Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato, tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193
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Il legame tra D'Annunzio e Trieste? Artificio culturale, ma esiste dal punto di vista nazionalistico e politico
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Si discute del legame tra D'Annunzio e Trieste. Se dal punto di vista culturale non sussiste, e in ogni caso è ininfluente e non tale da essere meritorio per dedicare una statua a costui, sussiste, invece, sicuramente dal punto di vista politico e nazionalistico.
Lo stesso D'Annunzio nei suoi testi parla di Trieste una pluralità di volte. E si capisce il perchè, in che ottica, in quale prospettiva. Ad esempio, In
Italia e vita scriveva: "come Idria, Postumia aspetta a noi. Se non la
tenessimo, il flutto della gente balcanica, il flutto della barbarie
schiava, giungerebbe a una ventina di chilometri dalle mura di Trieste."
Difendere l'italianità di Trieste dall'ondata "slava", concetti che la città ha conosciuto in modo violentissimo con il fascismo, di cui la marcia di occupazione di Fiume, con il suo militarismo ne è stata antesignana per diversi aspetti. Come se gli "slavi" non facessero parte dell'identità storica, delle radici di Trieste.
Nel testo Via Crucis, si leggerà: "Avevo
già perduto l’occhio destro nella prima impresa di Trieste. il sinistro
era minacciato."
Oppure: "Su quel
medesimo Albatro, un’altra mattina, andammo a bombardare i cantieri di
Trieste. Per ammirare il veloce sforzo de’ nostri costruttori in due
anni di guerra, bisogna rappresentarsi quel vecchio trabiccolo che il
nostro ardire traeva ai primi voli sul nemico. Io avevo davanti a me, in
prua, il motore; e di fianco avevo il vanissimo tubo nomato
«lanciabombe». Dopo ch’ebbi lasciato andare su i cantieri le prime
cinque bombe, la sesta mi s’incantò nel tubo; e non per forza né per
scaltrezza mi riuscì di farla partire." Tratto da :"DELLA DECIMA MUSA E DELLA SINFONIA DECIMA- Le faville del maglio"Primavera del 1917, in Santa Maria la Longa.
Sulla bandiera da donare a Trieste: "Io
ho promesso di sciogliere un suo vóto. Io ho promesso a Trieste la
nostra bandiera del Timavo, la bandiera che con lui portai a zaino su la
strada vecchia di Trieste la sera del 26 maggio 1917 e poi a San
Giovanni e alla Quota 28, alla punta del saliente orientale della Terza
Armata, col secondo battaglione del 77° reggimento di fanteria."
A Trieste si recò personalmente senza essere riconosciuto. Così scrisse il 29 dicembre del 1919:
"Mi
ricordo di quella notte autunnale, poco dopo l’armistizio iniquo,
quando da Aquileia venni a Trieste non riconosciuto, per porre un mazzo
di garofani rossi sopra la pietra tonda che segna il supplizio di
Guglielmo il Precursore. C’era posto, in quel cerchio tragico di due
spanne, c’era posto per i piedi della Vittoria."
Ed è soprattutto con il messaggio ai triestini del 17 settembre del 1919, che emerge il legame politico, nazionalistico, tra la marcia di occupazione di Fiume e la città di Trieste, a detta sua:
"Fratelli, voi sapete ormai quel che abbiamo fatto, con l’inspirazione e con la protezione del Dio nostro. Io
ero infermo nel mio letto. Mi son levato per rispondere all’appello. Le
forze non mi son mai venute meno. Non io soltanto ma tutti obbedimmo
allo spirito e fummo da ogni miseria mondi. Basta oggi alla felicità del
corpo respirare quest’aria e bevere quest’acqua. Ma
lo spirito ha compiuto il prodigio. In poche ore, senza colpo ferire, io
mi sono impadronito di Fiume, del territorio, delle navi, e di una
parte della linea d’armistizio. I soldati omai non tengono la linea e
non vanno ad occuparla se non ricevono ordine da me. Quelli mandati
contro me con le armi passano alla mia parte con le armi. Il contagio
dell’ardore e della generosità è subitaneo. Tutti sentono che l’Italia
vera è qui e che i disertori sono dall’altra banda. Impotente
a domarci, Sua Indecenza la Degenerazione adiposa si propone di
affamare i bambini e le donne che con bocche santificate gridano: Viva
l’Italia! Col soccorso vostro, col soccorso di tutti i buoni Italiani, noi resisteremo senza fine.Noi
siamo risoluti a rimanere nella Città Olocausta, contro ogni avversità
di fortune e di uomini. Siamo risoluti a finire di fame nelle sue vie, a
seppellirci sotto le sue rovine, a bruciar vivi nelle sue case
incendiate, a riderci di tutte le minacce e a incontrare ridendo le
morti più crudeli. Per ciò siamo invincibili. Ma voi dovete mostrare al sublime popolo di Fiume la vostra fraternità militante, la vostra attiva carità patria.
Raccogliete pel popolo di Fiume viveri e denaro. Nella raccolta siate disciplinati, silenziosi, vigilanti.
Occorre
che tutta la nazione perpetui la nostra lotta, nelle più diverse forme,
se non vuole sdraiarsi per sempre tra l’abominio e la vergogna.La sacrificata Fiume insegna il sacrifizio. Chi per lei si sacrifica sarà benedetto.E
ricordatevi, o fratelli triestini, che Fiume oggi custodisce la grande
bandiera battezzata nell’acqua capitolina e destinata alla torre di San
Giusto."
Lo scopo d'altronde dalla zona occupata dai legionari era quello che si potrà leggere nel testo Annotazione, del 4 novembre 1921: "Avevamo ripreso le armi dopo l’armistizio ingiusto. Solo col fiore dei combattenti, avevo cacciato dalla città del Carnaro la ladrerìa dei Serbi e l’insolenza degli Alleati".
Insomma, il legame tra D'Annunzio e Trieste c'è.
E' esclusivamente di carattere politico, nazionalistico, passando dalla prima guerra mondiale all'occupazione della città di Fiume, richiamando concetti che non hanno certamente fatto il bene di queste terre, anacronistici, antistorici e che possono minare quel percorso dell'Europa unita nella diversità soprattutto in una città che è ponte tra Est ed Ovest e che ha radici slave, come latine, come germaniche, che il nazionalismo voleva estirpare per la supremazia della sola identità "italica". Città a cui vi è anche intitolato un viale importante a D'Annunzio, che sarebbe il caso revocare, cosa che sarà possibile in tempi migliori sicuramente, ma è il caso di iniziarne a discutere, intitolandolo magari a qualche personaggio che rappresenti i valori dell'Europa unita nella diversità. Perchè D'Annunzio è il simbolo del nazionalismo italiano, e non abbiamo sicuramente bisogno di celebrare o glorificare questi simboli, salvo che non si voglia ripiombare nel secolo breve.
Il 13 novembre in tutto il mondo si celebra la Giornata Mondiale della Gentilezza, nata da una conferenza del 1997 a Tokyo e introdotta in Italia dal 2000. Per questa propongo una storia per le classi di scuola primaria. La storia che segue, ambientata a Trieste, ha per protagonisti tre supereroi ed una nonna, Rosellina. Il disegno è stato fatto in una classe di una scuola dove la storia è stata letta. mb I tre supereroi e la nonnina Rosellina C’era una volta, anzi no. C’erano una volta tre supereroi. Avete presente quelli con i super poteri che si vedono nei film? Nei cartoni animati? Nei fumetti? Sì, proprio loro. E si trovavano in una bellissima città italiana, Trieste. Non erano mai stati prima a Trieste. Rimasero stupiti nel vedere quanto era lungo il molo sul mare, e quanto era enorme la piazza con due alberi di due navi dove sventolavano le bandiere, ogni tanto. Dopo essersi fatti un selfie sul molo Audace che è costruito sui resti di una vecchia n
Come calcolare capienza di una piazza durante manifestazione? La matematica non è una opinione qualcuno disse... 1) per un calcolo della superficie e della capienza, il limite preso di misura è un numero di 4 persone/mq, 2) Piazza del Popolo ha una metratura di di 17.100 mq con una capienza massima e teorica di 68.400 ; 3) Piazza san Giovanni ha una superficie di 39.100 mq, con una capienza totale, quindi, di 156.000 persone. Direi che è arrivato il momento di non dare più i numeri... Marco B. MANIFESTARE A ROMA, QUANDO I PARTITI DANNO I 'NUMERI' - La fisica, con il principio della impenetrabilità dei solidi, insegna che due oggetti non possono occupare lo stesso spazio. Eppure c'é chi ritiene che questo classico teorema non si applichi alle persone, soprattutto se convocate in un determinato luogo ad esprimere pubblicamente la loro opinione politica. Fuor di metafora: quando si tratta di conteggiare i partecipanti alle manifestazioni, i partiti "danno i numeri"
Bruxelles, come è noto, è sede delle più importanti istituzioni dell'Unione Europea. Una città affascinante, particolare, simbolo dell'alta borghesia, dove architettura moderna e tradizionale cercano, con poco successo, di convivere. L'Unione Europea rivendica spesso principi che ruotano intorno alla dignità delle persone, no alla donna oggetto, penso per esempio alla Risoluzione sulla discriminazione della donna nella pubblicità del 1997 al cui punto 10 si scriveva testualmente che il Parlamento europeo invita il settore della pubblicità a rinunciare in concreto e interamente a sminuire la donna a oggetto sessuale dell'uomo attraverso espedienti tecnici e raffigurazioni immaginose come il ridurre il ruolo femminile alla bellezza fisica e alla disponibilità sessuale . Certo, comprensibile. Ma a pochi minuti dal Parlamento europeo esiste un vero e proprio quartiere a luci rosse. Esistono anche agenzie di escort, club privati-scambisti, e donne in vetr
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