La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Il caso del Tribunale di Gorizia, è il caso di una città in decadenza

Fino a quando, per lo Stato italiano, vi è stata la questione di Gorizia, intendendosi per tale la difesa dell'italianità della stessa, vi è stata una grande attenzione. Pensiamo alla prima legge della Repubblica italiana fatta proprio per Gorizia. Su iniziativa governativa trasmessa al parlamento il 15 ottobre del 1948, rapidamente verrà approvata la legge, come pubblicata nella G.U. del 23 dicembre 1948 che istituiva la zona franca nella zona di Gorizia. Su 2790 chilometri quadrati a Gorizia ne rimanevano solo 240, su 42 comuni che componevano la originaria provincia ne rimanevano solo 9, per ragioni morali economiche e politiche si proponeva dunque la necessità di porre un rimedio agli effetti devastanti del Trattato di Pace del '47 ed a quella “muraglia” che divideva e dividerà Gorizia in due per tutta la seconda metà del '900. Ed allora si è disposto che il territorio della provincia di Gorizia, compreso tra il confine politico ed i fiumi Vipacco ed Isonzo, e l'area recintata del Cotonificio Triestino, posta sulla sponda destra dell'Isonzo, venivano considerati, fino al 31 dicembre 1957, fuori della linea doganale e costituiti in zona franca. Provvedimento che ha subito diverse modifiche dal 1957 sino al 2007. Dopo il memorandum, di Londra, e soprattutto dopo il Trattato di Osimo, quando i rapporti tra Italia e Jugoslavia si normalizzeranno, verrà meno anche la questione di Gorizia e verranno meno le attenzioni da parte dell'Italia, semplicemente abbandonandola a se stessa. Ed è stata governata, sino ad oggi, come un semplice condominio. Un condominio che ha perso sistematicamente abitanti, pezzi, in decadenza, senza prospettiva futura alcuna. A rischio è la Prefettura di Gorizia, a rischio è il Tribunale di Gorizia,ed a rischio sarà anche la Questura di Gorizia. Questione solo di tempo. Quando si ripete a più riprese che certi e dati luoghi non chiuderanno, questi chiuderanno. La vicenda del punto nascita dovrebbe insegnare tanto in tal senso. In FVG è in corso una riorganizzazione politica e territoriale della regione a dir poco rilevante. Hanno smantellato e frammentato la provincia di Gorizia dividendola in basso ed alto Isontino. Ed a livello macro vi è l'evidente volontà di creare una sorta di Grande Friuli e Grande Trieste. Ciò se da un lato porrà in discussione il nome stesso della Venezia Giulia, che non avrà più ragione di esistere, visto che Gorizia pare essere destinata a finire sotto le fruttuose braccia dell'area metropolitana del futuro di Trieste, dall'altro ciò evidenzia tutta la debolezza del territorio goriziano. Venezia Giulia, nome “creato” sotto il mito di Roma e di Venezia, dal risorgimento, al nazionalismo estremo al fascismo, a cui appartiene Gorizia. Ma se Gorizia perde il Tribunale, perde anche i suoi polmoni. Avere un Tribunale in una città non è solo una questione di buona giustizia, ma anche di autorevolezza che un territorio riesce ad esprimere. Non è vero che il Tribunale di Gorizia o quelli di Trieste sono i più piccoli d'Italia, questa è una falsità. E' vero che possono rientrare nell'elenco tra i più piccoli d'Italia. L'ANM nel 2011 sosteneva che doveva essere in «20 magistrati in organico (tra Procura e tribunale) la dimensione minima assolutamente inderogabile di un ufficio giudiziario». Non è tanto la dimensione di un Tribunale che legittima la forza dello stesso, ma la qualità. In base alle statistiche dello stesso Ministero della Giustizia, sulla questione del civile, come pubblicate nel 2015, se quello di Udine e Trieste rientravano tra i migliori d'Italia, lo stesso non poteva dirsi, in base a quelle statistiche, per Gorizia. Gorizia è in crisi. Se non c'è lavoro, se non circola l'economia, ne risente anche la giustizia. Si perdono posti di lavoro, e lavorano tutti di meno, ivi inclusi gli avvocati e conseguentemente ne risente anche tutto l'indotto correlato alla macchina della giustizia, che è rilevante. 
Non è tanto una questione di grandezza che evidenzia l'importanza di un Tribunale, ma il tessuto sociale ed economico nel quale questo è inserito e se questo è decadente è ovvio che ne risente anche il sistema della giustizia. Se non si comprende che a Gorizia esiste una questione territoriale che riguarda tutto il territorio della sua provincia, e se non si adottano misure straordinarie, similmente a quelle adottate nel 1948, questo territorio è destinato a finire nel bene o nel male sotto la gestione della Grande Trieste che verrà. Per alcuni aspetti può essere una cosa positiva, perché il sistema a Trieste funziona, per altri aspetti non lo è, perché evidenzia la pochezza e la scarsa autorevolezza della politica che non ha saputo difendere, su tutti i livelli, e neanche rivendicare l'importanza di questo importante, un tempo per l'Italia, territorio. Dunque il fatto che Gorizia venga declassificata da città a paesone, diventando una banale periferia dell'area metropolitana di Trieste è elevato. Il caso del Tribunale è il caso di un sistema goriziano in fase di decadenza, e non basta la buona volontà di chi opera nella giustizia, per salvare ciò che pare essere destinato inevitabilmente alla chiusura. E' necessario fare sistema, unire le migliori risorse del territorio, rompere bruscamente i rapporti con la vecchia cerchia politica del passato, e cambiare radicalmente strada. Ora o mai più è necessaria una vera alternativa per l'Isontino.


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