Era nell'aria, aria tempestosa, ed il Consiglio regionale del FVG con la sua attuale maggioranza sostenuta da PD e SEL ha detto no a due referendum. Il primo no è arrivato su quello della sanità, una riforma che ha fatto molto discutere in FVG e che continua a far discutere. Il Consiglio regionale del FVG si è infatti espresso con 26 voti contrari sull'ammissibilità (20 i favorevoli, due consiglieri non hanno partecipato al voto) della proposta referendaria chiesta da 2.559 cittadini, che ha coinvolto nove comitati. Vi sono state sia motivazioni politiche che giuridiche. Quelle giuridiche normative erano principalmente incentrate sul fatto che trattandosi in sostanza di una norma complessa si sarebbe creato un vuoto normativo non colmabile in 60 giorni, peccato che la norma complessa di cui si chiede l'abrogazione è stata approvata dall'aula in meno di 60 giorni. Il voto finale ha registrato i 20 sì di FI, AR, M5S, FdI/AN, Violino (GM), Piccin (GM) e Pustetto (Sel); i 26 no sono arrivati da Pd, Cittadini, Sel e Barillari (GM). Colautti e Cargnelutti dell'Ncd non hanno partecipato al voto.
Ma il Consiglio Regionale del FVG ha bocciato anche l'ammissibilità del referendum per l'abrogazione di alcune disposizioni riguardanti le vergognose UTI contenute nella legge 26 del 2014, in particolare gli articoli da 1 a 20, da 23 a 40 e da 56 a 70. La proposta era stata sottoscritta da 901 cittadini. L'Assemblea regionale si è espressa con 25 voti contrari di Pd, Cittadini e Sel, con l'eccezione del consigliere Pustetto che ha votato sì.
Così i voti favorevoli sono stati complessivamente 22, espressi anche da FI, M5S, Ncd, Autonomia Responsabile, Gruppo Misto, FdI/AN, LN.
Ma non è stato dato neanche il via libera al referendum propositivo per un diverso assetto della Regione FVG. 25 i no all'ammissibilità (Pd, Cittadini e Sel), mentre a favore si sono espressi in 20 (FI, M5S, Ncd, FdI/AN, AR, GM e LN). Il referendum in questione chiedeva un diverso assetto del FVG, con due Province - Friuli e Trieste - dotate di capacità legislativa sul modello di Trento e Bolzano in Trentino-Alto Adige. Qui a dire il vero le ragioni tecniche e giuridiche risultano essere più fondate rispetto alla questione UTI e Sanità la cui bocciatura è stata secca. Una bocciatura, a dire il vero prevedibile, che non farà altro che inasprire il quadro politico all'interno della Regione, con un PD e company sempre più stretti in un piccolo angolo, che cercano di difendere un sistema decisionista, che contrasta contro ogni minimo buon senso. Ma prima o poi il popolo verrà chiamato alle urne, il 2018 è vicino, salvo che qualcuno non si inventi qualche proroga ad oltranza e visti i tempi che corrono, nulla è impossibile. Insomma, ennesima vergogna politica nel caso UTI e Sanità, di una politica, ahimè sempre più sinistra, sempre più lontana dalla giustizia sociale, dalla democrazia partecipata, dai cittadini, e che per forza di cose favorisce la destra autentica, a cui si stanno letteralmente consegnando le chiavi dei governi locali e non solo. Viene da pensare che forse lo stanno facendo apposta.
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