Chiamare ancora oggi Ronchi "dei Legionari" sarebbe come chiamare Latina, Littoria

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Come è risaputo dal 1925, la città di Ronchi di Monfalcone, ha visto mutare il proprio nome in Ronchi dei Legionari, per la precisione il 2 novembre del 1925 con il Regio Decreto firmato da Rocco pubblicato nella G.U n° 283 del 5 dicembre 1925. Quest'anno pertanto ricorrono ben cent'anni da questa ricorrenza dovuta all'omaggio voluto dal fascismo per celebrare la presa di Fiume da parte di D'Annunzio che partì casualmente da Ronchi dopo aver dormito per qualche ora in una dimora nella vecchia via di Trieste. E come è ben risaputo nessun cittadino di Ronchi partecipò a quell’atto eversivo che ha subito la città di Fiume per 500 giorni con tutte le conseguenze che ne derivarono per i fiumani che nel 1924 scivolarono anche grazie a quel fatto storico e politico sotto il fascismo. Continuare a chiamare Ronchi "dei Legionari" come se appartenesse a chi mai ha appartenuto nel corso della sua storia, minandosi pertanto ogni identità storica del territorio, sarebbe co...

Alla riscoperta del territorio"isontino"con l'IPACFVG

Bene comune significa rendere fruibile al pubblico ciò che è pubblico, ai cittadini ciò che appartiene ai cittadini e non a pochi eletti o non eletti politicanti che continuano a litigare su come dividersi quelle poche ma buone risorse che costituiscono il patrimonio di questa terra nel momento in cui giunge alla sua giusta fine l'istituzione della Provincia. Si ripete da sempre che l'Italia potrebbe vivere solo di turismo, per la sua arte, per la sua bellezza. A furia di ripetere ciò quello che è accaduto e che le nostre bellezze sono diventate scandali per il degrado, quando va male, o semplicemente dimenticate, quando va bene. Se pensiamo alla combinazione che vi è tra Carso, Isonzo ed Adriatico, dovrebbero venire i brividi per le incredibili potenzialità sussistenti in questa piccola ma importante fetta di terra d'Italia. Mare, monti, fiumi, arte,  cultura, storia, gastronomia ad altissimi livelli, vino ad abbondanza e di assoluta qualità. Eppure pare esservi una sorta di soffocamento, di pigrizia, di non voler fare, o non poter fare, o di non saper fare, che è veramente incredibile.Nel sito informativo del Patrimonio Culturale del Friuli Venezia Giulia è stato pubblicato un lavoro di catalogazione immenso. Se si vanno a guardare i beni sia di proprietà ecclesiastica che non presenti nella (ex) provincia di Gorizia, emergono una quantità di tesori enorme. Solo di quelli non ecclesiastici  i beni catalogati sono 16.422 e di varia natura, e si segnalano fotografie, siti archeologici, manufatti tessili, opere d'arte ecc. Migliaia di beni artistici. E'stata anche realizzata la Carta dei Beni Culturali del Friuli Venezia Giulia che è la cartografia informatizzata in rete, che consente di visualizzare in mappa i beni culturali schedati e georiferiti, in quanto riconducibili al territorio nella loro esatta collocazione spaziale. Si parla di beni storico-artistici, archeologici, urbanistico-architettonici, naturalistici, scientifici, fotografici, installazioni d’arte contemporanea ecc. Ora, mi domando, quanto conosciamo realmente questo territorio? Le sue piccole perle? Le sue particolarità, che si possono ritrovare stilizzate su qualche parete, ferme nel tempo dei secoli bloccate in qualche ringhiera che ancora oggi si interroga sul che fare? Lasciar cadere nell'oblio tale ricchezza, o riportarla in vita? Fare sistema significa sfruttare al massimo quanto di ottimale è stato realizzato dal pubblico per il pubblico, come l'immenso lavoro dell'IPAC, e ripartire da lì per andare alla riscoperta particolare e minuziosa del proprio territorio. Solo conoscendo il proprio territorio si potrà fare in modo che anche qui possa affermarsi un sano turismo culturale, consapevole, di qualità, senza che ci si perdi in quella strana ed insensata modernità ben rappresentata nella sua superficialità assoluta dalla passerella di Christo, che ha attirato una quantità indefinita di persone, che hanno letteralmente ignorato i veri beni culturali, artistici, storici che circondavano quell'ignoto a tanti lago d'Iseo, per perdersi nell'ebrezza ultra-mediatica del momento per farsi un fugace selfie cercando di emulare solo quello che Cristo è riuscito a fare nella letteratura religiosa, camminare sull'acqua. Non abbiamo noi bisogno di camminare sull'acqua, abbiamo bisogno di fare il minimo essenziale, con competenza e conoscenza ed amore e rispetto per il bene comune, e basta realmente poco per valorizzare questa piccola immensità che racchiude il territorio della destra e sinistra Isonzo.

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