C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Continua la ricerca dell'infoibato che non c'è, una proposta di legge che proroga i termini e non solo



Giorgia Meloni, definita dal circuito mediatico come la Le Pen italiana, ma trattasi di sopravvalutazione, come è noto è alla guida di un partito quale Fratelli d'Italia che alle Europee ha ricevuto circa un milione di voti. 
Ciò grazie anche ai media che le hanno dato la possibilità, invitandola continuamente, cosa che sussiste ancora oggi, nei principali programmi televisivi mediatici, di avere enorme visibilità, stesso discorso accade strumentalmente con Salvini e con il suo partito che era sull'orlo dell'estinzione, soggettività che potrebbero essere semplicemente ignorate ma che trovano invece sempre ingiustificato spazio, ebbene, la "Le Pen" italiana ha presentato una proposta di legge che forse farà discutere.  
Alla strumentale, per ragioni nazionalistiche, legge sul giorno del ricordo, si vuole aggiungere un comma che così afferma: “ In mancanza di parenti in vita, o in mancanza di esplicito interesse da parte degli stessi, la domanda di cui al comma 1 può essere presentata altresì da enti pubblici o privati, quali amministrazioni pubbliche, enti locali, associazioni culturali, centri di ricerca, università e altri che, a vario titolo, si occupano di ricostruire le vicende storiche dell’epoca e delle vittime di quelle tragedie”. Il comma 1 dell'articolo 3, attuale, afferma, invece, che : “Al coniuge superstite, ai figli, ai nipoti e, in loro mancanza, ai congiunti fino al sesto grado di coloro che, dall'8 settembre 1943 al 10 febbraio 1947 in Istria, in Dalmazia o nelle province dell'attuale confine orientale, sono stati soppressi e infoibati, nonche' ai soggetti di cui al comma 2, e' concessa, a domanda e a titolo onorifico senza assegni, una apposita insegna metallica con relativo diploma nei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo7, comma 1.”
A dieci anni dall'entrata in vigore di tale legge sono state concesse e consegnate 838 medaglie con relativo diploma. Ma non dovevano essere centinaia di migliaia? Ed allora non riuscendo ad ottenere numeri utilizzabili per la propaganda nazionalistica finalizzata a fomentare tensioni in quelle terre che vengono ancora oggi contese, cosa si decide di fare? Che all'insaputa dei diretti interessati( parenti ed eredi), senza contegno alcuno, tramite l'opera, la mano, delle realtà, che già ricevono corposi finanziamenti dallo Stato italiano in materia, ma anche da parte di altri e chi sarebbero questi altri non è dato sapere, di ampliare la lista delle persone così dette infoibate. A ciò si aggiunge la previsione di un maggior contributo integrativo a favore della Società di studi fiumani che ha la proprietà dell'archivio museo storico di Fiume, pari ad euro 70.000 euro annui a decorrere dall’anno 2014. Nel sito catalogo archivio del novecento, a proposito di queste realtà si legge che : “ La Società di studi fiumani nacque a Fiume (oggi Rijeka in Croazia) nel 1923, dalla disciolta Deputazione fiumana di storia patria istituita nel 1909 soprattutto per l'incitamento del giovane intellettuale fiumano Egisto Rossi (1881-1908), il quale sperava che si realizzasse una storia di Fiume e che si creasse al contempo un archivio storico della città. Al principio del II conflitto mondiale la Società era stata costretta a sciogliersi e fu assorbita dalla Deputazione di storia patria delle Venezie. Il 27 novembre 1960, dietro espressa iniziativa di Attilio Depoli e di altri intellettuali fiumani (Enrico Burich - in quegli anni direttore dell'Istituto italo-germanico di Roma - Giorgio Radetti, Gian Proda, Casimiro Prischich e Vincenzo Brazzoduro) la Società fu ricostituita a Roma: il primo presidente eletto fu Attilio Depoli. Il contesto storico che fa da sfondo alla sua ricostituzione è la tragedia, alla fine del secondo conflitto mondiale, dell'esodo dei fiumani, giuliani e dalmati dalle terre d'origine.La sconfitta dell'Italia comportò l'occupazione da parte delle truppe jugoslave di Tito delle terre che vennero incorporate definitivamente nella nuova Jugoslavia federativa in seguito al trattato di pace di Parigi (10 febbraio 1947). Il regime comunista jugoslavo, instauratosi a Fiume dal 3 maggio 1945, risultò assolutamente incompatibile con i sentimenti, le speranze e le abitudini di vita dei fiumani italiani, che gradualmente iniziarono ad abbandonare la loro città (…) Dal 1963 la Società si è fatta carico di gestire l'Archivio Museo storico di Fiume, al fine di valorizzare al meglio e di tramandare alle future generazioni la storia e l'identità culturale fiumana, istriana e dalmata di tradizione italiana. L'archivio fiumano è stato poi dichiarato di "notevole interesse storico" dalla Soprintendenza archivistica per il Lazio con decreto 103111 del 20/02/1987. Infine l'Archivio Museo storico di Fiume è riconosciuto e tutelato nell'ambito della legge 30/03/2004 n. 92, che ha istituito il "Giorno del ricordo" in memoria delle vittime delle foibe e dell'esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e stabilito la concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati". Alla faccia della oggettività storica. 
Ed il tutto accade mentre  più voci propongono di realizzare reazionarie liste di proscrizione, nei confronti di chi sostiene, attraverso fatti, documenti, elementi oggettivi, una ricostruzione storica delle vicende del confine orientale, per usare un termine di Wu Ming, priva di tossine, tossine nazionalistiche, tossine reazionarie, tossine che fomentano la propaganda della menzogna per quella memoria condivisa che vuole trasformare la resistenza in guerra civile, ad esempio,che vuole terre vissute da secoli  da comunità slovene,croate,serbe, come da sempre italiane, memoria condivisa che vuole deresponsabilizzare l'Italia, nel nome di quel vittimismo che ha coperto atrocità e crimini contro l'umanità ancora oggi impuniti e conferendo la colpa sempre a quell'altro, altro che poteva essere un precedente alleato colpito alle spalle, altro che poteva essere un simbolo da emulare e poi ripudiare,altro che era ed è il parafulmine delle proprie colpe.
 

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