La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Porto Vivo?Ma Porto Vecchio di Trieste non è mai stato morto


Si potrebbe dire che se Trieste è stata per anni contesa nell'ambito delle politiche del confine orientale, tra il blocco orientale e quello occidentale, Porto Vecchio, è la zona della città contesa tra il vecchio modello di Trieste, che non esiste più, ma che la rende unica agli occhi del mondo, ed un futuro che rischia di omologare gli spazi della quotidianità al tempo che verrà senza alcuna identità. Area immensa, degradata per decenni in gran parte, oggetto di battaglie politiche e manifestazioni epocali, dalla marcia del Sindaco alle barricate degli indipendentisti, con i binari che intanto, lentamente, tra ruggine e cemento, sparivano via dal quel sito dimenticato forse anche da Dio stesso ma non dai triestini. Che lo hanno sempre frequentato, anche clandestinamente, tra chi andava a correre, a chi curiosare, a chi ritagliarsi uno spazio in cui tuffarsi nelle acque del nostro golfo, tra un magazzino ottocentesco abbandonato ai refoli di Bora, e le chiacchiere e le nostalgie per i tempi che furono. L'immensità del Porto Vecchio, è dovuta a quell'Impero che ha plasmato e definito l'identità della Trieste mitteleuropea, quella che attrae ed affascina, perchè nessun luogo è come Trieste in Italia, semplicemente per l'unicità della sua storia che ora si è capito dover preservare, malgrado dose di doping nazionalistico che bene non hanno fatto all'identità e all'immagine della città. Secoli di storia non si possono cancellare via nè oggi, nè domani. E così Porto Vecchio, che ricorda lo stile della Speicherstadt di Amburgo, più che una zona portuale comunemente italiana ora diventa Porto Vivo. Come se fosse morto, o una sorta di zombie immobile dei tempi moderni. Nel sito graficamente semplice ma bello di porto Vivo, incentrato sui quattro capisaldi del futuro di quest'area, cabinovia, bosco urbano, viale monumentale e museo del mare, si legge che "finora conosciuto come Porto Vecchio, ora ritorna alla vita e diventa PortoVivo. Un bosco urbano tra Carso e città, come catalizzatore di sviluppo e valorizzazione dell’attrattività e delle potenzialità economiche, turistiche, culturali e paesaggistiche di Porto vecchio".  Non voglio qui entrare nel merito della progettualità, che a Trieste sta determinando battaglie quasi epocali, ma solo far osservare che probabilmente la scelta del nome Porto Vivo, è infelice, perchè Porto Vecchio è e sarà e rimarrà tale per i triestini e la storia di questa città, e mai è stato morto, anche se deturpato dal degrado in gran parte della sua area. 

mb



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