Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Oggi l'Istria per gli italiani in genere è solo un luogo dove viversi le vacanze

Neanche trent'anni è durata l'occupazione italiana in Istria, e trent'anni son bastati perché il fascismo attuasse tutte le sue politiche di italianizzazione forzata, di violenze contro gli sloveni, i comunisti, gli antifascisti, contro chi si rifiutava di chinarsi a quel partito ed al suo regime, in tanti preferivano morire di fame piuttosto che per dover mangiare avere la tessera del partito fascista. E non è un caso se la resistenza contro il fascismo nascerà prima in Slovenia che in Italia. Trent'anni son bastati per seminare odio, intolleranza e distruggere quell'armonizzazione che sussisteva tra italofoni e sloveni, all'interno delle salde mura edificate dall'Impero Austro Ungarico. Si sa i nazionalismi sono sempre stati un male per l'integrazione, per il multiculturalismo. Eppure qualcuno continua a dire e scrivere che l'Istria sarebbe italiana da secoli se non millenni, calunnia e falsità storica assoluta. 
Venendo  all'oggi, di questo nuovo secolo e millennio, ove per andare in Slovenia non è più necessario fermarsi al “confine”, è stata inaugurato sulla superstrada Capodistria-Isola il traforo San Marco ma il mancato bilinguismo a tutela della minoranza italiana ha fomentato ondate di polemiche e critiche. 
L'Unione Italiana ha giustamente rilevato che a livello statale la lingua italiana è riconosciuta quale lingua ufficiale accanto allo sloveno dall’art. 11 della Costituzione della Repubblica di Slovenia. L’uso ufficiale delle lingue minoritarie è regolato inoltre dallaLegge sul pubblico utilizzo della lingua slovena del 2004 la quale prevede, all’art. 3, che nei Comuni d’insediamento storico delle Comunità Nazionali Italiana e Ungherese l’utilizzo pubblico della lingua italiana, rispettivamente ungherese, venga garantito allo stesso modo nel quale viene assicurato l’utilizzo della lingua slovena, conformemente a quanto previsto dalle specifiche leggi in materia. Le leggi per il rispetto delle minoranza devono essere garantite, contrariamente da quello che accade a Trieste, giusto per citare un caso. 
Ma quello che deve indurre alla riflessione è quanto scritto da Stefano Lusa nel sito di radiocapodistria: 
“La presenza della minoranza italiana oggi sul territorio è effimera ed è confinata praticamente soltanto alla sua dimensione istituzionale. L’innegabile alto grado di tutela e la sua rappresentanza garantita sono servite principalmente come ottimo biglietto da visita per presentarsi in Europa e meno a fornire strumenti per chiedere che i diritti vengano rispettati. Sicuramente la tabella, con la mancata dicitura in italiano, non sarà una preoccupazione per il premier Miro Cerar, che domani taglierà il nastro e non lo è nemmeno per la Società autostrade che per ora ha pensato bene di non rispondere alla minoranza. A rispondere c’hanno pensato però i cittadini in rete e lo hanno fatto alla loro maniera. E’ bastata una lettera di protesta alla DARS per far emergere che per questa parte di Slovenia gli italiani sono un terribile scocciatura. Alla prova dei fatti il peso politico, culturale e sociale degli italiani in questo territorio è diventato quasi insignificante. Nessuno può negare che oggi più di ieri, nella nostra regione, la multiculturalità è più viva che mai, ma inutile illuderci, lo “spazio culturale italiano unitario” di cui Capodistria, Isola e Pirano indubbiamente facevano parte è quasi del tutto dissolto. Oggi, nei tre paesini della costa slovena le interazioni arrivano da Croazia, Bosnia, Serbia e dal resto dei Balcani”. 
Ed è vero, così come è innegabile che per gli italiani oggi l'Istria è un luogo dove andarsi a fare delle meravigliose vacanze, salvo per qualche nostalgico dell'italiano “brava gente” che confida, tramite organizzazione politiche irredentistiche che andrebbero bandite, nel “ritorno” dell'Istria all'Italia, ma se lo possono ben scordare, perché il futuro si chiama Europa, senza più nazionalismi e senza più confini. Certo, delle provocazioni ancora sussistono, tra il confine, senza più confine, tra Italia e Slovenia, e non devono essere sottovalutate, ma si tratta di sfoghi di persone che non avendo nulla di meglio da fare nella propria ordinaria giornata, si dilettano a trascorrere il loro tempo fomentando tensioni. Ma questi focolai non hanno più alcuna vita, periscono sul nascere, perché le nuove generazioni vogliono una società cosmopolita .

Marco Barone

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