Via Sant'Ambrogio una via alla ricerca della sua identità

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Un tempo via del Duomo, o del Teatro, oggi via Sant'Ambrogio che porta lo stesso nome del duomo consacrato dopo i disastri della prima guerra mondiale nell'ottobre del 1929, pur senza il campanile che dovette attendere la fine degli anni '50 per essere battezzato. Una via che nel corso della sua storia è sempre stata da transito di merce e persone e che è diventata negli ultimi tempi il teatro dello scontro identitario di una Monfalcone alla ricerca del proprio equilibrio sociale. Perchè è evidente che a Monfalcone, terra di passaggio, da quando è diventata grazie ai Cosulich città dei cantieri, per questo contesa dal regno d'Italia all'Austria, per privarla dei suoi cantieri insieme al porto triestino, ha conosciuto quelle dinamiche proprie delle città portuali. Gente che viene, gente che va. Approdo e partenza di nuove identità. Dal Sud Italia, all'Asia, passando da quel centinaio di nazionalità che a Monfalcone stanno cercando il proprio equilibrio, ognuna ne

Si prenda posizione contro il rischio della terza guerra mondiale


Se ne parla da anni, ed a furia di parlarne, incombe l’abitudine, come se fosse una cosa inevitabile, destinata ad avverarsi, con noi, comuni mortali e cittadini, impotenti e nelle mani di politici e politicanti, di qualsiasi colore politico, che giostrano con le parole, con una dialettica feroce, da crociate medioevali, ma con armi distruttive, come se fosse un maledetto gioco. Il Papa da tempo parla di terza guerra mondiale a pezzi. Questi pezzi si stanno ora ricomponendo, il puzzle si sta compiendo. Noi, italiani, siamo gli ultimi, vista la storia del nostro Paese, a poter dare lezioni etiche e morali, agli altri. Si è mitizzato Garibaldi all’inverosimile, assunto anche come icona dell’antifascismo, eppure, nel Sud Italia, le memorie non sono così condivise, perché delle camicie rosse garibaldini nella volgata del popolo si tramandano le scorribande e le aggressioni subite verso le terre e contadini. E lo stesso discorso vale salendo verso il nostro Territorio. Il Regno d’Italia per aggredire l’Impero, e sottrarre agli Asburgo fettine di terre e soprattutto il golfo triestino, scatenò una guerra che procurò milioni di morti, senza con ciò voler negare le responsabilità dell’Impero che massacrò i serbi come punizione per l’attentato di Sarajevo. E qualche decennio dopo, certamente di meglio non fece quel criminale di dittatore fascista Mussolini, che succube del criminale nazista Hitler trascinò il nostro Paese nella devastazione più totale. Il nostro Territorio nel ‘900 è stato protagonista di due guerre mondiali, ha conosciuto la guerra, sa cosa significa. Diciamo sempre che la storia deve insegnare qualcosa, che gli errori non si devono ripetere, eppure, stiamo precipitando verso un qualcosa di inquietante. Sembra tutto così lontano, eppure, bastano decisioni sbagliate, per arrivare al disastro. Non si tratta qui di diventare ultras della Russia di Putin, dell’Ucraina di Zelenski, di Israele o della Palestina, che sono al momento i due conflitti che segnano nello scacchiere internazionale il rischio di un effetto domino, ingestibile. Si tratta semplicemente di far sentire la propria voce, di schierarsi dalla parte della diplomazia e mettere a tacere le armi. La guerra non è un gioco, se dovesse scoppiare, si innescano i meccanismi tipici, coprifuoco, che abbiamo recentemente conosciuto con il COVID, soppressione di diritti, libertà, reclutamenti forzati, e tutto ciò che ne deriva, autoritarismo, militarismo, morte e distruzione. Il nostro Territorio è il più esposto in linea di confine, per quanto concerne l’Italia, e deve avere la determinazione di dire no alla guerra, no alla prepotenza delle armi e strumentazioni militari che anche qui da noi vengono realizzate o transitano, e sì alla voce della diplomazia. Siano cittadini, siano amministratori pubblici, sia la comunità a prendere consapevolezza della gravità della situazione per cercare almeno di aver detto, ciò che andava detto, di aver fatto, quello che andava fatto, nel nostro piccolo, per dare anche un nostro contributo e far sentire la nostra voce per dire no alla terza guerra mondiale, perché se dovesse precipitare definitivamente la situazione non ci sarà più tempo per dire, prima che sia troppo tardi. 
mb

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