C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Su 13 anni di scuola solo un paio di settimane sulla storia del '900. Si è schiavi dell'ignoranza

“Schiavi” è il titolo scelto per l’edizione 2016 di èStoria, in programma a Gorizia dal 19 al 22 maggio 2016. èStoria riflette nuovamente su un tema che non può lasciare indifferenti: Schiavi segnerà per la manifestazione l’occasione di riflettere sulla libertà negata, la libertà cercata e la libertà conquistata. Ma vi è un tipo di schiavitù moderna, attuale e presente, che è molto diffusa, ed è quella che vede molti “giovani” di oggi essere schiavi dell'ignoranza, della non conoscenza, del banale. Ignoranza, non conoscenza, banalità, che aprono le porte ad accettare, come una cosa normalissima, la politica che parla alla pancia delle persone, e che spinge a ripudiare quella che parla alla ragione, alla testa delle persone. Ed il problema trae origine soprattutto nelle nostre scuole. Ho visitato in questi giorni il gigante di Salcano/Solkan. Che ha avuto una propria maledizione, quella del suo arco. Nel momento in cui verrà conquistata per la prima volta Gorizia dall'Italia, nella sera tra l'8 ed il 9 agosto del 1916, mentre i soldati austriaci si ritiravano fecero saltare in aria l'arco principale del ponte. Poi arriverà la tragedia di Caporetto e l'esercito austriaco costruì una struttura provvisoria di acciaio del tipo Roth-Wagner entro il maggio del 1918. Nel mentre di quella tragedia se prima i profughi trovarono riparo nelle terre dell'Impero, ora trovavano riparo nelle terre del Regno d'Italia, soprattutto nel Sud Italia. Dopo qualche anno di tranquillità, e con sopraggiungere dell'Italia e del fascismo, quel ponte venne riportato allo stato originario , tra il 1925 ed il 1927, ricostruendo l'arco principale. Ciò perché l'Italia fascista, nel suo immancabile complesso di inferiorità, doveva dimostrare di non essere inferiore all'Impero che l'Italia aveva combattuto. Poi questo ponte venne nuovamente colpito durante la seconda guerra mondiale. Sei attacchi delle forze alleate tra il 1944 ed il 1945 ed il 15 marzo del 1945 una bomba colpì nuovamente l'arco, ma il ponte non crollò. Dal 1945 al 1947, sino all'entrata in vigore del Trattato di pace, il ponte passò sotto l'amministrazione delle truppe alleate, e fino al 1991 sotto l'amministrazione delle ferrovie Jugoslave e poi, con la dissoluzione della Jugoslavia, delle ferrovie Slovene. Il 20 agosto del 1985 venne proclamato monumento della tecnica. Un gigante nato sotto la maledizione del suo arco, fin dalla inaugurazione.Già la sua inaugurazione cade sotto il segno della maledizione. Perché sarà proprio con l'omicidio dell'erede al trono d'Austria, anche se per nulla amato dal "vecchio" Giuseppe, che si troverà il pretesto per aggredire la ribelle Serbia e da lì partirà un diabolico ed incontrollato effetto domino che porterà alla grande carneficina umana. La prima guerra mondiale. E nonostante tutto, oggi quel gigante, ancora incanta chi si perde nella bellezza dei colori dell'Isonzo. Ora, riflettevo, leggendo la storia di quel ponte, che è immensa, che nelle nostre scuole, in un ciclo di studi di 13 anni, quanto tempo si dedicherà allo studio della storia del '900? Nella migliore delle ipotesi, in 13 anni non più di un paio di settimane e neanche in modo approfondito. Se poi veniamo alle vicende del Confine Orientale, è un disastro bello e buono. Si è cercato di colmare questa gravissima e voluta mancanza con alcuni giorni “istituzionali” come il giorno della memoria, il giorno del ricordo che per come gestito è altamente fazioso e poco oggettivo e strumentale alla logica del revisionismo storico, vi sono le iniziative, che in alcune scuole, cadono intorno al 25 aprile, ma non si può pretendere in tre giorni di raccontare un secolo di storia, di far capire un secolo di storia. E quello che spesso rimane nella mente dei giovani sono frammenti di storia, che se messi insieme al vuoto assoluto di questa società, altro non si apre che una voragine che condurrà questo mondo verso il disastro più totale. La colpa di tutto ciò è prima di tutto istituzionale, della politica, della “classe dirigente” che ha voluto la scuola del saper fare, dietro una falsa meritocrazia, affossando la scuola del saper pensare e ragionare, e della conoscenza. Una scuola dove magari si conosce tutto della storia dell'Impero romano, e niente del fascismo o della resistenza. Il fatto che oggi ritornano le peggiori cose del passato, per molti “giovani” possono sembrare una novità e forse anche accettabile, perché manca la conoscenza del passato, perché è stata "mutilata" la cultura e la storia. Ecco, oggi si è schiavi dell'ignoranza e della non conoscenza.

Pubblicato per Tecnica della Scuola 

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