Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

La chiusura dei confini e delle frontiere europee è una follia ottocentesca che non ci possiamo permettere




Un misero 0,36% in Friuli Venezia Giulia è bastato per blindare la regione, militarizzare i controlli, lanciare ronde, seguendo quel fumoso vento di paura che ha connotato quell'Est il cui vento di oggi è reazionario come mai nella sua storia. Una mela marcia è bastata per rendere marcio l'intero albero, una concentrazione ed incapacità di gestione voluta o meno del fenomeno dell'immigrazione ha spianato la strada a fili spinati, recinzioni, muri e voglia di chiudersi dentro il proprio arido orticello. L'Europa è stata tante cose, pace dopo l'ultima guerra Jugoslava, rimossa dalla memoria dei più che ripetono come un mantra che Europa significa non avere guerre da 60anni, dimenticandosi proprio la tremenda dissoluzione Jugoslava. Europa significa spazio di condivisione di diritti, di principi umanitari importanti, di garantire la libertà di circolazione dopo quella delle merci anche quella delle persone in un modo che oggi viene dato per scontato ma fino alla fine dello scorso secolo era impensabile per tanti. Oggi puoi trovarti con un piede in due Stati diversi, due nazioni diverse senza dover superare frontiere e confini chiusi. Ma l'Europa è stata anche tanta contraddizione, fonte  di diseguaglianze sociali , di impoverimento, di austerità e non solo. Probabilmente a qualsiasi europeo se chiedi cosa piace o non piace dell'Europa, le cose che non piacciono superano di gran lunga quelle che piacciono.  Ritornare a chiudere confini e frontiere sarebbe il sogno nel cassetto dei fantomatici e  sovranismi nazionali ottocenteschi ritornati alla ribalta. La maggior parte di costoro magari sono proprio quelli che imprecano quando devono recarsi in qualche Paese dove non c'è lo  Spazio Schengen (detto anche Area Schengen o Zona Schengen) che è un'area che comprende 26 Stati europei e devono fare km di code. O agli aeroporti essere sottoposti a lunghe trafile. Ma non si può avere tutto. Far saltare l'Europa significa anche questo, far saltare questo spazio di mobilità. Chiudere i confini, chiudere le frontiere è una totale  follia.  
Il sogno europeo non esiste più e forse non è mai esistito, questo è anche un punto di riflessione.

Marco Barone

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