Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

La figlia del partigiano "Sasso": stiamo rischiando una nuova guerra



A Cormons, in provincia di Gorizia, o meglio, vista l'abrogazione della provincia dovremmo dire dell'Unione Territoriale Intercomunale “Collio – Alto Isonzo", si è svolta una nuova iniziativa organizzata dall'Osservatorio regionale antifascista del FVG, in collaborazione con Resistenza Storica, dove si è nuovamente avviata una importante riflessione sulla vicenda, quasi ufologica, della non foiba di Rosazzo. Tra i vari interventi che sono maturati nel corso del dibattito, è da segnalare quello della figlia del partigiano Sasso (Mario Fantini).
 Ha ricordato, con lucidità viva, che i partigiani, che hanno subito una marea di discriminazioni subito dopo la fine della guerra, hanno lottato per darci una società senza più guerre, per un mondo di giustizia e di pace. Ed oggi, quella giustizia e quella pace sono a rischio. Siamo vicini ad una nuova guerra e di segnali ve ne sono tanti, ha urlato Nadia Fantini.
E la cosa tragica è che mentre denunciava ciò, nell'iniziativa di Cormons, a Nizza stava accadendo quello che tutti poi abbiamo appreso . La strage del 14 luglio.
Purtroppo è da lungo tempo che si parla di terza guerra mondiale a frammenti, a pezzetti, il mondo è caratterizzato da situazioni di tensione significativa, ogni giorno ne accade una, non si ha il tempo di metabolizzare un dramma che se ne deve affrontare uno nuovo ancora più cruento del precedente. Ma i segnali di guerra emergono a causa di un ritorno di quelle zozzerie sociali che hanno sempre devastato la fratellanza dei e tra i popoli. I nazionalismi. E l'Italia ne ha viste e fatte di tutti i colori camminando sulla via del nazionalismo. Nazionalismo non è patriottismo. Il patriottismo è l'antitesi del nazionalismo, perché i nazionalismi hanno sempre fatto del male alla patria, sono sempre stati una nocività per la patria. Stiamo rischiando una nuova guerra. E non siamo preparati a viverla, e neanche ad affrontarla. Un processo di resistenza, come quello che si è realizzato in Italia, dove giovani, giovanissimi, hanno imbracciato le armi per liberarci dall'oppressore e lottare per un mondo nuovo, comunista o socialista, oggi è inimmaginabile. Perché manca il sentimento diffuso, o come si dice in Italia, l'ideale diffuso e vissuto. L'ideologia opposta al capitalismo è crollata. L'unica ideologia che non può e deve essere intaccata è quella funzionale al capitalismo. Il resto deve essere spazzato via.
Stiamo rischiando una nuova guerra, ci stiamo entrando? Chissà. Certamente la cosa peggiore, forse, è che se da un lato ciò lo stiamo sottovalutando, dall'altro ed estremo lato lo stiamo accettando come un qualcosa di ovvio, banale. Si parla di guerra con facilità. Con superficialità. E la cosa incredibile è che il tutto accade a ridosso del centenario della grande carneficina umana. Nei confronti della quale una rielaborazione critica e ragionata contro le mistificazioni è certamente avvenuta. Ma l'indifferenza, la non conoscenza, una sorta di "me ne frego" del terzo millennio diffuso più che mai, sta preparando il campo ad un qualcosa più grande di noi. E la guerra non è come vivere un film od un videogame, è una cosa più seria a cui non siamo preparati.

Marco Barone 

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