Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

L'Italia, un Paese che ha ancora paura della verità sul caso Moro



Ci sono dei punti fermi che rimarranno tali per sempre nella travagliata storia della Repubblica italiana. Come il rosso, color sangue, della Renault 4 nota come la Renault 4 di Moro, con quel N5 e numero 90 a segnare la memoria di una storia che non conosce pace. Come la via Fani, come via Gradoli, come l'operazione militarmente perfetta che porterà alla mattanza di via Fani, compiuta da chi non aveva alcuna esperienza militare,  ma a quanto pare era sufficiente il solo "ideale" la sola convinzione, senza dimenticare i depistaggi, le trattative, le miriadi di cose non dette per arrivare a vedere molti dei protagonisti di quella stagione essere oggi quasi dei vip. Moro probabilmente è "morto" nel giorno stesso in cui ne è stato deciso il sequestro. I motivi saranno plurimi, non esiste mai un solo motivo, così come gli interessi sono plurimi e plurime le soggettività coinvolte. Una pluralità di realtà che si sono adoperate perchè la Verità non arrivasse mai, quella verità che l'Italia ancora teme, e cerca, passando dal lavoro, ignorato spesso, delle Commissioni Parlamentari, alle indagini classiche, alle inchieste giornalistiche e non.

Non un romanzo criminale qualunque, non un film giallo banale, ma la realtà. 40 anni da quel fatto, misfatto della nostra Repubblica, che non conosce pace e non conoscerà mai pace. Se non si conoscerà la verità tutta sul caso Moro non la si potrà conoscere pienamente su tutto ciò che è venuto dopo, in quel marasma violento e stragista che ha caratterizzato la famigerata strategia della tensione fino alla morte della Prima Repubblica, la cui fine è iniziata proprio in quel 16 marzo del 1978, in una mattina qualunque di Roma.  Se non si comprende che la verità sul caso Moro è di fondamentale importanza per la tenuta democratica e la libertà ed indipendenza di questo Paese, non si andrà da nessuna parte, mai.
Marco Barone

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