La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

FVG e chiusura dei negozi in alcuni giorni festivi, non dite che è per tutelare la famiglia


Tanta euforia, anche da parte di una certa politica più che di sinistra, verrebbe da dire sinistra, è stata quella che ha accompagnato l'apertura del “Tiare Shopping”, il centro commerciale più grande del Nord Est, uno dei più grandi di Europa ed il primo in Italia ad essere un unicum con il negozio IKEA. Ma quel centro  ha fatto inevitabilmente tremare la piccola economia del Friuli Venezia Giulia. Tra le tante cose dette vi è stata anche quella che quel centro avrebbe favorito il turismo. Certo, sul sito del centro commerciale si promuovono alcune zone del Friuli Venezia Giulia, ad oggi Trieste, le terme di Grado, San Michele del Carso, Aquileia, Cividale il Parco Zoo Punta Verde , i sapori del Carso, ma non Gorizia, per esempio. Aperto tutti i giorni dalle 9 alle 21, facilmente raggiungibile in auto, collocato in prossimità dello svincolo autostradale Villesse Gorizia, la domanda sorge spontanea. Ma chi si reca ad un centro commerciale, specialmente di quella natura e dimensione dove vi è di tutto e di più e forse anche oltre ogni più, per quale motivo deve poi recarsi a Trieste, Udine, Gorizia ecc centri situati a circa 30 km e più di distanza da quel luogo? Chi si reca al centro commerciale lo fa perché è quella la destinazione.Un giro tra i negozi, un caffè al bar, la spesa, un film al cinema e poi a casa. Quel centro commerciale, la cui edificazione è legittima e legale, stante il funzionamento della società esistente, continuerà a risucchiare certamente nel medio lungo periodo diverse piccole attività economiche e commerciali locali, in particolar modo tra Trieste e Gorizia. Fino a quando non resterà altro che il vuoto. Ciò è inevitabile ed anche naturale, altrimenti quale concorrenza? Perché aprire un centro commerciale con centinaia di negozi? Perché la gente comune deve recarsi al negozio della propria città se al Tiare può trovare offerte e prezzi imbattibili? Ed a qualsiasi ora? Perché il Tiare deve sponsorizzare ed aiutare i negozi sparsi per le altre città ? Perché deve perdere guadagni? Nel 2014 scrivevo che il Friuli Venezia Giulia è caratteristico per i suoi borghi, per le sue città a dimensione umana, e quella struttura Commerciale è aliena rispetto alla storia del Friuli Venezia Giulia e chi ne pagherà le conseguenze saranno i piccoli imprenditori e l'indotto correlato. Stesso discorso nella vicina Monfalcone. Città vuota, ma il parcheggio dell'Emisfero sempre pieno, in qualsiasi orario e giorno dell'anno. La colpa non è dei centri commerciali, ma di un sistema che si è piegato alla logica del centri commerciali, alle politiche fallimentari ultra liberiste. Nel tempo della così detta crisi, che ancora continua, il FVG, Trieste e Gorizia nello specifico sono diventate zone depresse. Persi una marea di posti di lavoro, circola, conseguentemente, meno moneta. In Italia, nelle realtà ove vi è la maggior concentrazione di centri commerciali, il dibattito sulla regolamentazione degli orari degli esercizi commerciali è stato caldo. E non è un caso che sia avvenuto proprio in queste località. Verso la fine del 2015 alla Camera è stata approvata una proposta di Legge che introduce l'obbligo di chiusura per almeno sei, tra i giorni festivi dell'anno, tra i dodici come individuati. Ora si attende l'esito finale. Il FVG non fa nulla di nuovo con la sua proposta, sicuramente importante, ma è da leggere più come una pressione perché quanto normato a livello nazionale vada in porto che altro. E comunque il problema non è solo la questione dei giorni, ma anche degli orari. Non è possibile che i centri commerciali siano aperti a qualsiasi ora ed i negozi delle città no. E' necessario ritornare alla giusta normalità di un tempo. Una regolamentazione è necessaria anche in tale ambito. Senza commercio e negozi le città si svuotano e quanto accade a Monfalcone o Gorizia sarà sempre la norma. Regolamentazione che non ha alcun tipo di legame con il fatto di dover tutelare la famiglia od i valori tradizionali della famiglia. Sciocchezze. Quando si norma in materia di economia l'unico interesse è quello economico, il resto solo libere valutazioni di comodo. Le politiche liberiste come sostenute anche da alcuni esponenti della sinistra locale hanno comportato una concorrenza sleale e mortale nei confronti dei piccoli e medi operatori del settore, principale forza economica e vitale delle nostre città, per non parlare dei diritti dei lavoratori, soggetti ad incredibili pressioni, per non dire altro, ed a forme di flessibilità e precarietà allucinanti. La vita privata e sociale è andata in frantumi. Ora, parte della politica, anche di sinistra governativa, che è responsabile della morte dell'economia delle nostre città e località, cerca di fare un passo indietro, ma senza alcun mea culpa. Ma il danno è stato fatto e non sarà sufficiente chiudere i negozi per qualche giorno, perché se lo scopo di questa proposta è quella di colpire il sistema dei grandi centri commerciali, che si è voluto favorire, e ciò è evidente anche se non verrà mai ammesso, non sarà sufficiente limitare il tutto ad una banale chiusura di alcuni giorni. Si deve avere il coraggio di ritornare indietro, ma guardando avanti, per non far morire le nostre città, la loro e nostra economia. 

Marco Barone

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