L'Europa la stiamo distruggendo noi!

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In un mondo dove l'Europa potrebbe avere un ruolo decisivo per la salvaguardia della democrazia, in un contesto politico dove gli autoritarismi, le dittature, sembrano essere la normalità e le democrazie quasi un fastidio, invece di diventare un punto di riferimento, è a rischio dissolvimento. Non sono gli USA, i putiniani, i cinesi, a distruggere l'Europa. Lo stiamo facendo noi, da soli. Non siamo nè carne, nè pesce, siamo totalmente allo sbando. L'Europa se si chiede cosa sia, la gente non saprà cosa rispondere, i suoi organismi sono sconosciuti ai più, percepita come entità astratta, anzi, l'Euro è spesso maledetto, forse l'unico beneficio che viene riconosciuto è la caduta dei confini, anche se , vedi ad esempio tra Italia e Slovenia, sono ritornati a modo loro. Insomma, ci siamo sciacquati la bocca all'inverosimile su fatto che l'Europa fosse un soggetto che ha garantito la pace per oltre 70 anni, anche se la guerra in Jugoslavia non è stata considerata...

D'Annunzio, Monfalcone e le farfalle

A Monfalcone, nel corso di questo ultimo decennio si è valorizzato il simbolo di D'Annunzio in relazione alla marcia rovinosa su Fiume e come è noto è rimasta irrisolta la vicenda della campanella di San Polo sottratta dai legionari che si trova nella stanza del Lebbroso del Vittoriale ed è considerata inalienabile. D'Annunzio ha citato Monfalcone nei suoi testi pochissime volte, come nel testo "dalla ringhiera del Campidoglio" dove si può leggere: "Alla Quota 12, alla Cava di pietra, ripiegata servì di guanciale per l’eroe moribondo. A Monfalcone coprì il suo santo corpo. Ad Aquileia coprì il suo feretro; e i larghi lembi strascicavano per terra, sollevando la polvere rifecondata". Monfalcone è pressocchè citata sempre in contesti militari, di guerra, come nel libro quinto, canti della guerra latina: "Sono scrollate le guardie di Tolmino. Gradisca croscia, gialla di foglie e d'ira; rugghia l'Isonzo alle chiuse di Sagrado; e Monfalcone dall'artiglio veneto, co' suoi scafi di ferro su le travi nere, arde in vista di Duino folgorato, rogo navale". Eppure, c'è un testo dove si parla di farfalle. In una delle sue ultime opere, il libro segreto. Così si legge: "A Monfalcone, dopo ch’ebbi sepolto Giovanni Randaccio, dopo che il cannone austriaco ebbe distrutto anche l’ospedale ov’era spirato il mio compagno, io stabilii una cultura di bachi da seta con il sottilissimo intento d’inspirare per ‘mimetismo’ la tranquillità a’ miei fanti fanciulli. Questa è un’altra storia ma molto bellissima. La farfalla del baco da seta batte le ali per un attimo quando nasce: si accoppia e muore. Altri insetti efimeri nascono a vespro, s’accoppiano. "Le femmine", continua D'Annunzio, "pónzano nella notte. Gli uni e le altre muoiono prima dell’alba.O purità! Gli efimeri non hanno bocca: non mangiano, non bevono.Sopra l’acqua, fra le canne, trasvolano al loro destino; che è il coito e la morte: la fecondazione, la genitura, la conservazione di una forma fragile, d’una labilità continuamente riprodotta". Insomma, se D'Annunzio si fosse dedicato di più alle farfalle e di meno alla guerra e al razzismo antislavo forse sarebbe stato un bene per l'Italia e soprattutto sarebbe stato un bene per i fiumani che si sarebbero potuti evitare la bellezza di 500 giorni di delirio e distruzione. Verrebbe da dire più farfalle e meno guerre, visti i tempi che corrono.

mb


 

 

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