Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Cosa ne sarà dei 500 mila immigrati "irregolari" nell'Italia che ha rimosso il grande esodo?



Rimpatri, espulsioni, campi di detenzione aiutiamoli a casa loro. Ovunque purché via dall'Italia o dall'Europa. Questa sintesi cattivista è quella che esprime il sentimento diffuso, inculcato, anche per responsabilità enormi da parte di diversi ed importanti mass media, tra i cittadini italiani ed europei dove la questione immigrazione è maggiormente vissuta come un problema. Vi è un vero e proprio odio sociale verso l'immigrato. Quando parli di immigrati sembra quasi che si stia parlando, per il senso di disprezzo sussistente, di immondizia.
Sintomatologia propria di realtà economiche in crisi, confuse, in declino. In un Paese come l'Italia od un continente come quello europeo sempre più vecchio e soggetto ad impoverimento demografico significativo, il senso dell'estremismo della protezione sociale, si scaglierà contro i 500 mila immigrati irregolari, invisibili o visibili in base alle esigenze del tempo, della politica, dei media. 500 mila in Italia, 5 milioni in Europa. Cosa ne sarà di loro? Non è una questione tra il cazzonismo che ha diviso in modo futile e banale e malizioso la società tra buonisti e cattivisti. E' una questione di ragionevolezza, di buon senso, di umanità, di assumersi anche le proprie responsabilità senza però diventare ovviamente i fessi della situazione. Responsabilità condivisa. Misteriosamente da qualche mese l'emergenza fantomatica dell'immigrazione è sparita. Come se non ci fosse mai stata. Una tregua comunicativa studiata a tavolino. Eppure i problemi di ieri, continuano ad essere gli stessi di oggi. Ma lentamente si ritorna a parlare di rotta Balcanica, di muri, di nuove chiusure in quell'Est che se un tempo era fonte di speranza per un nuovo mondo, oggi è diventato in gran parte reazionario. La questione immigrazione ritornerà con forza ad essere protagonista del dibattito politico interno, per ragioni di propaganda governativa, ed esterno, per ragioni di politiche europee, visto che a breve si ritornerà a votare per l'Europa che sarà o non sarà. Da constatare che effettivamente abbiamo rinnegato le nostri immigrazioni. Da quando non si affittavano le case ai "terroni" nel civilissimo Nord Italia  a quando si dormiva tra i ratti nella città simbolo delle libertà, New York. Ciò nonostante l'Italia sia stato il Paese che ha vissuto il grande esodo. Un Paese che tra il 1876 e il 1976, con circa 26 milioni di espatri, ha originato quello che è stato definito the largest exodus of people ever recorded from a single nation, come evidenzia l'ISTAT nel suo rapporto sullo stato dell'Italia. 
Ma eravamo italiani, erano altri tempi,  erano bianchi e cristiani, oggi non conta niente, è una storia rimossa e tanti saluti. Niente di nuovo all'orizzonte insomma. Il '900 alle spalle ce lo siamo anche lasciati, ma i suoi punti diabolici di forza, o debolezza, son sempre presenti, perchè è nella natura umana quella di essere diabolici.

Marco Barone

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