La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Monfalcone, caso Duca d'Aosta e studenti stranieri: la prossima volta mettete il numero chiuso. Fate prima


Ci risiamo. Puntualmente a Monfalcone si ripete il caso della centralissima scuola Duca d'Aosta. Dalle pagine del Piccolo si apprende che "alla chiusura delle iscrizioni, il 6 febbraio, il tempo normale aveva raccolto l’adesione di 23 bambini, di cui 15 di origine bengalese, 5 balcanici e un senegalese." Dopo aver raccolto le iscrizioni, cosa pare aver deciso la scuola su suggerimento indebito del Comune? Di suddividere i bambini in altre scuole per evitare la realizzazione di classi solo " straniere". E la perla finale è che il Comune essendo proprietario dell'immobile pare non voler più concedere gli spazi "all’Associazione genitori bengalesi che li utilizzava per organizzare un corso di bengalese (definito L1, cioè lingua primaria) per i bambini della comunità a favore, invece, di nuovi corsi di italiano rivolti alle mamme bengalesi affiancate dai loro figli." Ora delle considerazioni sono più che dovute. Come prima cosa come è noto le sezioni della scuola primaria sono costituite con un numero minimo di 15 e un massimo di 26 alunni, salvi i casi di presenza di alunni disabili. Eventuali iscritti in eccedenza dovranno essere ridistribuiti tra le diverse sezioni della stessa scuola, senza superare il numero di 27 alunni per sezione. Nelle scuole nelle quali si svolge il tempo pieno, il numero complessivo delle classi è determinato sulla base del totale degli alunni iscritti. Nei comuni di montagna, nelle piccole isole e nelle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche possono essere costituite classi con un numero minimo di 10 alunni. Il famigerato tetto del 30% per gli alunni stranieri è un vincolo superabile, come ha ben dimostrato l'esperienza dell'Emilia Romagna, anche andando oltre tale limite o semplicemente con banali protocolli di accoglienza che hanno il compito di facilitare l’ingresso a scuola degli alunni stranieri, sostenendoli nella fase di adattamento al nuovo contesto, favorire un clima di accoglienza nella scuola, che prevenga e rimuova eventuali ostacoli alla piena integrazione, costruire un “clima favorevole” all’incontro con altre culture e con le storie di ogni bambina e di ogni bambino. A ciò poi si aggiungono le possibilità offerte dalla recente Legge 107 del 2015, che in una delle poche disposizioni salvabili prevede espressamente la possibilità per le scuole di ridurre in modo sensibile il numero di studenti per classe. Senza dimenticarci del tempo pieno su cui è necessaria avviare una riflessione più profonda. Dunque possibile che in quella scuola, visti anche i recenti strumenti normativi a disposizione, non è possibile creare classi con un numero di studenti anche inferiore rispetto alla norma salvaguardando il diritto d'iscrizione delle famiglie, la volontà delle famiglie, i processi di integrazione ed accoglienza? Sarebbero stati più onesti intellettualmente a prevedere in via preventiva un numero chiuso per stranieri, perchè nella sostanza è questo quello che rischia di formalizzarsi in quella scuola, e ricordiamo a tutti che si tratta di scuola pubblica, mica privata. A detta di molti si respira aria di discriminazione indiretta, ovviamente sono il primo a voler sperare che questa fattispecie non abbia minimamente luogo a Monfalcone, che è quella situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinata categoria sociale e non rispetto a persone non appartenenti a quella categoria, a meno che tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il conseguimento della finalità stessa siano appropriati e necessari. Solo che qui si fatica a comprendere la legittimazione giuridica ed etica della soluzione che pare essere in fase di conclusione. Così come pur essendo vero che il Comune ha la disponibilità dei locali, non di deve permettere di esercitare alcuna minima forma di ingerenza su cosa sia giusto o non giusto insegnare negli spazi della scuola, salvo ovviamente che gli spazi vengano messi a disposizione o richiesti per iniziative che si pongano in contrasto con i principi della nostra Costituzione, che qualcuno a Monfalcone farebbe bene a rispolverare.

Marco Barone

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