C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Da Aquileia a Grado a Palmanova non tutto oro è ciò che luccica


Nel giro di un niente puoi essere al centro della straordinaria piazza Grande di Palmanova, dopo aver superato la sua affascinante porta che ti accoglie, dove ancora si ricorda con orrore il periodo dell'occupazione francese a ciò che è rimasto del porto fluviale romano di Aquileia, cioè niente, un centro che vede la sua regina nella bellissima basilica, che ora per visitarla si dovrà pagare il biglietto, al sapore di mare della seconda piccola Vienna dopo Trieste, Grado.

Storia diversa, contrastante e di confine. Tante piccole bellezze diffuse, in uno spazio limitato, con alle spalle le Alpi che attraversano più entità, senza farsi intimorire, dai fiumi sommersi all'Isonzo con i suoi colori straordinari. Antichità diffusa ma non tutto è oro ciò che luccica. Perchè questi tempi devono fare i conti con l'austerità che punisce un sistema pubblico già in difficoltà, un sistema che ne ha approfittato e corre dunque nell'ottica di privatizzare ogni bene pubblico e comune, perchè non c'è alternativa, dicono.


C'è già Roma, si dice, a cosa serve Aquileia? Cittadina che ha subito processi urbanistici sconvolgenti rispetto alle potenzialità turistiche culturali che potrebbe avere. Non è stato tutelato e protetto a dovere nel corso dei vari decenni.  E gli effetti si vedono.
E che dire di ciò che vedrai anche lungo il lungomare di Grado, dallo sperpero di danari pubblici per il museo che non c'è, roba che da mettere i brividi in una terra che si è sempre vantata della sua tradizione austroungarica dove cose del genere non sarebbero mai accadute, a qualche palazzotto decadente e abbandonato conquistato dalla natura. E chi paga? E chi ha pagato? La perfezione non esiste, la bellezza dei luoghi è data anche dal suo consumarsi, dal suo degrado, il decoro è solo uno strumento per fomentare polemiche, incentivare "pulizie sociali" per come contemplato in questi anni.
Da Aquileia a Grado a Palmanova vi potrebbe essere una direttrice turistica e di ricchezza straordinaria, ma nell'Italia dove si è sempre ripetuto che si potrebbe campare di sola bruttezza e turismo, ci si è dovuti rassegnare alla convivenza tra bruttezza e bellezza, tra sperperi e potenzialità non pienamente colte, perchè non tutto è oro ciò che luccica, come già scritto, di disfunzioni e di problemi ve ne sono e neanche più celati dalla canonica toppa che ti nasconde ciò che è meglio non osare vedere e mostrare. E quella direttrice, per quanto potenzialmente straordinaria, ti lascerà con l'amaro in bocca.

Marco Barone

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