Il tempo si è letteralmente fermato alla stazione di Miramare di Trieste

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Un gioiellino liberty di epoca asburgica, che consente di arrivare al castello di Miramare, attraversando il polmone verde di Trieste, che affascina il viaggiatore, perchè il tempo si è fermato in via Beirut, a  Grignano come in nessun altro luogo a Trieste.  Un gioiellino che è ora chiuso, ora aperto, ma che necessita di essere valorizzato, riqualificato. Purtroppo già in passato preso di mira da azioni di vandali, ragione per cui venne eliminato il glicine che caratterizzava la pensilina esterna, preso di mira con vandalismi che hanno comportato spese per migliaia di euro da parte di RFI per effettuare interventi di restauro di natura  conservativa. Quella piccola stazione affascina e non ha eguali in Italia, ed è auspicabile che si possano trovare le risorse, gli intenti, la volontà, per farla ritornare ai fasti di un tempo. Purtroppo il tempo fa il suo corso e dei lavori di manutenzione sono necessari per ripristinare quel bene storico che viene invidiato da chiunque si soffermi a

Sarò giovane, sarò comunista e calabrese

Riflettevo ultimamente su alcuni concetti espressi dall'immenso Aristotele. Così scriveva: “è proprio degli uomini, avere la percezione del bene, del male, del giusto e dell’ingiusto e delle altre cose. E la comunanza di queste cose crea la casa e la città.” Senza umiltà non vi potrà mai essere buona democrazia e senza buona democrazia non vi potrà mai essere libertà. La ricerca continua della verità storica è la tutela del bene comune, ed il bene comune deve prevalere sempre sull'interesse particolare altrimenti non si avrà più il senso del giusto e dell'ingiusto, poiché giusto ed ingiusto saranno ridimensionati alla propria visione minimalistica e particolare che difficilmente potrà coincidere con la tutela del bene comune, ed in tale contesto non sarà possibile raggiungere nessuna comunanza, ma solo frammentazioni. Frammentazioni che possono nascere anche da tremende sofferenze personali, da drammi, che rispetto, ma non dovrà essere questi a determinare cosa è la verità storica. La storia non è fatta di emozioni, o fazioni. Chi mi definisce fiancheggiatore qualsiasi dell'ANPI, non sto qui a proporre il mio curriculum, e quali rapporti o “ruoli” ho all'interno dell'ANPI, chi giovane comunista, calabrese, indottrinato dal MinKulPop, che penso dovrebbe essere una variante Komunista del MinCulPop che nell'Italia fascista era la denominazione abbreviata del Ministero della Cultura Popolare. Calabrese che osa dare lezioni di storia ai goriziani, ai friulani alla gente di questo territorio. Anche questa è una micidiale accusa che ho già subito recentemente e non è stata l'unica. Io nutro un grandissimo senso di rispetto per Gorizia, Trieste, Udine, Pordenone, per il FVG tutto. Una terra che mi ha adottato, che amo, e nella quale vivo da diversi anni ed il viverci ha consentito di approfondire meglio i miei studi le mie ricerche sulla storia del confine orientale, che è un vero unicum del nostro Occidente. E soprattutto sono orgoglioso, anche se calabrese(!) e comunista(!) di poter dare un contributo non solo attraverso la storia, ma nella quotidianità, attraverso diversi aspetti e fronti, al "cambiamento" di queste zone, ancora chiuse in se stesse. Penso per esempio che a Gorizia sia necessario un vero shock culturale e politico per uscire da quel profondo sonno nella quale è immersa, e voglio contribuire a questo risveglio. Ripropongo, anche in questa sede già delle considerazioni che avevo espresso succintamente in passato, per delle accuse similari che avevo subito. Ora, mi domando, ma chi è calabrese, che viene da fuori, non ha diritto di parlare di storia? Non ha diritto di effettuare studi e ricerche sulle vicende del confine orientale? Non essendo nato qui, certe cose non le posso capire? Ed allora tutti gli storici che effettuano ricerche e che non sono autoctoni? Non hanno diritto di proferir verbo alcuno? Pur studiando per anni ed anni determinate questioni e frequentando e vivendo il territorio in questione? La storia è riservata solo ad una cerchia ristretta e faziosa di autoctoni? Il tutto si commenta per la sua gravità ed in modo deprimente da solo. Rivendico le mie idee, ciò che scrivo e denuncio, che viene spesso stravolto. D'altronde si vive in una società ad alta tensione, dove in via generale non si colpisce più il contenuto, ma la persona. Si colpisce lo storico, lo studioso, il ricercatore, l'attivista, senza entrare, salvo qualche caso, nel merito dei contenuti. Quello che mi auguro è che non si ritorni più ai tempi come descritti da Bevk nelle sue memorie: “i fascisti con l'annientamento delle scuole slovene, delle associazioni e dei giornali sloveni,con la trasformazione dei nomi di località e con grandi scritte pubbliche avevano ridipinto di italianissima la facciata della regione. E noi scrittori delle nostre opere testimoniavamo davanti al mondo intero che quella era pur sempre terra slovena abitata da gente slovena che a modo suo viveva, pensava e pativa. Questo era per loro come un pugno nell'occhio, come lo smascheramento della loro menzogna,e li faceva imbestialire. Io ero stato solo avvertito, ammonito, ma quello stesso anno venne sequestrato il racconto, sostanzialmente innocente Med srci in zemljo di Budal. Le autorità non si accontentavano del semplice sequestro volevano anche indagare sull'autore”.

MarcoBarone 
Riflessione su questo articolo, pubblicato sul Piccolo di Gorizia come intervento del Giorno in data 28 aprile 2016:

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