purtroppo già in passato preso di mira da azioni di vandali, ragione per cui venne eliminato il glicine che caratterizzava la pensilina esterna, preso di mira con vandalismi che hanno comportato spese per migliaia di euro da parte di RFI per effettuare interventi di restauro di natura  conservativa. Quella piccola stazione affascina e non ha eguali in Italia, ed è auspicabile che si possano trovare le risorse, gli intenti, la volontà, per farla ritornare ai fasti di un tempo. Purtroppo il tempo fa il suo corso e dei lavori di manutenzione sono necessari per ripristinare quel bene storico che viene invidiato da chiunque si soffermi a

Quando per offendere si dice "vai a zappare la terra", eppure dovrebbe essere un complimento



Calpestare la terra è meraviglioso, e lo è ancor di più sporcarsi le mani con la terra. Ma siamo cresciuti nell'epoca dove lavorare la terra è stato inculcato come un qualcosa da sfigati, analfabeti, ignoranti, miserabili. E da qui l'insulto vai a zappare la terra. Ma saper lavorare la terra è fondamentale, altrimenti si morirebbe tutti di fame. In Italia milioni di persone potrebbero vivere solo lavorando la terra, che stiamo massacrando, per colpa di una globalizzazione sfrenata che ha partorito solo diseguaglianze ed ingiustizie. Che anche la terra ha subito. Dai non diritti dei lavoratori, dove nella maggior parte dei casi sussistono condizioni di schiavismo becero, ma facciamo finta di non vedere o non sapere, anche se le prime lotte di classe ebbero luogo nella storia proprio da parte dei contadini, all'abbandono vero e proprio della terra per lasciar spazio al progresso, al cemento, che uccide, giorno dopo giorno, la terra. Non dico niente di nuovo, ogni tanto anche qualche politico, illuminato sulla via della terra, e che magari non ha mai preso una zappa in tutta la sua vita, si perde in questi discorsi, che potrebbero essere percepiti come comuni bla bla bla.  E' una questione culturale. Incentivare il lavoro della terra, l'agricoltura, con il giusto equilibrio, oltre a dar lavoro a milioni di persone, favorirebbe anche una condizione sociale di equità, perchè i diritti possano essere giusti, i salari giusti, e la qualità del prodotto ottima. Si affermerebbe il divenire comunità, la solidarietà sarebbe l'ordinarietà, e forse per questo nel corso di questi ultimi decenni il lavoro della terra è stato banalizzato, offeso, ridicolizzato, perchè minerebbe i "valori" di una società frenetica, materialistica e pesantemente capitalistica. Se tutti lavorassimo la terra forse vivremmo in un mondo migliore. E' faticoso, si deve partire da zero, perchè i veri analfabeti siamo noi, noi comuni cittadini metropolitani che disprezziamo la terra, eppur senza la terra si creperebbe tutti. Ma questo alla fine a chi importa realmente? E le campagne continuano ad essere luoghi, salvo qualche raro caso, di degrado sociale enorme, ma prima o poi questa situazione, vuoi per necessità, vuoi per il fallimento del metropolicentrismo, emergerà ed i conti li faremo, nel bene o nel male con la storia, con la nostra coscienza e con la nostra fame, perchè l'Italia è un Paese in via di tracollo.  Dunque, più terra per tutti, sarà lo slogan che un giorno, invaderà anche le nostre strade cittadine e metropolitane? Chissà.
Marco Barone

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