Alle ore 19.00 circa del 31 luglio del 1947, dopo diversi giorni
di discussioni, dibattiti, polemiche, preoccupazioni e perplessità,
maturate in sede parlamentare dal 24 luglio nella seduta pomeridiana,
verrà ratificato il Trattato di Pace del 1947.
410 erano i parlamentari presenti, e la ratifica verrà approvata
a scrutinio segreto con 262 voti favorevoli, 68 contrari e 80
astenuti.
L'astensione sarà quella del Partito Comunista. La discussione, come scritto, inizierà, nella seduta pomeridiana
del 24 luglio 1947 in un Parlamento che sarà chiamato con urgenza a
ratificare ciò che venne firmato,come lo definirà il Ministro degli
Affari Esteri di allora, un accordo “doloroso”, e si imputerà la
responsabilità della firma del 10 febbraio a De Gasperi , dunque
alla mano unilaterale del Governo.
Un Trattato di Pace, la cui ratifica veniva richiesta in modo
urgente, dalla Democrazia Cristiana, che condusse una campagna in
modo definito non opportuno da Togliatti attorno al Trattato. Infatti, i democristiani negarono, per lungo tempo, che esso potesse essere firmato e
ratificato e gettarono, contro i quali affermavano invece che poteva
essere firmato e ratificato, le peggiori accuse. E sarà in quel tempo lo stesso partito,
la DC,a richiedere in via urgente la ratifica al parlamento
italiano.
E sarà questa perplessità, sul metodo oltre che sul contenuto
del Trattato, che dominerà il dibattito in aula e che spingerà i
comunisti all'astensione. Un Trattato che non terrà assolutamente
conto della resistenza, della risposta che gli italiani, i
partigiani, hanno dato al fascismo tramite la resistenza, un Trattato
pesante che de facto ha ignorato la resistenza.
“Un Trattato che avrebbe potuto essere migliore se dal momento
in cui Roma fu liberata, lo sforzo unitario patriottico che animava
le masse del popolo fosse riuscito ad ispirare una differente
politica estera”. Queste saranno alcune della parole di Togliatti
che rimarranno impresse, nella storia di quel dibattito di fuoco,
sotto una pressione della stampa nazionale che temeva l'atto di
mancata ratifica parlamentare e la conseguente ritorsione da parte
americana in primis.
Si imputeranno molte delle responsabilità, per il modo in cui è
stato concepito quel Trattato, alla politica estera democristiana che
fu totalmente dominata da ideologie prevalentemente irredentiste che
hanno diviso il popolo italiano. Togliatti ricorderà anche che
Badoglio ottenne il riconoscimento di un governo italiano
rappresentativo di tutta Italia da parte dell'Unione Sovietica ed in
quel modo riusci a svincolare l'Italia dalla posizione di Stato
nemico. E lo stesso Togliatti punterà il dito contro Bonomi,
accusandolo di essere stato il principale responsabile delle misere
concessioni ottenute nel memoriale Mac Millan e dunque se il Trattato
di Pace, a cui erano chiamati a firmare era quello che era, un non
buon trattato, la responsabilità era da ricollegare alle politiche
reazionarie di casta italiane.
I punti salienti del memoriale Mac Millan erano i seguenti: il
controllo armistiziale da esercitare in futuro solamente se richiesto
da militari alleati; l'abolizione della sezione politica della
Commissione Alleata; l'emanazione di decreti e leggi da parte del
governo italiano libera dall'approvazione della Commissione Alleata;
il ritiro di tutti gli organi periferici alleati in territorio
italiano a partire dal 1 aprile 1945;aiuti da parte degli Alleati
all'Italia sotto-forma di merci,materie prime, e aumento di
produzione. Ma si accusava anche l'ignoranza e le volute ostilità con la
Jugoslavia.Se queste non ci fossero state probabilmente il problema
delle frontiere orientali avrebbe potuto essere risolto in modo
diverso.
Vi era la possibilità di far ottenere un regime autonomo alla
città di Trieste degno di questo nome.
Per non parlare di quelle frasi di Togliatti, pronunciate sempre
durante il dibattito parlamentare per la ratifica del Trattato del
47, che saranno profetiche in relazione agli accordi imposti
commerciali con l'America “ è assurdo pensare che i nostri
imprenditori vadano ad aprire imprese negli Stati Uniti,noi avremmo
invece bisogno di libertà di immigrazione per la nostra mano
d'opera. Questa non ci sarà data, ma l'imprenditore americano verrà
liberamente da noi a schiacciare la nostra iniziativa”. Insomma,
quel trattato significava “accettare le tradizioni americane
,piegare il collo davanti al capitale monopolistico americano , non è
per questo che si è combattuto contro il fascismo ma per la libertà
d'Italia e per dare all'Italia un regime democratico nuovo”. E' interessante, in merito alla questione di Trieste, ricordare
quanto disse Pajetta,durante la seduta della Camera dei Deputati il
22 aprile 1950: “[...] E successivamente, dopo la conclusione della guerra,
quando gli jugoslavi del partito comunista e il governo di Belgrado
rivendicarono l’istituzione, come frutto della vittoria, di una
settima repubblica federale, comprendente la zolla di Trieste fino a
Gorizia, quale fu la posizione dei comunisti italiani ? [...]
Ebbene, nel suo rapporto al comitato centrale, al quinto congresso
del partito comunista italiano, tenuto a Roma il 29 dicembre 1945,
il segretario generale del nostro partito, il nostro compagno
Togliatti, diceva: (( Per quel che riguarda la questione di Trieste,
essa è!per noi molto delicata. Gli operai di Trieste hanno preso un
atteggiamento favorevole alla annessione della città allo Stato
federale jugoslavo. All'epoca la soluzione era stata la seguente:
((Riteniamo che la funzione degli operai di Trieste sia quella di
lottare insieme a noi contro le forze reazionarie italiane e di
servire, come mediatori fra i due popoli, a trovare una soluzione di
questo problema che elimini ogni motivo di dissenso tra i due
popoli, spenga ogni scintilla di lotta nazionalistica tanto dall’una
che dall’altra parte, e permetta di fare opera permanente di pace
N. […] Successivamente, quando la situazione sembrava essere
avvelenata da una serie di dispute, vi fu il viaggio dell’onorevole
Togliatti a Belgrado e il suo colloquio con Tito. Togliatti ottenne
il riconoscimento della italianità della città di Trieste. E lo
ottenne da Tito ! […]
Si farà anche riferimento alla nota sovietica del 20 aprile 1950 al PCI “Nella recente nota sovietica ho trovato delle
cose che mi pare non possano preoccupare gli italiani. In questa
nota sta scritto: “In base agli stessi regolamenti, dal momento
dell’entrata in carica del governatore, le truppe straniere di
stanza nel Territorio ed il cui numero per quell’epoca deve essere
ridotto a 5 mila uomini per ognuno degli Stati partecipanti
all’occupazione di Trieste, debbono essere poste a disposizione del
governatore per novanta giorni. Allo scadere di questo termine,
tutte le truppe straniere debbono essere ritirate dal T.L.T., entro
45 giorni”. Le disposizioni si applicano dunque per tutte le
truppe straniere, ed è ridicolo quindi giocare sull’equivoco di
affermare che si tratta soltanto delle truppe anglo-americane. “In
base alle clausole del trattato di pace - prosegue la nota sovietica
- dovevano le truppe straniere cioè essere evacuate da Trieste verso
la fine del gennaio 1948” [...] E se questo si fosse realizzato,
quei morti non sarebbero morti, e quei deportati non sarebbero stati
strappati alle loro case. (..) Ecco perché noi abbiamo accolto
questa proposta, ed ecco perché noi oggi vorremmo che potesse
essere realizzato quello che ancora non è stato fatto. Ma che cosa
sarebbe avvenuto se il Territorio Libero fosse stato amministrato
diversamente? Abbiamo avuto le elezioni del 12 giugno, malgrado
certe limitazioni, e l’intervento anche sfacciato, del governo
alleato, come pure la inflazione del corpo elettorale, ecc. Il Territorio Libero ha dimostrato che potrebbe governarsi da se. Non
vedo dunque quale è la preoccupazione da parte vostra quando avete
avuto una maggioranza di voti, e quando affermate di essere sicuri
di questa maggioranza. Noi vorremmo sapere che cosa avevate da
temere voi perché le elezioni si estendessero a tutto il
territorio. E permettetemi di ricordarvi, soltanto per inciso che,
dopo aver condotto per tanti mesi un' imprudente, una calunniosa
campagna contro i comunisti triestini, palazzo Chigi, dopo quelle
elezioni, si è affrettato a fare una dichiarazione per iscrivere
fra gli italiani di Trieste anche i comunisti, perché avevano avuto
una notevole affermazione, perché non erano stati liquidati,
com’era nelle vostre speranze. Ma permettetemi una citazione
ancora. Si tratta questa volta di un articolo del nostro compagno
Togliatti dove ci sono parole che acquistano oggi un particolare
significato. “Voi avete creduto alle promesse che sono state
fatte, volete crederci e volete accontentarvene ancora. Ma noi fin
da allora abbiamo denunziato il pericolo che era insito in quella
politica. Il 26 marzo 1948, proprio dopo la dichiarazione
tripartita, Togliatti ricordava un suo colloquio con Salvatore
Contarini e diceva, parlando della conversazione che aveva avuto con
questo diplomatico, come Contarini ad un tratto, rispondendo ad una
osservazione dello stesso Togliatti che si domandava se forse la
Politica di Bonomi era ispirata dal desiderio, di ricevere dagli
anglosassoni Trieste, diceva: “No, gli anglosassoni non daranno
Trieste all’Italia, nè alla Jugoslavia: la lasceranno pendere in
mezzo ai due paesi. Se ne serviranno, se potranno, per rafforzare un
regime loro alleato al di là dell’Isonzo, altrimenti la terranno
sospesa fino ad una nuova guerra e la offriranno a noi per farci
fare ancora una guerra per conto loro”.
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