Cosa è rimasto del primo maggio nazionale a Monfalcone?

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Si parlava di Gorizia, della storia del suo confine, anche se si era a Monfalcone, che non ha avuto alcun muro nel corso della sua storia, ma solo un confine con Duino, quando si dovevano scegliere le sorti del territorio con la questione del TLT osteggiata tanto dall'Unione Sovietica, quanto dagli americani. Altri tempi, altre storie, nella storia. Ma come è risaputo la scelta di Monfalcone per il primo maggio 2024 è stata logistica ed un ripiego rispetto alla scelta principale di Gorizia in vista della capitale europea della cultura 2025. Una piazza della Repubblica gremita di militanti sindacali, tanti provenienti dal vicino Veneto e anche dal resto d'Italia, tante bandiere, ci si aspettava forse una partecipazione più importante della rappresentanza dei lavoratori immigrati della Fincantieri. Scesero in piazza in 6 mila per rivendicare il diritto a pregare. Il diritto sul lavoro e le questioni del lavoro non sono sicuramente meno importanti, anzi, tutto parte da lì. E gli i

Il "natale di sangue" di Fiume, primo atto di guerra civile tra italiani. Tra le vittime per mano dei legionari diversi Carabinieri e Alpini

 



Due ufficiali, tre marescialli dei carabinieri, sei carabinieri, sei alpini, 120 feriti furono solo tra i regolari chiamati a sgomberare Fiume, 17 le vittime tra i regolari, così venivano chiamati i militari chiamati a liberare Fiume, per non essere confusi con i militari dannunziani, definiti, invece, come irregolari, 18 furono i morti tra i dannunziani, due i civili che persero la vita, tra cui una ragazza giovane. Fu la più piccola tra le vittime, aveva solo 12 anni. Si chiamava Almadi Alpalice. La più giovane vittima dell'occupazione dannunziana. Per un totale di 37 persone uccise. Una strage che si è consumata in tre giorni effettivi di battaglia, che vede i momenti più duri nel giorno di Santo Stefano e si sarebbe potuta evitare, fu l'epilogo, pressoché scontato di quell'epopea che portò con una manciata di militi partiti da Ronchi il 12 settembre del 1919 ad occupare la città di Fiume. L'ordine di intervento di sgombero venne dato alle 14 del 24 dicembre dal generale Ferrero. Furono i battaglioni di Alpini e Carabinieri i principali artefici dell'operazione,  che ebbe ufficialmente inizio verso le 16 del 24 dicembre e già alle prime battute si contarono complessivamente tra regolari e irregolari una ventina di feriti ed alcuni dispersi.  Nei primi tre giorni di battaglia ci furono 150 feriti e vennero ricoverati tutti a Trieste. Il giorno decisivo dopo la sosta natalizia fu il giorno di Santo Stefano con l'intervento della marina e le famose cannonate sul palazzo del Governatore di Fiume da parte della nave italiana, Doria che attaccò anche l'Espero, cosa che fu determinante per la resa dei dannunziani, più delle cannonate verso il palazzo che ospitava D'Annunzio. La tregua venne chiesta il 27 da parte dei legionari e venne concessa. Tra gli episodi curiosi è da annotare che si sparse la voce della morte di D'Annunzio in combattimento nel giorno di Santo Stefano, cosa che venne riferita direttamente a Mussolini oltre che una perquisizione avvenuta nella casa dell'aiutante di D'Annunzio in via Nomentana a Roma. Insomma, una tragedia, la cui responsabilità è tutta degli occupanti, tanto che lo stesso D'Annunzio venne scaricato anche dalla stampa francese che lo biasimò con forza per quanto accaduto a Fiume. Fu il primo atto di guerra civile tra italiani, nell'Italia unita, e che vide tra le vittime, per mano dei legionari eversori ed irregolari, soprattutto Alpini e Carabinieri.

mb

fonte immagine archivio storico il piccolo

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