Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Quella ridicola e pericolosa paura di "italianizzare l'Istria". Effetti collaterali del viva l'Istria italiana

Qualche irresponsabile, quando disse viva l'Istria italiana o richiamando motti irredentisti, se sapeva quello che stava facendo, o se non sapeva quello che stava facendo, in ogni caso pose in essere un comportamento sconcertante e grave dal punto di vista diplomatico. Se a Lubiana o Zagabria dovessero dire Trieste è nostra, Gorizia è nostra, apriti cielo. Provocazioni figlie di sentimenti nostalgici, che possono essere frutto anche di ingiustizie subite o percepite, ma la storia non la si può cambiare. Certo, niente è eterno, tutto è possibile, ma oggi avere l'Istria italiana, significherebbe semplicemente dover fare la guerra alla Slovenia e alla Croazia. E dalla Croazia arrivano altrettante irresponsabili provocazioni. 
Radiocapodistria riporta questa informazione:
Nell'intervista pubblicata di recente dal quotidiano Glas Istre il generale in congedo e consigliere municipale rovignese dell'Accadizeta, Sergio Rabar, ha ricalcato i temi a lui cari richiamando l'attenzione su quello che considera pericolo di italianizzazione dell'Istria e su quello dell'irredentismo italiano che avrebbe trovato terreno fertile nelle strutture dell'Istria e in particolare nella Dieta democratica istriana, il partito che comanda nella penisola. Tantoché, secondo Rabar, a essere minacciata sarebbe la cromaticità della penisola.

Premesso  che la comunità italiana che vive in Istria  è numericamente irrisoria rispetto al passato, si tratta di poco meno di 3mila cittadini dichiaratesi di nazionalità italiana in Slovenia. A cui poi si aggiungono i pendolari, i turisti, i giornalieri. In Croazia vivono circa 35 mila Italiani pressoché concentrati nella zona di Fiume. Il massimo dell'italianizzazione che rischia l'Istria è quella dell'invasione di mangiatori di pesce nei fine settimana, nulla di più. Ma queste preoccupazioni scellerate rientrano perfettamente nella logica del nazionalismo che in Croazia non scherza così come non scherza quello italiano di questi tempi.
Provocazioni pericolose che possono scatenare situazioni spiacevoli e non governabili. I primi a pagare le conseguenze di provocazioni fuorvianti sono le minoranze autoctone. Questo i politicanti nostrani dovrebbero capirlo prima di effettuare sparate ufologiche che possono avere degli effetti collaterali indigesti.Guardate che qui al confine orientale la situazione si sta riscaldando. Tra proposte di muri di 232 km, poi di barriere diffuse, di pattugliamenti misti, di sospensione di Schengen per contrastare una mini rotta balcanica che fa ridere i polli rispetto a quanto successo anni addietro, pare che non si aspetta altro che provocarsi, stuzzicarsi, aizzare venti e sentimenti nazionalistici che avranno come uno scopo quello di distruggere la casa comune europea per ritrovarci tutti nella solitudine di un confine che oggi viene rimpianto solo da chi pensa che il futuro sia il riportare l'orologio del tempo indietro nel secolo breve.

mb

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