Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

La circolare sull'immigrazione si è già fermata, giustamente, sul CIE


Carta e penna, o forse tastiera e computer e stampante, e la Presidente del FVG scrive al nuovo ministro dell'Interno, rilevando che chi non si adegua non ha diritto ad alcuna forma di accoglienza e ragionando sui ricollocamenti forzati. Il ministro risponde con una presunta circolare a tutto campo e la nostra Presidente riscontra: "Piena sintonia tra quanto segnalato al Ministro Minniti dalla Regione Friuli Venezia Giulia e i provvedimenti annunciati dal Governo. Per essere accolti in Italia è necessario rispettare la legge e le nostre regole di comportamento". Probabilmente sarà sfuggita la questione del CIE altrimenti non si comprenderebbe il no dato dalla Serracchiani a Minniti su tale questione, dunque non vi è più piena sintonia? Sintonia o non sintonia a parte, alcune cose devono essere dette. Come prima cosa una circolare non può innovare le norme, è atto amministrativo che ha come destinatari i dipendenti della PA e nel rispetto delle regole minime dello stato di diritto per fare gran parte di quelle che cose che sarebbero contenute nella circolare, è necessario ricorrere a fonti legislative primarie o secondarie ma non alle circolari. Dunque, si tratterebbe di intenti politici, di indirizzi politici, niente di più. Indirizzi politici che hanno soddisfatto buona parte del solito popolino e legittimate da "sinistra" governativa, che ancora una volta si vede costretta a rincorrere la destra, quando poi, come la storia ha dimostrato, quando il popolo viene chiamato alle urne preferirà l'originale alla brutta copia sbiadita. In Italia le percentuali di domande di richiesta d'asilo sono basse, ad esempio nei primi 10 mesi del 2016 sono state 97.508 le richieste d’asilo presentate nel nostro paese, e ben 47.456 le domande che hanno ricevuto un netto diniego. Dunque la maggior parte dei migranti non sono richiedenti asilo o non hanno diritto all'asilo. E cosa dobbiamo fare con costoro? Spedirli dentro un pacco postale verso la miseria più totale se non il rischio di farli crepare letteralmente di fame? E' questo che vogliamo? E' questo che vogliono coloro che dicono sì solo a chi ha avuto il diritto d'asilo? Cioè una quota minima? Se continuiamo a comportarci in questo modo verso gli ultimi della classe sociale, non si potrà mai e ripeto mai pretendere alcun miglioramento delle condizioni di vita degli "autoctoni", anzi, la situazione per costoro peggiorerà. Proporre i CIE è una cosa che non vuole nessuno, salvo qualche destro nostalgico.
Ognuno ha i suoi motivi. Quello che è certo è che in Italia non vi è stata alcuna emergenza immigrazione, ma grande incapacità di gestione, che, vuoi per stupidaggine politica, o masochismo politico, ha portato alla concentrazione in dati e piccoli luoghi di fenomeni che hanno reso il tutto semplicemente ingestibile. Questo è il vero problema che ancora non viene affrontato a dovere, eppure la politica concreta e non idilliaca dell'accoglienza diffusa sarebbe la risposta ideale. Anche se pare di capire che il "problema", oramai, non sono più i richiedenti asilo, quota minoritaria, ma tutto il resto, un resto più complesso, organico ed ancor più difficile da gestire in un Paese che continua ad essere sempre di più una pentola a pressione bollente.
Marco Barone 

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