La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Il divieto di esporre simboli della resistenza nel primo maggio a Trieste? Una buffonata inapplicabile



Ad aprile 2016 Il Consiglio Comunale di Trieste respingeva la mozione del quartetto antijugoslavo, che invitava il Sindaco "ad adottare i provvedimenti in suo potere per evitare che anche il 1° maggio di quest'anno compaiano, lungo vie e piazze di Trieste, simboli e personaggi che si richiamano all'ex Jugoslavia e alla dittatura titina; a invitare preventivamente gli organizzatori della manifestazione ad attuare la necessaria vigilanza affinché la celebrazione della Festa del Lavoro non venga infiltrata da tali provocatori e a sensibilizzare in tal senso le Forze dell'Ordine". Ed ovviamente emergeva  l'ovvia e basilare incompetenza del Consiglio Comunale a trattare tale questione, che sarebbe stata una ingerenza incredibile. Cambia il colore politico dell'amministrazione e si arriva ad un dunque che è una grande buffonata storica e politica e totalmente inapplicabile. Come ha sottolineato Giovanni Tomasin sul Piccolo di Trieste del 14 aprile 2017 il Consiglio comunale, di mercoledì sera, "ha approvato una mozione che chiede di vietare l’uso di vessilli con la stella rossa durante il corteo del Primo maggio. Una data che non corrisponde soltanto alla Festa dei Lavoratori, ma anche alla cacciata dalla città dei nazifascisti da parte delle forze jugoslave al termine della Seconda guerra mondiale. Ragion per cui alle sfilate dei sindacati si accompagnano sovente vessilli con il simbolo comunista". Come è noto l'ANPI, organizzazione di cui faccio parte, con i suoi oltre 120.000 iscritti, è tra le più grandi associazioni combattentistiche presenti e attive oggi nel Paese.  Tra i vari scopi ha quello di restituire al Paese una piena libertà e favorire un regime di democrazia per impedire in futuro il ritorno di qualsiasi forma di tirannia e assolutismo ed anche valorizzare in campo nazionale e internazionale il contributo effettivo portato alla causa della libertà dall'azione dei partigiani. A fine 2016 è stato realizzato un documento nazionale incentrato sulle complesse vicende del Confine Orientale  
E cosa è stato scritto?
Il 1° maggio 1945 la liberazione di Gorizia, Trieste e alcune città  istriane avvenne ad opera dell’esercito jugoslavo e il CLN si ritirò per evitare combattimenti con gli jugoslavi.

Dunque il primo maggio a Trieste e Gorizia non si festeggia solo il giorno dei lavoratori, ma anche la liberazione dal nazifascismo in questo territorio con i simboli di chi ha lottato per ciò. Ogni tentativo avverso finalizzato a negare questa celebrazione, è una negazione di una pagina storica fondamentale, una buffonata degna di quanto accadeva nelle corti medievali ed anche rinascimentali, una buffonata che procura un gran ridere, figlia della disperazione, una provocazione nei confronti della quale è difficile non ridere, e ridiamo ma con i smboli della resistenza che il primo maggio hanno liberato questo territorio. Quello che avverrà dopo, è altra questione e conseguenza soprattutto di decenni di massacri e barbarie nazifasciste.
Marco Barone


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