La maledizione di Ronchi tra Oberdan e D'Annunzio
Piero Belli fu un redattore del popolo d'Italia fondato da Mussolini che seguì l'azzardo di D'Annunzio a Fiume elogiandolo all'inverosimile come emerge nel suo testo "la notte di Ronchi". In tale testo scrive ad esempio che "Quando Gabriele d'Annunzio mosse da Venezia non possedeva che un'automobile ed uno chaffeur. Lui e il sergente Basso erano tutto l'esercito legionario in marcia verso Fiume. C'erano, sì, i granatieri. Ma erano a Ronchi. E a Ronchi bisognava arrivare rischiando di cadere nel ridicolo di un arresto. Bastava che un carabiniere riconoscesse d'Annunzio perchè il futuro salvatore di Fiume facesse la fine di un mentecatto destinato al manicomio. E di certo la più clamorosa delle risate avrebbe fatto eco all'annuncio che il Poeta-soldato, (( briaco di se stesso », era rimasto — nuovissimo don Chisciotte — a brancolare dentro la sua vettura. Ma se i granatieri in attesa a Ronchi erano un manipolo di proporzioni già rispettabili, non è detto, per altro, che d'Annunzio potesse dire — una volta giunto — di essere « arrivato ». Se era diffìcile arrivare a Ronchi, difficilissimo era il ripartirne. Era anzi impossibile. Non si compiono, infatti, 150 chilometri di marcia con la stessa facilità con cui una nave affronta il mare. E l'arrivo di d'Annunzio, infatti, complicava le situazioni".
Nel suo breve testo esalta D'Annunzio ponendo giustamente sullo stesso piano la follia di Oberdan con quella dannunziana: "Quando Guglielmo Oberdan muoveva con una bomba nella valigia per correre a giustiziare l'imperatore Francesco Giuseppe non pensava certo che da Ronchi avrebbe preso le mosse la legione dei volontari che giustiziano da un anno ogni e qualsiasi criminoso patto delle diplomazie.Guglielmo Oberdan difendeva Trieste gettando, per insulto, agli italiani dimentichi — il proprio cadavere. I legionari di Ronchi, guidati da Gabriele d'Annunzio, difendono l'Italia intera con un gesto che abbraccia le aspirazioni degli oppressi di tutto il mondo. E alla grigia massa dei rinnegati e dei vigliacchi gridano la frase leonina del piccolo fante legionario Luigi Siviero : « Morti sì, vivi no! ».
Insomma, quella di Ronchi, fu una vera maledizione, suo malgrado fu teatro, inconsapevole, ignaro e involontario, dell'azzardo nazionalista di Oberdan e dell'eversione di D'Annunzio, le cui gesta, in un territorio fedele all'Impero, hanno macchiato e continuano a macchiare l'identità di questa località monfalconese tutt'altro che legata all'arresto di Oberdan e alla notte insonne e febbricitante di D'Annunzio
mb
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