Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

Immagine
Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Dal Duce al Capitano, dai discorsi dal balcone, al ritorno di "ordine e disciplina".La rivolta deve partire dalle scuole. Urge sciopero generale antifascista


D'Annunzio, che con la marcia di occupazione su Fiume, mirava a quella su Roma e divenire il duce d'Italia, dovette rassegnarsi e cedere le redini del comando a Mussolini che prenderà in consegna gran parte dell'esperienza dannunziana, dall'olio di ricino, al saluto romano, dai discorsi dal balcone, al razzismo contro gli "slavi". Il dannunzianesimo d'altronde sta al '68 come i pinguini stanno al deserto, il '68 è stata la più grande esperienza culturale rivoluzionaria vissuta in Italia, profondamente antifascista, inconciliabile con i precetti del nazionalismo e di quel marciume che era proprio del nazionalismo del '900 e dell'esperienza fiumana. Il'68 è stato se non spazzato via, compromesso seriamente nei suoi precetti, nei suoi valori, di libertà, uguaglianza, fratellanza, e ritornano, oggi, concetti e simbolismi propri del ventennio. 
Dai discorsi dal balcone, al concetto tanto anacronistico quanto pericoloso di ordine e disciplina. Concetto che Mussolini ribadì diverse volte nei suoi discorsi come si può leggere nel dizionario mussoliniano: 
«Autorità, ordine e giustizia. Questo trinomio è il ri­sultato fatale della civiltà contemporanea, dominata dal lavoro e dalla macchina. »(Dal discorso pronunciato all'Assemblea del P.N .F. in Roma , il 14 Settembre 1929). — V II, 147. « Ci può essere un ordine pubblico perfetto, e ci può essere un disordine morale profondo. Dobbiamo preoccu­parci dell’ordine morale, non dell’ordine pubblico, perchè per l’ordine pubblico, nel senso poliziesco della parola, abbiamo forze sufficienti. »(Dal discorso pronunciato al  Parlamento , il 26 Maggio 1927). — V I, 66 e 67. «La parola d’ordine non può essere che questa: di­sciplina. Disciplina all’interno per avere di fronte all’estero il blocco granitico di un ’unica volontà nazionale. »(Da discorso pronunciato a congresso fascista in Roma il 22 Giugno 1925). — V , 118 Per le giovinezze intrepide, inquiete ed aspre che si affacciano al crepuscolo mattinale della nuova storia ci sono altre parole che esercitano un fascino molto maggiore, e sono: ordine, gerarchia, disci­plina. »(dall'articolo forza e consenso )
Anno 2019. 
Così colui che chiamano il Capitano: "Rispetto delle regole,ordine e disciplina vanno insegnate fin da piccoli altrimenti abbiamo generazioni che poi arrivano a vent'anni e fanno casino". 
Di questo passo manca solo che si riproponga l'opera nazionale Balilla.  
Il problema non è tanto la questione del grembiule, da cui sarebbe partita la riflessione sulla questione dell'ordine e disciplina, ma il concetto di fondo, l'idea di società che si sta affermando.
Dalla fantomatica ora di educazione civica,  a costo zero per lo Stato, una pessima legge per come strutturata, che va paradossalmente proprio contro il concetto di "ordine e disciplina" voluto dal Capitano, alle sanzioni disciplinari che vengono comminate a chi da libero cittadino,operando nella scuola, rischia di ledere il buon nome della Pubblica amministrazione, perchè osa protestare contro il sistema o mettere in discussione il sistema di potere esistente. Il tutto in un contesto dove la libertà di critica all'interno della scuola è ridotta ai minimi termini, grazie al potere spropositato conferito a presidi, diventati dirigenti, che in tanti casi si sentono padri padroni della scuola, come se fosse roba loro. La scuola è allo sfascio, e di questo passo rischia di diventare espressione della cultura del fascio. La rivolta deve partire dalla scuola, contro quello che sta accadendo nel Paese, dove affermarsi come razzista e fascista non è più un problema, non ci si nasconde più, prima che sia tardi, sempre che non sia già tardi.
A partire da uno sciopero generale antifascista. L'Europa ha come massima unita nella diversità. Ma di questo passo sarà unita sotto l'incubo di un solo colore, quello di quel ventennio che speravamo di non vedere più. Ma che ritorna, a modo suo, con i suoi adattamenti, ma mantenendo sempre intatti alcuni dei suoi aspetti peculiari per quel nazionalpopulismo che avanza incontrastato e che ci trascina prepotentemente indietro nel secolo breve.
mb 


Commenti

Post popolari in questo blog

Una storia per bambini della scuola primaria nella giornata Mondiale della Gentilezza

Come calcolare capienza di una piazza durante manifestazione?

Bruxelles e le vetrine hot