Premesso che le elaborazioni critiche, concettuali, storiche, etiche e morali che si maturano dopo anni ed anni da un determinato fatto non possono essere comparate con le analisi a caldo, con quelle che si fanno spazio quando il fatto è appena accaduto, od ultimato.
A volte i pezzi canonici del puzzle trovano la loro giusta composizione dopo un lungo margine temporale.

Così come l'onestà intellettuale di qualsiasi individuo, storico, politico e studioso che esso sia passa dal non riconoscere come verbo assoluto, come dogma, la parola di qualsiasi autorevole o meno autorevole esponente di un determinato periodo storico.
La laicità del pensiero presuppone la capacità critica di giudizio, la libertà di giudizio e non il chinarsi alla evangelizzazione della parola. Sarei stato invitato a compiere un mero atto di autocritica perchè avrei in sostanza intrapreso una via contraria al pensiero sacro di due "mostri della storia comunista" come Gramsci e Lenin che avrebbero "esplicitamente espresso un giudizio positivo su Fiume". Solita storia. Nulla di nuovo. Così come è singolare che certe accuse, se così possiamo definirle, arrivano anche da chi sicuramente non è comunista e mai lo è stato e mai lo sarà. Pazienza. Si va avanti lo stesso.
Ma Gramsci ha realmente espresso un giudizio positivo su D'Annunzio e Fiume? Sull'editoriale pubblicato di “L’Ordine Nuovo” del 4 ottobre 1919,
Gramsci definisce D’Annunzio “servo smesso della massoneria
anglo-francese”, lo tende a paragonare ad un golpista e la sua analisi critica comunque non è un mero elogio all'impresa di Fiume, tutt'altro.
Il nemico principale era Giolitti, Gramsci smontò la propaganda
governativa sull’impresa di Fiume, ma non vuol dire che tout court
“difese D’Annunzio” e l’impresa stessa, le sue parole d’ordine, il
settore di borghesia e i comandi militari che la portavano avanti. Chi
lo pensa prende un grosso granchio, compie una semplificazione che negli
ultimi anni è circolata molto, anche perché su Wikipedia, alla voce
«Impresa di Fiume», senza fornire alcuna fonte qualcuno ha scritto (e ci
sarebbe da intervenire, se la pagina non è una di quelle “presidiate”
24h7 dalla solita pattuglia di fasci):
«Antonio Gramsci difese dalle colonne de L’Ordine Nuovo tanto D’Annunzio quanto la Legione di Fiume […]»
Oggi, in ogni caso, abbiamo una prospettiva storica più profonda e
una potenziale conoscenza dell’episodio ben più ampia di quella che si
poteva avere in tempo reale. Quand’anche Gramsci avesse scritto che
l’impresa di Fiume era una figata (cosa che, ribadiamolo, non fece), non
vuol dire che dobbiamo dirlo anche noi. Non dopo l’italianizzazione
forzata, le leggi antislave, l’occupazione militare insieme ai nazisti, i
campi di concentramento italiani, le stragi etc. Tutta roba che ha i
suoi pròdromi nel rimestar di merda nazionalista e razzismo antislavo di
cui l’impresa di Fiume fu parte integrante.
Certo, la Russia bolscevica fu l’unico
paese a riconoscere la Reggenza italiana di Fiume, e alcuni esponenti
politici e intellettuali della sinistra videro nell’impresa un’occasione
per rivoluzionare l’esistente, ma è il caso di precisare che il resto
della sinistra e molti intellettuali, artisti e persone di cultura
giudicarono il tutto una buffonata. E comunque se quel riconoscimento avvenne, avvenne unicamente per ragioni strategiche. Se quell'impresa è stata realmente così rivoluzionaria, così comunista, od anarchica, perchè non viene allora fatta proprio in modo universale e liberamente accettato dal patrimonio storico culturale e sociale della sinistra? Perchè quell'impresa( nel senso di marcia militare, di atto militarista) si è rivelata essere tutt'altro, come evidenzierà anche
Montanelli nel 2001.
Il quale rispondendo ad un lettore, in una rubrica sul Corriere della Sera, in merito all'Impresa di Fiume affermava ad esempio che "essa non aveva nessuna giustificazione né politica né legale. Negli accordi di Londra del 1915 nei quali si stabiliva quali territori l’Italia avrebbe ricevuto come compenso del suo intervento in guerra, Fiume non compariva. Visto che una metà della popolazione urbana era di sangue italiano (mentre tutto il contado era di sangue slavo), la nostra diplomazia stava contrattando con gli Alleati e con gli jugoslavi uno statuto di città libera, quando D’Annunzio mandò tutto a monte col suo atto di forza che, sul piano dei rapporti internazionali, ci isolò completamente."
Rilevando in merito al rapporto tra D'Annunzio e Mussolini ad esempio che "Sei mesi prima della impresa di D’Annunzio, era nato il partito fascista, nel cui programma c’era di tutto, ma l’elemento predominante era il reducismo, quello degli ex combattenti, la cui star era più D’Annunzio che Mussolini. Il quale quindi si adeguò sposando col suo giornale - Il popolo d’Italia - la causa di D’Annunzio. Ma col fermo proposito di lasciarlo consumare in quella impresa senza sbocchi. (...) D’Annunzio sollecitò l’aiuto di Mussolini proponendogli una marcia su Roma e Mussolini rispose ch’era pronto a farla, ma non prima di un anno, e fece scrivere sul suo giornale che l’accordo raggiunto dalla nostra diplomazia andava accettato e che «solo un pazzo o un criminale può pensare a scatenare nuove guerre». Chi fosse il pazzo o il criminale cui alludeva, era chiaro. Si parlò di «tradimento», e in un certo senso lo era, ma veniva nel momento in cui più nessuno - né a Fiume, né in Italia - era disposto a indignarsene."
Concludendo così: "considero l’impresa di Fiume non un fasto, ma un nefasto nazionale e una delle più buffonesche italianate della nostra Storia."
Marco Barone
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