Nel 2026, 80 anni dalla strage di Vergarolla, come per la strategia della tensione, senza verità, anche se non si era più in Italia

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  Ancora oggi non c'è una lapide istituzionale che ricordi a dovere le vittime della strage di Vergarolla di cui non si conosce il numero esatto dei morti, 64 furono  le vittime identificate. Quanto accaduto il 18 agosto del 1946 ha lasciato il segno indelebile nella storia delle complesse vicende del confine orientale spesso strumentalizzate per revisionismi storici, nazionalismi nostalgici, che nulla c'entrano con la verità e la giustizia negata alle vittime di quel fatto drammatico. Come accaduto durante lo stragismo neofascista durante la strategia della tensione, praticamente non vi è stata alcuna verità, nessuna inchiesta degna di nota. Solo supposizioni, teorie, ipotesi, spesso istanze degne di ultras più che di seguaci della verità. Quel fatto tragico è stato chiaramente utilizzato dalla retorica revisionista per le proprie battaglie ideologiche anticomuniste e contro la Jugoslavia comunista di Tito. Quando accadde quel fatto, Pola, era una zona enclave all'interno ...

"Qui si parla solo italiano"

Il Friuli Venezia Giulia è una regione dove si mescolano senza mai confondersi radici slave e latine. Nazionalismi piccoli e grandi qui hanno avuto una storia, una storia fatta di drammi, sofferenze di varia natura. Da esodi dimenticati come quello di quasi 100 mila sloveni non appena l'Italia vinse la prima guerra mondiale al contro esodo, più noto, che ha riguardato le minoranze italiane in Slovenia e Croazia tra la seconda guerra mondiale e l'immediata fine della stessa. Esodi e contro esodi che sono sempre stati una costante di queste zone, come successo anche negli anni '90 tra Serbi e Croati ad esempio nella guerra di dissoluzione della Jugoslavia.  Lingua, cultura, identità.  Qui si parla italiano. Una storia con cui gli sloveni del Friuli e della Venezia Giulia hanno dovuto fare i conti non solo durante i periodi del fascismo ma anche dopo. Come negli anni '60 come viene ricordato in un blog delle minoranze linguistiche del Friuli "bardo-lusevera-dintorni-news". Taipana, un minuscolo Comune del Friuli, da 600 abitanti, Tipàna, che in base al censimento degli anni '70 registrava il 75% della popolazione appartenente alla minoranza linguistica slovena. Nome italianizzato come tanti altri in queste terre. In una seduta del consiglio comunale, ci fu uno scontro tra il consigliere comunale  Tedoldi Guerino (Vojmir)  ed il Sindaco di allora sull'utilizzo dello sloveno in aula. E venne evidenziato dal Tedoldi che "erano  finiti i tempi in cui sulla porta del comune c'era scritto "Qui si parla solo italiano".

Giornalista per il quotidiano in lingua slovena di Trieste "Primorski Dnevnik", tra i fondatori e il primo direttore del giornale Matajur, voce degli sloveni della Slavia Friulana, pubblicò, come Edicije Tedoldi Videm (Edizioni Tedoldi Udine), la traduzione in italiano del libro dello slavista russo Izmail Ivanovič Sreznevskij "Frjuljskie slavjane", con il titolo di "Gli Sloveni del Friuli", era sicuramente una persona attiva e sensibile su questa tematica. 
Una questione quella della tutela della propria identità e lingua che ancora oggi fa discutere, vi è qualche giapponese nella giungla che pensa di essere ancora nell'ottocento, ma è anche vero che effettivamente si è innescata una retromarcia temporale molto importante. Il Friuli Venezia Giulia è una regione che ha conosciuto due guerre mondiali, il fascismo prima ancora della marcia su Roma, il razzismo, le leggi razziali applicate ancor prima della loro proclamazione, avvenuta non a caso a Trieste. Son passati tutti da qui, come si è detto, e forse di questi passaggi si ricordano più macerie che altro. Una terra fertile per i razzismi ma che ha saputo anche resistere e respingerli ma non sconfiggerli.

Marco Barone
si ringrazia Olgica per le informazioni e non solo 

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