Via Sant'Ambrogio una via alla ricerca della sua identità

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Un tempo via del Duomo, o del Teatro, oggi via Sant'Ambrogio che porta lo stesso nome del duomo consacrato dopo i disastri della prima guerra mondiale nell'ottobre del 1929, pur senza il campanile che dovette attendere la fine degli anni '50 per essere battezzato. Una via che nel corso della sua storia è sempre stata da transito di merce e persone e che è diventata negli ultimi tempi il teatro dello scontro identitario di una Monfalcone alla ricerca del proprio equilibrio sociale. Perchè è evidente che a Monfalcone, terra di passaggio, da quando è diventata grazie ai Cosulich città dei cantieri, per questo contesa dal regno d'Italia all'Austria, per privarla dei suoi cantieri insieme al porto triestino, ha conosciuto quelle dinamiche proprie delle città portuali. Gente che viene, gente che va. Approdo e partenza di nuove identità. Dal Sud Italia, all'Asia, passando da quel centinaio di nazionalità che a Monfalcone stanno cercando il proprio equilibrio, ognuna ne

Il futuro non deve essere di chi vuole ritornare al passato.Per questo è importante dire no al dannunzianesimo

"Se il tuo progetto per il futuro è tornare nel passato, allora non dovresti guidare alcun Paese". Queste le parole espresse nel corso dell'intervista su Sky da Yuval Noah Harari, tra i più grandi pensatori contemporanei. Intervista dove, da storico, rileva che la storia è mutevole, in continuo cambiamento. " Le maggiori preoccupazioni del passato gradualmente sono cambiate a seconda della situazione. 400 anni fa, nel XVI o XVII Secolo, la preoccupazione di tutti in Europa era la grande battaglia tra Protestanti e Cattolici – la Riforma e la Controriforma. Oggi non importa quasi a nessuno. Persino i religiosi non sono così interessati a questa divisione. Abbiamo voltato pagina." 

E di tentativi di ritorno al passato ve ne sono, a bizzeffe, a partire da chi celebra eventi nefasti per la storia, che hanno martoriato soprattutto il secolo breve, dal quale si fatica a staccarsi in modo decisivo. Siamo legati da una sorta di cordone ombelicale nostalgico al '900, forse perchè fa paura quello che si sa che non sarà. 

D'altronde, come riconosce lo stesso Harari "è la prima volta nella Storia che ignoriamo anche le cose più basilari. Per prima cosa dovremmo essere onesti con noi stessi e con i nostri figli. Dire loro e dire a noi stessi: non sappiamo come sarà il mondo nel 2050. Nel corso della Storia si poteva ignorare quale sarebbe stata la situazione politica dopo 20-30 anni. Ma almeno si poteva prevedere suppergiù il mercato del lavoro e le qualifiche che sarebbero state necessarie. Oggi, se pensiamo a come sarà il mondo tra 30 anni, nessuno sa come sarà il mercato del lavoro. Nessuno sa che qualifiche saranno necessarie. Perciò non sappiamo cosa insegnare di preciso ai giovani di oggi. La scommessa migliore è insegnare ai giovani a studiare, essere sempre flessibili." Il tutto in un mondo che rischia di sfasciarsi in modo catastrofico.  
"Oggi ci sono principalmente tre problemi nel mondo: la possibilità di una guerra nucleare, il collasso ecologico, soprattutto i mutamenti climatici, e infine la tecnologia “destabilizzante”, cioè l’ascesa dell’intelligenza artificiale, della bio-ingegneria, che destabilizzeranno completamente economia, società e perfino il corpo umano." 

Va tagliato il cordone ombelicale con il passato, per contrastare sentimenti nostalgici che non faranno il bene dell'umanità, come la celebrazione dell'occupazione di terre altrui, come Fiume, osannando personaggi come D'Annunzio che la storia e il tempo hanno già condannato e che più di qualcuno cerca di riesumare e riabilitare . 

mb

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