C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

D'Annunzio in 16 mesi ha distrutto Fiume e ha perseguitato i croati

Come è noto a Fiume inaugura una mostra per il centenario di quella marcia che a Fiume viene letta come il fascismo prima del fascismo. Cosa che in Italia non si vuole capire perchè ci si ostina, per ragioni di opportunismo, a non voler sentire la ragione dei croati e di chi ha subito quell'evento nefasto per le sorti di Fiume. Città dalla plurisecolare autonomia che fu costretta a subire 16 mesi di chiusura ed isolamento che ne sancirono la distruzione socioeconomica. 
A Fiume si consumarono i primi processi di italianizzazione forzata contro i croati. Se nelle mostre che si fanno in Italia si sdogana il dannunzianesimo a Fiume lo si condanna e non potrebbe essere altrimenti.  E la mostra che inaugura il 12 settembre nel palazzo del Governo fiumano attraverso la prospettiva della donna racconta come Fiume venne torturata. La curatrice della mostra afferma, come si legge nel sito croato, "Non hanno idea(in Italia ndr) di cosa sia realmente successo alle persone che sono state improvvisamente costrette a lasciare la loro città perché non avevano più i mezzi di sostentamento, dato che il lavoro di D'Annunzio era proibito a chiunque non fosse italiano. In 16 mesi ha distrutto la città sia in un contesto socio-politico che in termini economici. Questo era in definitiva l'obiettivo di finanziare l'Impresa di Fiume per distruggere Fiume come possibile realtà che fosse in competizione con i porti italiani, in particolare con Trieste", afferma Tea Perincic.
Si racconteranno come alcune donne scesero in piazza per manifestare a sostegno di D'Annunzio, altre contro. Si parlerà  anche della carenza di lavoro in città per i croati, della persecuzione dei croati, come quello subita dai genitori di una donna, una delle protagoniste di quella mostra, che hanno dovuto chiudere il negozio di scarpe in Corso perché erano croati. A Fiume D'Annunzio introdusse l'olio di ricino contro i croati, il razzismo contro i croati era noto in alcuni suoi testi, e oggi stare dalla parte giusta della storia significa stare da una sola parte, senza se e ma, dalla parte di chi ha subito l'oppressione nazionalistica italiana capeggiata da D'Annunzio a Fiume.

mb

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