Nella home del sito dell'ambasciata d'Italia in Egitto non c'è più la foto di Giulio Regeni. Il 25 gennaio ed il 3 febbraio 2018, son trascorsi esattamente due anni dal sequestro di Giulio al ritrovamento del suo corpo. Neanche un messaggio è stato pubblicato in queste due date che in Italia ed in diverse parti del mondo continuano e continueranno ad essere un faro di riferimento fondamentale contro quell'oscurità che vorrebbe seppellire tutto sotto il peso del silenzio e dell'omertà e del tempo. Eppure l'Ambasciata sarebbe la massima realtà rappresentante lo Stato nel luogo in cui opera.
Il ritiro dell'ambasciatore d'Italia in Egitto è stato un segnale importante, la cui valenza da tanti è stato compreso non nell'immediatezza e che ha infastidito molto l'Egitto, anche se qualcheduno ha operato dietro le quinte facendo intendere che i rapporti "millenari" non si erano mai interrotti ma solamente addormentati. E da quando l'ambasciatore è ritornato la normalizzazione è stata avviata, accelerata e consolidata. Questo è un fatto incontestabile. Poi, ogni tanto si butta qualche parolina al vento della concertazione, del compromesso, della formalità.
Sembra che non sia successo nulla in Egitto, sembra che sia passata una enormità di tempo da quel maledetto inverno del 2016. Invece solo due anni, ma due anni son bastati per non fare niente, per non concludere niente ad un Paese come l'Italia e al continente come l'Europa, salvo il minimo indispensabile. D'altronde è stato detto ma se in Italia non si è mai riusciti ad ottenere verità sulle stragi che hanno violentato la democrazia di questo Paese, come pretendere dallo stesso Paese verità per l'omicidio di stato compiuto in Egitto contro Giulio? Eppure la forza della comunità c'è stata, e resiste ancora, sotto il segno del giallo, questa è stata la differenza, la solidarietà della comunità in tutto il Paese ed oltre i confini del Paese, una solidarietà che grazie alla potenza della rete, di internet è riuscita a sfondare ogni isolamento per arrivare a realizzare il muro della solidarietà, della verità, sempre più alto, possente. Un muro indistruttibile che ha lo scopo di non monumentalizzare un messaggio di speranza, ma di essere da monito per il futuro, perchè non si ripetano più certi orrori.
Le istituzioni nel Paese non sono condotte da armate astratte, da fantasmi, da essere invisibili, ma da uomini e donne che hanno un nome ed un cognome. Le responsabilità del non fare sono evidenti ed allora la pressione pubblica deve farsi sentire soprattutto in un momento delicato come questo, pretendere non più il solo ritiro dell'ambasciatore ma la chiusura dell'ambasciata. La normalizzazione con l'Egitto va bloccata quanto prima.
Può sembrare fantascienza politica, ma fino a quando si continuerà a favorire un sistema di relazioni con quel Paese retto da un sistema criminale, antitesi dei diritti umani, fino a quando si continueranno a favorire investimenti anche da parte di tante aziende italiane e di aziende dello stesso Friuli Venezia Giulia in quel Paese, non cambierà niente, mai.
L'Ambasciata d'Italia in Egitto va chiusa.
Marco Barone
Commenti
Posta un commento