C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

I videogame nell'olimpo dello sport? Non sarebbe una bestemmia


Dal vecchio Pac Man ai videogame in 4k di questo inizio terzo millennio vi è passata in mezzo una tempesta perfetta che ha rivoluzionato il mondo di concepire i videogame. Sempre più sofisticati, sempre più realistici, sempre più vicini alla realtà, anzi complementari alla realtà. Ciò vale per i giochi di guerra, che addirittura vedono una collaborazione con alcuni esperti nel ramo militare e vengono anche utilizzati per addestrare i propri soldati, o quelli di simulazione di volo, dei treni o di guida. Pazzeschi per la risoluzione grafica, per l'ambiente, per la somiglianza alla realtà, per l'audio. Così come è vero che alcuni videogame hanno certamente ispirato azioni delinquenziali, violente nella nostra società. Effetti collaterali che se abbinati alla fragilità di generazioni sempre più asociali, senza più miti ed idee, senza più sogni ed ambizioni, rischiano di essere semplicemente devastanti.
Molti si sono scandalizzati quando è emerso che vi potrebbe essere una possibilità, ad oggi remota, di far rientrare alcuni videogame nelle Olimpiadi, per concepirli come veri e propri sport. Per i puristi ciò sarebbe una bestemmia. E magari anche molti di questi puristi ci giocano pure ai videogame.
Ma l'intreccio tra virtuale e reale è indissolubile. Si mescolano, si confondono. Pensiamo ai giochi del calcio. Alla classica sfida tra FIFA e PES. Una sfida che risale all'inizio degli anni '90, quando ancora vi era il mitico Winning Eleven, gioco che ha fatto la storia del calcio virtuale. Sfida che nel corso di questi anni ha visto un PES sbandare clamorosamente verso un calcio banale, semplice ed arcade, mentre FIFA andare sempre di più alla ricerca della perfezione, sempre più vicino alla realtà. Ultimamente le distanze si stanno riducendo e sono sempre di più le lamentele dei giocatori, ad esempio, sulla mancata somiglianza del suo alter ego virtuale. Si lamentano per le caratteristiche, per i valori, per il taglio di capelli. Non siamo nel mondo di matrix ma siamo sicuramente in una situazione dove il calcio nel videogame è arrivato a livelli impressionanti. Esistono competizioni anche internazionali che lentamente prendono piede. Si tratta di un bacino di utenza di milioni e milioni di giocatori.  Un mercato enorme, con fatturato altrettanto enorme. Il futuro è già qui. E' inevitabile far entrare queste attività nel mondo dello sport olimpico. Due realtà parallele, anche se a volte è proprio quella virtuale ad essere più sportiva, più attraente e più emozionante di quella reale. E forse è proprio su questo aspetto che si dovrebbe riflettere piuttosto che indignarsi per l'entrata di FIFA o PES nell'olimpo ufficiale dello sport reale. 
Marco Barone

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