Trasformare la casa natale di Tina Modotti, nel museo Tina Modotti, può essere una grande opportunità per Udine

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Tina Modotti è probabilmente più apprezzata all'estero che in Friuli. Semplicemente è a dir poco sconcertante che non esista praticamente quasi nulla dedicato a lei. C'è una sala dedicata a Tina Modotti in città, c'è un punto Modotti, che ospita dei quadri di artisti locali, a pochi passi dalla casa natale di Tina Modotti che è cercata più dai messicani, sudamericani che altro. Eppure in quella via affascinante a pochi minuti a piedi dal centro di Udine, in via Pracchiuso 89, c'è la casa natale di Tina, dove sorge una targa con le parole di Neruda che ne ricordano l'essenza. La facciata della casa è stata recentemente restaurata e l'edificio ospita l’asilo notturno “Il Fogolâr”   inaugurato il 4 settembre del 2006  ed ospita le persone senzatetto  ed è gestito dalla Caritas. All'interno vi si trovano delle stampe e copie di alcune fotografie di Tina. Sarebbe il minimo sindacale pretendere di trasformare la casa natale di Tina Modotti in un museo che possa ac...

Se un giorno non lontano dovesse a Monfalcone "sbaraccare" il cantiere navale



La storia non la si scrive con i se e non la si fa con i se. Ma i se nella società di oggi, più che mai, sono fondamentali, perchè nell'ambito di una globalizzazione selvaggia di certezze non ve ne sono.

Il caso Eaton ha fatto tremendamente scuola. Non è stata la prima azienda a chiudere in un territorio depresso e difficile come l'area dell'Isontino, nonostante le potenzialità che avrebbe per la sua collocazione geografica, che a causa di vicende storiche ottocentesche pare essere stata alla fine dei conti più una penalizzazione che una virtù.

Si chiude e si apre, si sposta la produzione lì ove il "costo del lavoro" è minore ed i profitti possono diventare più consistenti. In tale società ad alta competizione il sistema è cinico, non perdona. Tanti saluti, grazie ed arrivederci o meglio addio. Chi lo avrebbe detto che la FIAT che ha fatto la storia della classe operaia italiana sarebbe diventata ciò che oggi è? Eppure è successo nel giro di un niente. Quando un territorio dipende totalmente da un sito produttivo, ne diventa se non schiavo succube, e questo sito ne decide vita e morte e miracoli come si suol dire. E quando questo sito produttivo decide di andare lì ove soffia il vento dell'opportunismo, va e nessuno potrà fermarlo. Monfalcone è la città dei cantieri nel senso che è appartiene proprio a cantieri, dalla forma alla sostanza. 
 
La storia di questo cantiere navale è nota, ha attraversato periodi complessi, per stravolgere il suo essere di Monfalcone e diventare il suo essere globale, multinazionale, che opera in più parti del mondo. Sono sempre di più le voci che circolano in Bisiacaria primo triestino e basso Friuli che fanno previsioni degne della miglior o peggior Cassandra. Tra dieci anni, si ripete, e si sente in modo sempre più rumoroso, non ci sarà più il cantiere. 
 
Le commesse arrivano all'azienda e non a Monfalcone che apparterrebbe in teoria in gran parte allo Stato, tramite circuiti vari, ma il mercato vuole navi sempre più grandi si dice, a Monfalcone non si investe, si ripete, ed il territorio rimarrà con un blocco enorme da bonificare, una storia spezzata e decine di migliaia di famiglie in stato di povertà, tra diretti, appalti, sub-appalti ed indotto e le valigie pronte per emigrare verso nuove terre. Questo è il quadro che si prospetta a Monfalcone? O si tratta di paure inconsistenti, timori totalmente infondati, giustificati dalla precarietà esistenziale diventata la regola nella società di oggi? Monfalcone che non è mai riuscita né come città né l'intero mandamento a definire una propria progettualità esistenziale autonoma ed indipendente dal cantiere navale?
 
E' il caso di iniziarne a parlare seriamente, per evitare di arrivare un giorno, forse non lontano, impreparati a quel disastro che è interesse di tutti che non abbia mai luogo, perchè se dovesse a Monfalcone "sbaracarre" il cantiere navale sarebbe la tempesta perfetta in un Territorio che ha smarrito la sua identità, la sua storia, il suo essere comunità e fragile come un castello di argilla.

Marco Barone

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