C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Quella incredibile e vergognosa censura contro Potere al Popolo




Il 17 dicembre in Italia è nato un qualcosa di importante, su iniziativa dell’ex Opg occupato Je so pazz, è stata presentata la lista Potere al popolo, al teatro Ambra Jovinelli di Roma.
In brevissimo tempo ha trovato diffusione in tutta Italia con centinaia di assemblee ed ha attirato anche l'attenzione della stampa internazionale, a partire da quella inglese che ha dato gran risalto a questo progetto evidenziando come dall'Inghilterra alla Francia all'Italia vi è voglia di sinistra vera, senza mediazione, radicale, di sinistra non opportunista e pronta a diventare stampella di quella realtà politica che ha consegnato l'Italia a politiche sinistre e non di sinistra, vi è voglia e necessità di una sinistra a favore di quel popolo tutelato dalla nostra Costituzione che più di qualcuno ha cercato di demolire e magari ora si presenta come anche il paladino o la paladina della nostra Grande Carta.
In Italia si son piante lacrime di coccodrillo perchè una forza politica come i radicali era praticamente in difficoltà per raccogliere le firme per presentarsi alle elezioni di marzo tanto che è partita una gara quasi di solidarietà per aiutarli, ma questa solidarietà, questa democrazia non può valere per tutti, non tutti hanno il diritto di essere considerati, di rientrare all'interno delle tutele della democrazia. Due pesi e due misure, dipende da chi sei, come ti chiami, e cosa vuoi.

Il programma di Potere al Popolo è effettivamente radicale. Si vuole rompere con l'Unione Europea dei Trattati per costruire un’altra Europa fondata sulla solidarietà tra lavoratrici e lavoratori, sui diritti sociali, che promuova pace e politiche condivise con i popoli della sponda sud del Mediterraneo.

Si propone il il ritiro delle missioni militari all’estero, la cancellazione del programma F35 e degli altri programmi militari e la riconversione civile dell’industria bellica. E da qui deriverebbe un risparmio notevole che ben potrebbe essere destinato al sociale. Perchè non è vero che in Italia i soldi non ci sono, i soldi ci sono ma vengono usati per speculazioni e progetti voluti da un sistema che è il male della nostra società.

Si propone la cancellazione del MUOS in Sicilia, lo smantellamento delle basi militari in tutto il paese,la rimozione delle bombe nucleari presenti sul territorio e la restituzione a fini civili dell’uso del territorio, problema particolarmente grave in realtà come la Sardegna.

Si vuole senza se e ma la la cancellazione del Jobs Act, della legge Fornero sul lavoro, e di tutte le leggi che negano il diritto ad un lavoro stabile e sicuro.

Ed emergono anche questioni molto peculiari come l’abolizione degli Ordini professionali, l’introduzione di un compenso equo ed esigibile per le lavoratrici e i lavoratori autonomi, e l’estensione ad essi degli ammortizzatori sociali previsti per il lavoro dipendente; la riduzione dell’orario di lavoro a 32 ore settimanali, il diritto alla pensione a 60 anni di età o a 35 anni di contributi per tutti; un’imposta sui grandi patrimoni: l’1% più ricco degli italiani detiene il 25% della ricchezza nazionale, 415 volte quello che è posseduto dal 20% più povero della popolazione; la nazionalizzazione della Banca d’Italia e la creazione di un Polo finanziario pubblico per il credito a partire dalla ripubblicizzazione di Cassa Depositi e Prestiti – per sostenere gli Enti locali in progetti di pubblica utilità – e delle principali banche.

Spazio si dedica anche alla questione del debito pubblico, proponendo una effettiva rinegoziazione e ristrutturazione, andando a colpire la quota del debito detenuta dal grande capitale speculativo e per una conferenza internazionale sul debito. Il debito pubblico italiano( si legge) non dipende dall’aver vissuto “al di sopra delle nostre possibilità”: il rapporto tra entrate e uscite dello stato è in attivo, al netto degli interessi, da circa 25 anni (per 672 miliardi dal 1980 al 2012), ma ci siamo indebitati ulteriormente portare l’investimento nella cultura almeno all’1% del Pil.

Si ha una visione opposta all'esistente sistemico, proponendo interventi che ribalterebbero i (non) valori su cui è fondata la nostra società, per diversi aspetti arcaica, si vuole l’istituzione di un reddito minimo garantito contro la povertà, l’esclusione sociale, la precarietà della vita; un piano straordinario per la messa a disposizione di 1.000.000 di alloggi sociali in 10 anni, attraverso il prioritario riutilizzo del patrimonio esistente; l’abolizione del regolamento di Dublino III, delle leggi Minniti-Orlando e di tutte le leggi razziste che lo hanno preceduto, l’approvazione dello ius soli e la sua estensione a chi è comunque cresciuto in Italia, una revisione estensiva della legge sulla cittadinanza, il diritto di voto a partire dalle elezioni amministrative per chi risiede stabilmente nel nostro paese, la radicale rimessa in discussione dei ruoli maschile e femminile nella riproduzione sociale ed un sistema di welfare che liberi tempo di vita per tutte e tutti.
La tutela dell'ambiente è una costante importante, come  la messa in sicurezza e salvaguardia preventiva dei territori, la tutela del paesaggio e dei beni comuni, del patrimonio storico e architettonico, lo stop alle cd. “Grandi Opere”, a partire dal TAV in Val di Susa alla TAP in Salento al MOSE, col riorientamento degli investimenti verso un grande piano per la messa in sicurezza idrogeologica e sismica del Paese.
Misure innovative anche in materia di giustizia che comprometterebbero, anche qui, i fantomatici valori su cui si sarebbero andate a costruire determinate questioni culturali, come quella sull'antimafia che ha fatto del 41 bis una sua fortezza, pur essendo una norma che contrasta con i principi della nostra Costituzione.  Proporre  l’abolizione dell’ergastolo e del 41 bis, e l’emanazione di un provvedimento di amnistia che risolva il problema del sovraffollamento carcerario; è un provvedimento tanto delicato quanto forse sconvolgente per l'ordine sociale attuale. Ovviamente questo non significa dire che i mafiosi, ad esempio, saranno liberi di fare quello che vogliono, ma significa far emergere la necessità di rivedere un sistema di detenzione e carcerario che è in fase di implosione, di comportarsi da Paese civile e rispettoso dei diritti umani, favorendo l'esercizio rieducativo della pena, che oggi è ai minimi termini.  Le mafie vanno contrastate con nuove mezzi, non esistono più le mafie di una volta, ed oggi le si combattono pensandole ancora come se fossero quelle degli anni '90. Ed ecco che nel programma si propone il contrasto dei fenomeni corruttivi diffusi e della reimmissione di capitali di provenienza mafiosa, inasprendo le pene e allungando i termini di prescrizione per riciclaggio e autoriciclaggio e l’educazione all’antimafia, chiedendo ai Comuni di ottemperare all’obbligo di informare la cittadinanza sui beni confiscati, e favorendo le amministrazioni che risocializzino questi beni.

Così come si propone l’abrogazione delle norme che hanno aumentato il potere dei sindaci in materia di sicurezza e decoro urbano (es. cosiddetto Daspo Urbano previsto dalla legge Minniti); l’abrogazione della legislazione speciale di natura emergenziale risalente agli anni 70 e 80 (legge Reale).  D'altronde è evidente a tutti che la litania del decoro urbano è servita solo per militarizzare le città, svuotarle ed accanirsi contro gli ultimi degli ultimi.
Uno spazio importante è occupato, tra i 15 punti programmatici, dalla questione scuola.  Si propone la cancellazione di tutte le riforme che hanno immiserito la scuola, l’università e la ricerca e le hanno messe al servizio delle esigenze delle imprese; l’introduzione di un limite massimo di 20 alunni per classe e la generalizzazione del tempo pieno per il primo ciclo d’istruzione, l’elevamento dell’obbligo scolastico (e non formativo ) a 18 anni; l’eliminazione dell’alternanza scuola-lavoro; l’abolizione dei test INVALSI; la difesa del carattere pubblico dell’istruzione, con l’abolizione di ogni finanziamento alle scuole private; un serio adeguamento salariale per il personale docente e non docente di ogni ordine e grado, l’assunzione di tutti i precari con 36 mesi di servizio e la cancellazione del precariato per il futuro; la gratuità degli studi universitari e postuniversitari pubblici; l’obbligo della remunerazione dei dottorati e di ogni tipologia di collaborazione con i dipartimenti universitari; un aumento consistente della quota di PIL destinata all’istruzione, il potenziamento dei fondi d’Istituto, l’aumento del Fondo di Finanziamento Ordinario per gli Atenei sulla base del numero degli iscritti e non di criteri premiali, una seria politica pubblica di sostegno alla ricerca, la gratuità dei libri di testo e la certezza del diritto allo studio fino ai più alti gradi, con pari condizioni in tutto il territorio nazionale; un piano straordinario di edilizia scolastica con particolare riferimento alla sicurezza antisismica.
Tutto questo viene censurato, viene ignorato, ad oggi dai media. D'altronde cosa stupirsi di un Paese dove la libertà di stampa esiste spesso solo a parole? Quale libertà d'informazione? Quale libertà di formazione? Quale libertà di scelta per i cittadini? Quale democrazia? Solo quella funzionale al mantenimento dello status quo.
Marco Barone 

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