C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

L'intitolazione del carcere di Trieste a Mari e Bigazzi a Gorizia? Nulla di cui stupirsi, è l'effetto del giorno del ricordo

Tanta l'indignazione sollevata per l'intitolazione del carcere a Ernesto Mari, più sotto silenzio quella per Bigazzi a Gorizia, operanti nel periodo in cui dal Coroneo di Trieste partirono verso i campi di concentramento e sterminio nazisti tante persone la cui unica colpa era quella di essere dalla parte sbagliata, in quel momento maledetto per la nostra storia.

Sul Fatto Quotidiano si legge a proposito di Mari: 
"Durante la Seconda Guerra Mondiale, all’epoca della gestione nazista dell’istituto penitenziario, era il comandante di quel carcere. In quell’edificio, come in molti altri, si praticava la tortura con modalità sistematiche. Dopo l’8 settembre ’43, dal carcere di Trieste partivano ebrei, detenuti politici e partigiani verso Auschwitz o verso la vicina Risiera di San Sabba. Da quest’ultima si poteva venire smistati verso altri campi oppure soppressi e bruciati anche dopo poche ore dall’arrivo.
Non conosciamo le responsabilità dirette di Ernesto Mari in questo scenario. Egli fu tuttavia, come scriveva ieri un comunicato del comitato provinciale dell’Anpi di Trieste, “per lo meno osservatore immobile, pur da posizioni di responsabilità e di comando”. Dopo che, all’inizio del maggio 1945, le truppe nazi-fasciste lasciarono Trieste, Ernesto Mari fu ucciso e infoibato a Basovizza. (...) intitolare al suo nome l’istituto penale significa cancellare “le sue responsabilità come comandante delle Carceri”.

Quali le motivazioni di tale dedica a Mari e Bigazzi?

Sul profilo Facebook del corpo di polizia penitenziaria si legge:


"Nell’immediato dopoguerra, nei primi di maggio del 1945 anche i penitenziari subirono la ferocia e la scelleratezza di quelli che, approfittando dei disordini e delle e insurrezioni, si impadronirono dell’istituto di Trieste, forti del fatto di conoscerlo bene in quanto li ristretti. Il personale in servizio fu dispensato da ogni attività e le carceri comandate dagli insorti, iniziarono così le loro persecuzioni. Il comandante Mari, “colpevole” di essere stato a capo del carcere fu non solo cacciato con la sua famiglia dalla sua casa ma, convocato da uno dei capi di quella feroce banda, fu tratto in arresto. Lo tradussero più volte a villa Sgrè per interrogarlo, fu torturato per la sola colpa di aver indossato la divisa degli Agenti di Custodia. Gli improvvisati dirigenti usavano modi raccapriccianti e bestiali e nelle carceri dei “Gesuiti”, succursale del “Coroneo” di Trieste, alcuni agenti furono costretti ad assistere alle torture praticate sui detenuti, il Comandante Mari venne martoriato con scudisciate. Durante la notte l’agente capoposto sentì delle urla atroci provenire dalla cella di Mari, ma non gli fu permesso dagli aguzzini di poter intervenire, soltanto durante il giro della conta delle tre, potè constatare che il Mari era riverso in un lago di sangue, senza potergli prestare aiuto, né una parola di conforto perché controllato e richiamato da uno dei pregiudicati comandanti. Ma il Maresciallo Mari era sempre ugualmente sereno! La sua fine era però vicina e nella notte del 23 maggio 1945 un camion con 19 persone partì alla volta di Basovizza a 15 chilometri da Trieste, dove il Maresciallo Mari venne barbaramente trucidato e inumato in una “foiba”. Non ebbero il coraggio e il cuore neanche di comunicare il decesso alla sua famiglia, gli comunicarono che era stato trasferito, ma non dove. I suoi cari aggrappati alla speranza di rivederlo si chiusero nel dolore quando, nel maggio del 1947 dalla foiba ”Plutone” vennero riesumate 19 salme, fra le quali quella del Comandante Mari. Ecco come seppe immolarsi per il dovere chi, compiva quotidianamente il suo lavoro, con zelo ed abnegazione.
(tratto da: L’Agente di Custodia marzo 1951.)"



" Ernesto Mari, Maresciallo Agente di Custodia. L’Aquila 10 ottobre 1900 - Trieste 24 maggio 1945.
Il mattino del 1° maggio 1945 un gruppo di partigiani jugoslavi occupò il Carcere giudiziario di Trieste. Il Comandante Ernesto Mari, sottufficiali e agenti in servizio al “Coroneo” furono dispensati dagli incarichi e sostituiti dagli occupanti, tra cui figuravano anche ex detenuti animati da sentimenti di vendetta verso il Comandante. Nel tentativo di arginare i soprusi, il Maresciallo Mari si mise in contatto con le autorità del luogo. Convocato da uno dei capi della feroce banda, Ernesto Mari fu tratto in arresto e sottoposto a sevizie. Tradotto più volte a Villa Sgrè per essere interrogato, fu torturato per la sola colpa di indossare la divisa degli Agenti di Custodia. Nella notte del 23 maggio 1945 un camion con 19 prigionieri, tra cui Mari, il Brigadiere Angiolo Bigazzi e l’Agente Filippo Del Papa, partì alla volta di Basovizza a 15 chilometri da Trieste. Qui vennero tutti barbaramente trucidati e gettati nella foiba “Plutone”. Nel maggio del 1947 dalla foiba vennero riesumate le salme, fra le quali quelle di Mari, Bigazzi e Del Papa.
Il 5 marzo del 1950, Ernesto Mari è stato insignito dal Ministero della Difesa della Croce al Merito di Guerra alla Memoria.
Con Decreto del Capo del Dipartimento del 14 luglio 2016 al Maresciallo Mari è intitolata la Casa Circondariale di Trieste."


Sul sito della polizia penitenziaria si legge:
Angiolo Bigazzi, Brigadiere Agente di Custodia. Volterra 1 luglio 1902 - 24 maggio 1945.
Il mattino del 1° maggio 1945 un gruppo di partigiani jugoslavi occupò il Carcere giudiziario di Trieste. Il Comandante Ernesto Mari, sottufficiali e agenti in servizio al “Coroneo” furono dispensati dagli incarichi e sostituiti dagli occupanti, tra cui figuravano anche ex detenuti animati da sentimenti di vendetta verso il Comandante. Nel tentativo di arginare i soprusi, il Maresciallo Mari si mise in contatto con le autorità del luogo. Convocato da uno dei capi della feroce banda, Ernesto Mari fu tratto in arresto e sottoposto a sevizie. Tradotto più volte a Villa Sgrè per essere interrogato, fu torturato per la sola colpa di indossare la divisa degli Agenti di Custodia. Nella notte del 23 maggio 1945 un camion con 19 prigionieri, tra cui Mari, il Brigadiere Angiolo Bigazzi e l’Agente Filippo Del Papa, partì alla volta di Basovizza a 15 chilometri da Trieste. Qui vennero tutti barbaramente trucidati e gettati nella foiba “Plutone”. Nel maggio del 1947 dalla foiba vennero riesumate le salme, fra le quali quelle di Mari, Bigazzi e Del Papa.
Con Decreto del Capo del Dipartimento del 14 luglio 2016 al Brigadiere Bigazzi è intitolata la Casa Circondariale di Gorizia.

Dunque l'unica colpa era solo quella di indossare la divisa degli Agenti di Custodia.  
Diverse le autorità intervenute all'inaugurazione di quella targa sia a Gorizia che a Trieste. 



E' evidente che senza la legge sul giorno del ricordo una operazione del genere non sarebbe mai stata possibile. Legge frutto di quella manipolazione storica, che vorrebbe portare alla memoria condivisa che nella sostanza altro non ha fatto che riabilitare figure nazifasciste o compromesse con il nazifascismo, inventandosi di sana pianta e genericamente ad esempio piazze dedicati a fantomatici "martiri delle foibe", per non parlare delle medaglie assegnate a certi personaggi  chiaro un post su GIAP di Wu Ming  il #Giornodelricordo: dieci anni di medaglificio fascista. Un bilancio agghiacciante. 
E le lacrime di coccodrillo che ora si vedono di chi si è reso complice con la legge sul giorno del ricordo, che tra le altre cose ha creato più danni che determinato benefici storici alla vicenda degli esuli, mescolata in modo improprio con la questione  delle foibe,  sono ancor più ignobili di chi almeno con  una sua coerenza politica rivendica la sua convinzione storica che non dovrebbe trovare legittimazione alcuna, ma che invece la trova eccome nell'Italia che non ha mai fatto i conti con le sue responsabilità. 
Se non si comprende questo, non si potrà comprendere il senso ed il perchè dell'intitolazione del carcere di Trieste o Gorizia a quelle persone.

Marco Barone 

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