Sono il primo a riconoscere che la storia non la si scrive con i se, però è altrettanto vero che circostanze, cause, eventi, e determinate situazioni politiche possono favorire specifiche soluzioni piuttosto che altre.
Il destino della città di Gorizia era già stato deciso, ciò a prescindere delle manifestazioni a sostegno dell'italianità della città. E' assolutamente vero che nel goriziano a manifestazioni pro Italia si aggiungevano quelle
pro Jugoslavia ed i numeri erano seppur favorevoli alla causa italiana,
quelli favorevoli alla causa jugoslava non furono irrisori, si parlerà di quasi dieci mila cittadini scesi in piazza per la
Jugoslavia. Nel caso di
Gorizia la differenza è che, in base alla cronaca come riportata da alcuni giornali dell'epoca, il 27 marzo del 1946, quelli che manifestarono pro Italia furono in prevalenza provenienti dalla città, quelli pro Jugoslavia dai
sobborghi. La Stampa, quotidiano nazionale, del 27 marzo 1946, sottolineava che a Gorizia vi
furono violenti scontri, tra le due parti, con una cinquantina di
arresti ed un centinaio di feriti. La Commissione degli esperti per le indagini sulla frontiera italo-jugoslava completerà il 7 aprile del 1946 le sue inchieste nelle
zone assegnate alla sua indagine. Nel corso di tali indagini la
Commissione, si leggerà in un loro comunicato, " ha visitato numerose
località ed ha interrogato molte autorità e persone eminenti ed ha
ricevuto e studiato numerosi documenti e dichiarazioni rimessele
per iscritto. La Commissione partirà immediatamente per Londra , dove
preparerà un rapporto finale e le proposte da presentare ai sostituti
dei Ministri degli Esteri". Come è noto nel 1946 Togliatti quando racconterà il suo viaggio a Belgrado e l'incontro con
il Maresciallo Tito affermerà: "Il Maresciallo Tito mi ha
dichiarato di essere disposto a consentire che Trieste appartenga
all'Italia, cioè sia sotto la Sovranità della Repubblica italiana
qualora l'Italia consenta di lasciare Gorizia alla Jugoslavia, città che
anche secondo i dati del nostro ministero degli esteri è in prevalenza
slava. La sola condizione che il Maresciallo Tito pone è che Trieste
riceva in seno alla Repubblica italiana uno statuto autonomo
effettivamente democratico che permetta ai triestini di governare la
loro città ed il loro territorio secondo principi democratici". Così come è da evidenziare che Gorizia ha dato rifugio a migliaia di
istriani italiani che dovevano fuggire dalle regioni annesse alla
Jugoslavia. Molti di coloro che si stabilirono in città, hanno avuto un
ruolo importante nel plasmare nel suo dopoguerra l'identità nazionale e
politica.
Gli organismi di parte rilevano che circa 5mila esuli hanno scelto come
luogo Gorizia andando a costituire circa il 15 %
della popolazione residente. Il concentramento, non casuale, che è
avvenuto a Gorizia, ha certamente favorito la legittimazione di una decisione probabilmente già presa, che voleva l'assegnazione della città
all'Italia piuttosto che alla Jugoslavia. Non sancire il ritorno di Gorizia all'Italia, poteva significare dare il via libera alla realizzazione del TLT a Trieste, cosa che nessuna forza Occidentale voleva, stante anche la forte influenza della Russia di Stalin sulla Jugoslavia di Tito.
Dunque, seppur simbolicamente importanti le manifestazioni a sostegno dell'Italia o della Jugoslavia, non sono state decisive. Anche perchè la fantomatica pluri-secolarità dell'italianità di Gorizia era una grande invenzione storica, pura retorica ottocentesca. Decisivo è stato il contesto, un contesto nel quale si doveva bloccare l'ingerenza della Russia di Stalin, da parte delle forze Occidentali, e la Jugoslavia, forza tra le vincitrici della seconda guerra mondiale, ed alleata, in quel momento storico non poteva ottenere concessioni, su rivendicazioni chiare e politicamente rilevanti che potevano minare il cuore del Vecchio Continente, stante il suo saldo rapporto con la Russia. Ma se la rottura con Stalin fosse avvenuta prima del '48, che ha portato a diversi drammi, oggi si racconterebbe una storia diversa sia per Gorizia che per Trieste? E' su questo che ci si deve realmente interrogare e non solo sul senso di simboliche manifestazioni.
Marco Barone
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