Nel 1848 ci furono dei moti rivoluzionari importanti, che sfiorarono, in chiave irredentista, anche Trieste, contro l'Impero Austriaco. Impero che rispose, potenziando libertà e mollando un po' il freno della censura. Come si sottolinea nel notevole testo dello storico Judson, sull'Impero Asburgico, una nuova storia, ad esempio vennero registrati cento giornali in Boemia, quarantuno in ceco e altri in tedesco, in Moravia il governo ne documentò ventotto di cui nove in ceco, a Trieste, la situazione, invece, si rivelò in controtendenza rispetto al resto della Monarchia, la città non vide la pubblicazione di nuovi periodici nel 1848 forse perchè, afferma lo storico, i suoi abitanti avevano già accesso a molti giornali indipendenti affermati considerati autorevoli per lo più provenienti dall'estero, in Galizia, nel paradosso delle cose, dove i tassi di alfabetizzazione erano nettamente più bassi rispetto a Trieste solo tre giornali erano esistiti prima dello scoppio della rivoluzione del 1848 tuttavia apparvero altre trentasette testate in polacco e almeno una in ucraino. Giornali che risultavano importanti per la formazione dell'opinione pubblica sulle grandi tematiche d'attualità. In realtà a Trieste si dovette registrare una forma di censura politica significativa. Nella Direzione di polizia in Trieste vengono costituite speciali sezioni per l’attività di sorveglianza del fenomeno e per i sequestri di giornali e stampati che trovano espressione nelle serie Documenti Oberdan (1855-1923) e Irredenta (1863-1909); numerosi sono pure i procedimenti per contravvenzioni in materia di stampa della Procura di Stato in Trieste (1850-1923). Il giornale di quell'epoca più simbolico e importante in chiave di lotta politica fu sicuramente il “Giornale di Trieste” che cadde il 6 gennaio del 1849, giornale noto perchè sosteneva con vigore la separazione delle sorti di Trieste da quelle dell’Austria. reggeva invece l' «Osservatore Triestino», l'organo ufficiale dell'Austria per il Litorale. Si segnalavano sequestri di copie come il Diavoletto , del Telegrafo della Sera, e della Gazzetta di Trieste, ma anche di giornali moderati come il Costituzionale che si limitò ad un costituzionalismo tipicamente di quell'epoca che voleva Trieste all'interno della Monarchia asburgica in un contesto dove rivoluzione non significava caduta degli Asburgo ma rinforzamento della Monarchia ma con maggiore autonomia a libertà. Trieste al suo passato asburgico deve tutto ciò che è, fu città fedele, ma è innegabile che, come testimonia la storia, i freni posti alla libertà di stampa e le repressioni politiche, alla fine si rivelarono a lungo andare un pericoloso cortocircuito che l'Impero pagò a duro prezzo.
mb
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