Nel 2026, 80 anni dalla strage di Vergarolla, come per la strategia della tensione, senza verità, anche se non si era più in Italia

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  Ancora oggi non c'è una lapide istituzionale che ricordi a dovere le vittime della strage di Vergarolla di cui non si conosce il numero esatto dei morti, 64 furono  le vittime identificate. Quanto accaduto il 18 agosto del 1946 ha lasciato il segno indelebile nella storia delle complesse vicende del confine orientale spesso strumentalizzate per revisionismi storici, nazionalismi nostalgici, che nulla c'entrano con la verità e la giustizia negata alle vittime di quel fatto drammatico. Come accaduto durante lo stragismo neofascista durante la strategia della tensione, praticamente non vi è stata alcuna verità, nessuna inchiesta degna di nota. Solo supposizioni, teorie, ipotesi, spesso istanze degne di ultras più che di seguaci della verità. Quel fatto tragico è stato chiaramente utilizzato dalla retorica revisionista per le proprie battaglie ideologiche anticomuniste e contro la Jugoslavia comunista di Tito. Quando accadde quel fatto, Pola, era una zona enclave all'interno ...

L'Italia che rialza la testa da Torino a Catanzaro

Aljazeera riporta la notizia, a commento dell'aggressione vergognosa subita da una famiglia rom nella periferia romana per l'assegnazione di una casa, fatto che ricorda quanto sta accadendo ultimamente in Bulgaria, dove è partita una vera caccia ai rom, che "secondo le organizzazioni per i diritti umani, il numero dei crimini di odio è triplicato dal 2017 al 2018" da quanto in Italia esiste il governo gialloverde. 
D'altronde se hai un ministro dell'Interno che scrive che gli unici nomadi che gli piacciono sono il gruppo musicale, dopo quanto accaduto a Roma, di che stupirsi? In qualsiasi Paese civile si sarebbe dimesso, perchè costretto da un Paese coscienzioso della gravità di quanto successo. Ma noi siamo in Italia. Dove i fascismi sono stati sdoganati,  un Paese senza Norimberga, ma dove anche chi fino all'altro ieri credeva che il ritorno del fascismo, pur con gli adattamenti ovvi di questo secolo, fosse quasi cosa impossibile, inizia a cambiare idea. L'odio è ovunque, diffuso. E viene praticato. Non è solo più verbale. Ipotetico. Teorico. E' reale.  Le ragioni sono plurime, le cause anche. Ma c'è l'Italia che resiste, che alza la tesa. Come a Torino, dove si son buttati alla fine i fascisti fuori dal salone del libro. La democrazia non è pensata per dare spazio a chi vuole la fine della democrazia e di quei valori che la costituiscono, come libertà, uguaglianza e fratellanza. Come a Catanzaro, una città che si è ribellata con quegli striscioni che vennero rimossi a Salerno, colpendo proprio con gli striscioni.  Torino e Catanzaro. Due punte estreme, simbolicamente importanti. Perchè i calabresi che partirono per andare a lavorare alla FIAT, ne vissero di cotte e di crude, superarono il razzismo, lo sconfissero insieme ai torinesi che non si ritrovavano nel razzismo. Due punte estreme, due fari simbolici di una Italia che da nord a sud, da est a ovest inizia a dire, anche no!
Insomma, l'Italia che rialza la testa c'è. La strada da percorrere è lunga, saranno anni difficili, complessi, da guerra civile in materia di diritti e sociale, ma chi vuol riportare il Paese indietro nel ventennio del secolo breve, non avrà vita facile. E fallirà. Tutti i fronti sono importanti, da quello culturale, a quello storico, da quello politico, a quello sociale, per riconquistare quella bellezza, quella vitalità, quella solidarietà, che è stata deturpata nel nostro Paese da tempo.

mb

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