Via Sant'Ambrogio una via alla ricerca della sua identità

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Un tempo via del Duomo, o del Teatro, oggi via Sant'Ambrogio che porta lo stesso nome del duomo consacrato dopo i disastri della prima guerra mondiale nell'ottobre del 1929, pur senza il campanile che dovette attendere la fine degli anni '50 per essere battezzato. Una via che nel corso della sua storia è sempre stata da transito di merce e persone e che è diventata negli ultimi tempi il teatro dello scontro identitario di una Monfalcone alla ricerca del proprio equilibrio sociale. Perchè è evidente che a Monfalcone, terra di passaggio, da quando è diventata grazie ai Cosulich città dei cantieri, per questo contesa dal regno d'Italia all'Austria, per privarla dei suoi cantieri insieme al porto triestino, ha conosciuto quelle dinamiche proprie delle città portuali. Gente che viene, gente che va. Approdo e partenza di nuove identità. Dal Sud Italia, all'Asia, passando da quel centinaio di nazionalità che a Monfalcone stanno cercando il proprio equilibrio, ognuna ne

Il "gigante" di Salcano/Solkan che ha attraversato la storia



Dicono che l'Isonzo è il fiume con i colori più belli del mondo. Questo non so ben dirlo, perché non ho avuto la possibilità di viaggiare per tutto l'immenso nostro mondo, e penso che pochi hanno avuto od avranno questa possibilità e felicità. Ma di certo vi è che i colori dell'Isonzo sono meravigliosi. Intensità, che pare dare densità al fiume, il verde dei prati e degli alberi e delle montagne che lo circondano che pare essere una sola cosa con l'Isonzo. Regno del silenzio è l'Isonzo. Un silenzio che è stato frantumato per anni dalla miserabile guerra e da eventi tragici della nostra storia.
Ed il gigante di Salcano/Solkan, ha attraversato la storia. E' il ponte ferroviario con l'arco in pietra più grande del mondo, la luce dell'arco misura 85 m, e la lunghezza del ponte è di ben 220 metri.Arco in pietra di Aurisina. In un cartello situato nei pressi di questo gigante si legge brevemente la sua storia. Inaugurato al traffico, era il ponte principale nel secondo collegamento tra Vienna e Trieste, il 19 luglio del 1906 dall'erede al trono austriaco Francesco Ferdinando d'Este. L'inserimento dei blocchi in pietra nell'arco principale durò solo 18 mesi. E già la sua inaugurazione cade sotto il segno della maledizione. Perché sarà proprio con l'omicidio dell'erede al trono d'Austria, anche se per nulla amato dal "vecchio" Giuseppe, che si troverà il pretesto per aggredire la ribelle Serbia e da lì partirà un diabolico ed incontrollato effetto domino che porterà alla grande carneficina umana. La prima guerra mondiale.  
Nel momento in cui verrà conquistata per la prima volta Gorizia dall'Italia, nella sera tra l'8 ed il 9 agosto del 1916, mentre i soldati austriaci si ritiravano fecero saltare in aria l'arco principale del ponte. Poi arriverà la tragedia di Caporetto e l'esercito austriaco costruì una struttura provvisoria di acciaio  del tipo Roth-Wagner entro il maggio del 1918. Nel mentre di quella tragedia se prima i profughi trovarono riparo nelle terre dell'Impero, ora trovavano riparo nelle terre del Regno d'Italia, soprattutto nel Sud Italia. Dopo qualche anno di tranquillità, e con sopraggiungere dell'Italia e del fascismo, quel ponte venne riportato allo stato originario , tra il 1925 ed il 1927, ricostruendo l'arco principale. Ciò perché l'Italia fascista, nel suo immancabile complesso di inferiorità, doveva dimostrare di non essere inferiore all'Impero che l'Italia aveva combattuto. Poi questo ponte venne nuovamente colpito durante la seconda guerra mondiale. Sei attacchi delle forze alleate tra il 1944 ed il 1945 ed il 15 marzo del 1945 una bomba colpì nuovamente l'arco, ma il ponte non crollò. Dal 1945 al 1947, sino all'entrata in vigore del Trattato di pace, il ponte passò sotto l'amministrazione delle truppe alleate, e fino al 1991 sotto l'amministrazione delle ferrovie Jugoslave e poi, con la dissoluzione della Jugoslavia, delle ferrovie Slovene. Il 20 agosto del 1985 venne proclamato monumento della tecnica. Un gigante nato sotto la maledizione del suo arco che, nonostante tutto, oggi ancora incanta chi si perde nella bellezza dei colori dell'Isonzo.

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