La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Ma se la rottura tra Stalin e Tito fosse avvenuta prima del '48 Gorizia sarebbe stata assegnata all'Italia?



Sono il primo a riconoscere che la storia non la si scrive con i se, però è altrettanto vero che circostanze, cause, eventi, e determinate situazioni politiche possono favorire specifiche soluzioni piuttosto che altre.  
Il destino della città di Gorizia era già stato deciso, ciò a prescindere delle manifestazioni a sostegno dell'italianità della città. E' assolutamente vero che  nel goriziano a manifestazioni pro Italia si aggiungevano quelle pro Jugoslavia ed i numeri erano seppur favorevoli alla causa italiana, quelli favorevoli alla causa jugoslava non furono irrisori, si parlerà di quasi dieci mila cittadini scesi in piazza per la Jugoslavia. Nel caso di Gorizia la differenza è che, in base alla cronaca come riportata da alcuni giornali dell'epoca, il 27 marzo del 1946, quelli che manifestarono pro Italia furono in prevalenza provenienti dalla città, quelli pro Jugoslavia dai sobborghi. La Stampa, quotidiano nazionale, del 27 marzo 1946, sottolineava che a Gorizia vi furono violenti scontri, tra le due parti, con una cinquantina di arresti ed un centinaio di feriti. La Commissione degli esperti per le indagini sulla frontiera italo-jugoslava completerà il 7 aprile del 1946 le sue inchieste nelle zone assegnate alla sua indagine. Nel corso di tali indagini la Commissione, si leggerà in un loro comunicato, " ha visitato numerose località ed ha interrogato molte autorità e persone eminenti ed ha ricevuto e studiato numerosi documenti e dichiarazioni rimessele per iscritto. La Commissione partirà immediatamente per Londra , dove preparerà un rapporto finale e le proposte da presentare ai sostituti dei Ministri degli Esteri". Come è noto nel 1946 Togliatti  quando racconterà  il suo viaggio a Belgrado e l'incontro con il Maresciallo Tito affermerà: "Il Maresciallo Tito mi ha dichiarato di essere disposto a consentire che Trieste appartenga all'Italia, cioè sia sotto la Sovranità della Repubblica italiana qualora l'Italia consenta di lasciare Gorizia alla Jugoslavia, città che anche secondo i dati del nostro ministero degli esteri è in prevalenza slava. La sola condizione che il Maresciallo Tito pone è che Trieste riceva in seno alla Repubblica italiana uno statuto autonomo effettivamente democratico che permetta ai triestini di governare la loro città ed il loro territorio secondo principi democratici". Così come è da evidenziare che Gorizia ha dato rifugio a migliaia di istriani italiani che dovevano fuggire dalle regioni annesse alla Jugoslavia. Molti di coloro che si stabilirono in città, hanno avuto un ruolo importante nel plasmare nel suo dopoguerra l'identità nazionale e politica.

Gli organismi di parte rilevano che circa 5mila esuli hanno scelto come luogo Gorizia andando a costituire circa il 15 % della popolazione residente. Il concentramento, non casuale, che è avvenuto a Gorizia, ha certamente favorito la legittimazione di una decisione probabilmente già presa, che voleva  l'assegnazione della città all'Italia piuttosto che alla Jugoslavia. Non sancire il ritorno di Gorizia all'Italia, poteva significare dare il via libera alla realizzazione del TLT a Trieste, cosa che nessuna forza Occidentale voleva, stante anche la forte influenza della Russia di Stalin sulla Jugoslavia di Tito.
Dunque, seppur simbolicamente importanti le manifestazioni a sostegno dell'Italia o della Jugoslavia, non sono state decisive. Anche perchè la fantomatica pluri-secolarità dell'italianità di Gorizia era una grande invenzione storica, pura retorica ottocentesca. Decisivo è stato il contesto, un contesto nel quale si doveva bloccare l'ingerenza della Russia di Stalin, da parte delle forze Occidentali, e la Jugoslavia, forza tra le vincitrici della seconda guerra mondiale, ed alleata, in quel momento storico non poteva ottenere concessioni, su rivendicazioni chiare e politicamente rilevanti che potevano minare il cuore del Vecchio Continente, stante il suo saldo rapporto con la Russia. Ma se la rottura con Stalin fosse avvenuta prima del '48, che ha portato a diversi drammi, oggi si racconterebbe una storia diversa sia per Gorizia che per Trieste? E' su questo che ci si deve realmente interrogare e non solo sul senso di simboliche manifestazioni.

Marco Barone

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