C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Se il "buon senso" si è perduto per le strade di Monfalcone e Trieste, ancorate al secolo breve



Il '900. Il secolo più devastante dell'umanità. Un secolo che nella sua brevità, ma catastrofica intensità ha minato profondamente i valori supremi dell'umanità, frutto della più importante rivoluzione culturale e sociale conosciuta dal mondo, quella francese.Libertà, uguaglianza, fratellanza. Principi meravigliosi che saranno a fondamento dell'universalità dei diritti umani.Principi cardini diventati guida suprema morale ed etica per quel riscatto passato dalla Resistenza, attraverso i suoi plurimi volti, attraverso il sentimento di costruire un nuovo ordine sociale globale dove questi ideali potessero essere cosa reale, tangibile e non solo cosa astratta o da città del sole campanelliana o utopismo platonico. Nascono trattati, i Paesi che guardano alla democrazia come faro della nuova civiltà, pur nella sua imperfezione assoluta, si dotano di Costituzioni, sempre moderne rispetto alla regressione sociale e culturale che la nostra società oggi conosce. La scuola è l'asse portante di ogni civiltà democratica che voglia perseguire come massimo insegnamento la condivisione, la globalizzazione dei diritti, l'universalità dei diritti, la cittadinanza attiva. Siamo tutti nati sotto lo stesso cielo, si racconta. Ma non tutti abbiamo la stessa sorte, lo stesso diritto alla felicità e la stessa dignità. Quando la scuola diventa terreno di esclusione, dove seminare il vento dell'esclusione, quando si impongono scelte che tra simbolismi e limiti vanno contro la logica dell'inclusione, si spalancano le porte ai nuovi ghetti sociali. Il buon senso si è perduto per le strade di Monfalcone e Trieste, ancorate a quel secolo breve che ha cagionato sotto il segno del prima gli, sofferenze, diseguaglianze, esclusioni,  emarginazione. Non è questa la strada che vuole intraprendere il ventunesimo secolo. Le nuove generazioni non comprendono queste logiche anacronistiche, le ripudiano, le respingono. Si sta determinando un distacco tra chi governa la cosa pubblica e le nuove generazioni a dir poco impressionante. Un distacco che rischia di compromettere le basi della democrazia. 

Marco Barone


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