La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

D'Annunzio e gli slavi: "il flutto della barbarie schiava giungerebbe su Trieste"

19 ottobre 1919 una lettera che ha come destinatari principali i fiumani dal titolo Italia e Vita. Una lettera dove emergono concetti ed aspetti che connoteranno quell'imperialismo italiano che porterà all'invasione del Balcani con tutte le conseguenze nefaste che la storia ci ha ben insegnato. Una lettera, con un linguaggio semplicemente incomprensibile  in molti passaggi, e con uno stile assurdo, dove si eleva bene quel senso di disprezzo verso gli slavi che verrà rimarcata dal poeta amante della guerra in diverse occasioni. 
Un D'Annunzio che esalta lo spirito degli italiani che hanno difeso l'italianità di Fiume, del Carnaro, dove " voi spiegaste nel vento del Carnaro il tricolore italiano, in faccia ai Croati che dal governatore ungaro avevano ricevuto il potere civico per inizio di quella frode più tardi proseguita sopra le navi imperiali in Pola nostra."
Uno spirito dell'italianità che sarebbe stato presente in diverse località, "per le coste e per le isole, da Volosca a Laurana, da Moschiena ad Albona, da Veglia a Lussino, da Cherso ad Arbe."
Rimarcando che "l’istinto profondo della razza vi avverte che una falsa libertà è peggiore d’una servitù rivoltosa."
Un D'Annunzio che prova a giustificare il perchè della necessità di mantenere sotto il dominio italiano alcune zone strategiche: "a settentrione di Fiume, essi debbono includere Idria, affinché la torbida Balcania non prema le spalle di Gorizia e di Tolmino. "
Od ancora " Come Idria, Postumia aspetta a noi. Se non la tenessimo, il flutto della gente balcanica, il flutto della barbarie schiava, giungerebbe a una ventina di chilometri dalle mura di Trieste."

Ed un nuovo elogio ( si fa per dire) di D'Annunzio nei confronti degli slavi, che continua a ritenere come inferiori rispetto alla cultura latina, italiana :

"Col distretto di Postumia lasceremmo in mano degli Schiavi meridionali il valico di Longatico, quello di Nauporto e forse quello di Prevaldo, che costituiscono da tempo immemorabile la vera Porta d’Italia, la soglia latina calcata dalle incursioni boreali e orientali dei Barbari di ogni evo."

Un disprezzo non politico, ma verso un popolo che connoterà quel razzismo che si scaglierà contro chi aveva come colpa  quello di non appartenere alla "razza" latina, italiana.
Marco Barone

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