Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Ronchi e Grande Guerra: quella lapide “nell'attesa della resurrezione” per i caduti austriaci

Il 2015 segna l'inizio del centenario dell'entrata in guerra da parte del Regno d'Italia e sarà interessante analizzare, capire, studiare il come ciò verrà ricordato, celebrato in quelle terre che italiane non erano mai state ma che dall'Italia vennero conquistate a colpi di morte. Il collettivo Wu Ming chiama...

E provo a rispondere, per ora, con questo breve post. Che Ronchi abbia conosciuto la sua ricchezza, sia essa sociale che culturale sotto l'Impero è fatto innegabile e non a caso presto avrà una piazza intitolata all'Imperatore Francesco Giuseppe I d’Asburgo – Lorena, intitolazione nei confronti della quale ho già manifestato ed espresso diverse perplessità (rinvio a questo link ). Verso la fine del 2014 nel locale cimitero, innanzi al quale sorge l'orribile monumento ai legionari di D'Annunzio in ricordo dell'occupazione di Fiume, avvenuta il 12 settembre 1919,  è stata inaugurata, come “atto di riappacificazione” una lapide collocata sulla facciata della cappella. Opera, come ha evidenziato il Piccolo, voluta dall'amministrazione comunale e dalla parrocchia di San Lorenzo”. Che Ronchi abbia il dovere di ricordare il suo passato è doveroso. Sono tante le abitazioni private ove ancora si conservano i ritratti dell'imperatore, così come sono tante le famiglie che hanno visto il loro cognome austriaco, essere italianizzato, così come accaduto per sloveni, croati ecc ed ovviamente sotto il fascismo. Un decreto pubblicato sulla gazzetta ufficiale del Regno, che richiamava il provvedimento adottato dalla Prefettura di Trieste, perché Ronchi fino al '47 faceva parte della provincia di Trieste, che ha ucciso l'identità plurisecolare di intere generazioni con la formula della restituzione italiana. Follia burocratica diventata tristemente nota tetra e reale.

Però l'interrogativo che sorge è il seguente, perché l'unica targa o meglio lapide che ricorda i caduti di Ronchi che hanno combattuto per la propria patria imperiale, che hanno difeso i territori dall'invasore italiano che ha frantumato l'alleanza e lo stato di neutralità ad un prezzo enorme, pagato da chi oggi è ricordato come milite ignoto, come numero, come nome senza età, quando va bene, deve essere religiosa? Perché scrivere in attesa di resurrezione? La laicità nei monumenti così detti storici deve essere un dogma assoluto da rispettare, specialmente quando questi piccoli frammenti di storia vengono edificati nell'epoca ove le Costituzioni dei Paesi interessati sono fondate sul principio della laicità. E poi siamo certi che tutti i cinquecento morti di Ronchi per l'Impero uccisi durante la prima guerra mondiale fossero cattolici? E poi, perché scrivere nelle "file dell'esercito Austro Ungarico"? Una frase che potrebbe indurre ad una faziosa lettura,perché Ronchi apparteneva all'Impero da secoli ed era normale che chi decideva, perché costretto o per scelta, ad impugnare le armi per difendere l'Impero e la propria terra lo facesse per la propria patria e non per le "file nemiche" quali quelle italiane, almeno in quel tempo storico. Una frase che lascia intendere, indirettamente, che erano soldati ma pur sempre italiani, che parlavano l'italiano, italiani che hanno combattuto per l'esercito sbagliato.Stesso discorso per la retorica, che continua a perseverare, dei "caduti".Perché caduto riconduce alla mente, dopo i "bombardamenti mediatici" subiti nel corso delle epoche, che hanno imposto l'omologazione del soldato eroe, bello e sorridente, tenace ed audace, appunto all'immagine plastificata del soldato cavaliere ed eroe, un cavaliere non errante ed eroe che non teme la morte che può sempre rialzarsi, anche dopo la brutale morte. No, avrebbero potuto scrivere, per esempio, semplicemente ai soldati di Ronchi morti per l'Impero Austro Ungarico nella Prima Guerra Mondiale. 
Ma così non è stato.

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