Via Sant'Ambrogio una via alla ricerca della sua identità

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Un tempo via del Duomo, o del Teatro, oggi via Sant'Ambrogio che porta lo stesso nome del duomo consacrato dopo i disastri della prima guerra mondiale nell'ottobre del 1929, pur senza il campanile che dovette attendere la fine degli anni '50 per essere battezzato. Una via che nel corso della sua storia è sempre stata da transito di merce e persone e che è diventata negli ultimi tempi il teatro dello scontro identitario di una Monfalcone alla ricerca del proprio equilibrio sociale. Perchè è evidente che a Monfalcone, terra di passaggio, da quando è diventata grazie ai Cosulich città dei cantieri, per questo contesa dal regno d'Italia all'Austria, per privarla dei suoi cantieri insieme al porto triestino, ha conosciuto quelle dinamiche proprie delle città portuali. Gente che viene, gente che va. Approdo e partenza di nuove identità. Dal Sud Italia, all'Asia, passando da quel centinaio di nazionalità che a Monfalcone stanno cercando il proprio equilibrio, ognuna ne

Quel richiamo ai ragazzi del '99 di ieri e di oggi




Nel suo breve discorso di fine anno, che ai più non ha detto niente, il Presidente della Repubblica si è così pronunciato: "Ho fiducia nella partecipazione dei giovani nati nel 1999 che voteranno per la prima volta. Questo mi induce a condividere con voi una riflessione. Nell'anno che si apre ricorderemo il centenario della vittoria nella Grande guerra e la fine delle immani sofferenze provocate da quel conflitto. In questi mesi di un secolo fa i diciottenni di allora - i ragazzi del '99 - vennero mandati in guerra, nelle trincee. Molti vi morirono. Oggi i nostri diciottenni vanno al voto, protagonisti della vita democratica. Propongo questa riflessione perché, talvolta, corriamo il rischio di dimenticare che, a differenza delle generazioni che ci hanno preceduto, viviamo nel più lungo periodo di pace del nostro Paese e dell'Europa."


Il riferimento ai ragazzi del '99 non è casuale. I ragazzi del '99 furono mandati a morire dall'Italia, scippati via dalle loro case, dalle loro madri, dalle loro famiglie per andare a combattere una guerra criminale voluta dall'Italia, che avrebbe ben potuto evitare. Ma l'Italia ha colto l'attimo per aggredire il suo ex alleato, l'Austria per ottenere al prezzo di oltre 600 mila morti, oltre un milione di feriti, e devastazione totale, piccole fettine di terre, molte delle quali perderà, poi, a causa del fascismo e delle sue politiche reazionarie. Questo, ovviamente, non può essere detto. Perchè sarebbe poco consono all'immagine di una Nazione che non si può permettere di sbagliare mai. Eppure di errori ed orrori ne son stati compiuti una infinità.

I ragazzi del '99 son diventati un simbolo dopo la disfatta di Caporetto, (che in sloveno si chiama Kobarid e mai chiameranno Caporetto) che ha visto l'Italia retrocedere ben oltre terre annesse prima della grande catastrofe mondiale, vennero mandati al fronte nell'inverno del 1917  ed ancora oggi non si conosce il numero esatto di quanti morirono, in ogni caso tanti, troppi. A costoro vennero dedicate vie, cittadinanze onorarie, scritti, per cadere nell'oblio ed essere riscoperti ora, in vista dell'appuntamento elettorale.

Saranno decisivi i ragazzi del '99 in questo nuovo secolo per il riscatto nazionale?

Difficile a dirsi, anche se qualcuno ha cercato di favorire il loro voto con la politica dei bonus. Le generazioni odierne semplicemente hanno un sogno, quello di andarsene dall'Italia il prima possibile. Vi è ovviamente chi idealizzato lotterà, chi voterà o chi semplicemente se ne sbatterà, in una situazione di equilibrio assolutamente precario ove ogni singolo voto è fondamentale, in una situazione dove l'astensione toccherà nuovi record ed il riscatto nazionale difficilmente passerà attraverso il voto. Il richiamo ai ragazzi del '99 è l'ultimo tentativo disperato di cercare la salvezza di ciò che non può più essere salvato ma solo ribaltato, perchè l'Italia è un Paese fallito. Si deve ricominciare da zero.
Marco Barone 

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