L'Egitto continua a non essere dichiarato Paese insicuro ma Giulio non è finito nell'oblio

 Nel sito Viaggiare Sicuri della Farnesina, nella scheda dedicata all'Egitto si continua a leggere che   " Dal 2011 l’Egitto è stato attraversato da profondi rivolgimenti politico-sociali ed il contesto politico-regionale relativo alla questione palestinese può avere riflessi sulla stabilità sociale e movimenti di protesta. I connazionali che si recano nel Paese per motivi professionali, di studio o turistici, devono essere pienamente consapevoli di tale contesto generale, così come dei rischi di detenzione o di altre misure coercitive connesse alla partecipazione ad attività politiche o anche soltanto a discussioni potenzialmente ricollegabili al contesto politico interno, come dimostra l’omicidio di Giulio Regeni. Come noto, nel 2016, è stato rinvenuto, vicino al Cairo, il corpo del giovane ricercatore italiano, torturato e barbaramente ucciso". I rapporti commerciali tra Italia ed Egitto continuano ad essere consolidati, si stipulano anche accordi...

Più campagne e meno cemento, difendere la nostra agricoltura e la qualità del cibo

L'Italia si dice, anzi oramai è diventata una chiacchiera da bar visto come rischiano di precipitare le cose, è il Paese dell'arte, del turismo e del cibo. Ma in Italia si fa poco o nulla per valorizzare e difendere la nostra arte, il nostro turismo ed il cibo. Anzi, si è fatto molto per compromettere i nostri beni artistici, il nostro turismo, il nostro cibo. 
Ha prevalso la politica della grande globalizzazione, che ha comportato un vero e proprio massacro per buona parte della nostra economica, favorendo processi di omologazione. Dove un tempo c'erano le campagne ora sorgono inutili opere pubbliche per la collettività, cemento ed ancora cemento. Dove una volta c'erano le campagne ora sorgono impianti della così detta energia alternativa, non perché all'improvviso si sia diventati tutti più  rispettosi dell'ambiente, ma per un semplice motivo. Come è noto la principale voce del bilancio europeo è stata quella dell’agricoltura che si abbassa anno dopo anno, al contrario dei precedenti anni in cui rappresentava il settore più grande. Questo cambiamento si nota già nel 2014 attraverso le risorse regionali e per l’agricoltura, che rappresentano il 42% del budget. Comunque è la voce più significativa e si parla di miliardi di euro, mica di noccioline. La libera circolazione delle merci, senza che in Italia si siano attuate politiche minime di protezione e di tutela per difendere che per un tempo era noto come made in Italy, e che ora è diventato solo uno sterile elemento di propaganda elettorale, ha comportato il fatto che nelle nostre campagne è preferibile abbandonare determinate coltivazioni, lasciarle perire, se non convertirle ad altro. Gli slogan dicono che la colpa è delle olive o dei pomodori o delle arance che arrivano da un Paese x o dal Paese y, ma certi slogan servono solo a fomentare e legittimare determinate politiche non costruttive per la nostra economia e la qualità dei nostri prodotti.
L'agricoltura va difesa, va incentivata. Difenderla ed incentivarla significa anche creare nuovi posti di lavoro, migliorare le condizioni di lavoro di chi vi opera e contrastare fenomeni di schiavismo e mafiosi come presenti da tempo in tale settore in alcune zone dell'Italia. In un Paese che vede la propria disoccupazione essere inarrestabile. Difendere e migliorare la nostra agricoltura significa avere cibo più sano, di qualità, andare contro quella omologazione che nuoce gravemente alla nostra cucina, alle nostre tradizioni culinarie che si stanno smarrendo. Il problema non è solo il modo in cui è nata od è stata concepita questa Unione Europea, che deve essere certamente ripensata, il problema principale deriva proprio dall'Italia. E' prima di ogni cosa una questione culturale, sociale. 
Oggi abbiamo abbandonato le nostre campagne, ed abbandonare le nostre campagne significa aver compromesso una delle ricchezze del nostro Paese, una delle fondamenta dell'Italia. Ritornare indietro per un progresso sostenibile, di qualità e di salute. Ma si deve fare in fretta. Meno cemento, e più campagne, più qualità di cibo e meno omologazione, questa può essere la ricetta con cui far risollevare anche il nostro Paese. 

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