C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Giorgiana Masi, ancora nessuna giustizia e verità ufficiale


Nella seduta parlamentare del 13 maggio 1977, Pannella, gridava :“la verità si farà strada”. No, la verità non ha fatto nessuna strada e con essa anche la così detta ed invocata giustizia. A Roma, in quel maggio 1977, vi era l'ordinanza prefettizia che vietava ogni manifestazione fino al 31 maggio. Era la prima volta, nella storia della vita di Roma, dalla caduta del fascismo, che si attuava un divieto di simile portata. I radicali convocarono una manifestazione per festeggiare la vittoria del referendum sul divorzio. Così si pronunciò la Bonino nel 13 maggio del 1977 “in piazza Navona, alla stessa ora, vi è stata una festa della televisione. Questo è quello che noi abbiamo saputo fare a questo punto. E l’abbiamo ancora cercato ripetutamente ( Cossiga ndr). Il mattino dopo - ella lo sa - C’è stata una presa di posizione dei sindacati. Noi abbiamo detto che non ne avremmo fatta più una manifestazione politica, perché, in fondo, non ci importava, dal momento che ci interessava la festa, il ritrovarci per firmare e per celebrare la ricorrenza del referendum sul divorzio. Ella le sa queste cose. Perché, dunque, ancora oggi ha avvalorato qui l’ipotesi della sfida?”


Già, perché Cossiga così ricostruirà le vicende del 12 maggio 1977 che condussero alla morte di Giorgina Masi : “Verso le ore 15,45, con azione improvvisa, circa 300 dimostranti hanno attaccato le forze di polizia in piazza San Pantaleo con il lancio di bottiglie molotov e sassi … per cui i tutori dell’ordine hanno fatto ricorso al lancio di  lacrimogeni. Successivamente, sempre nella piazza San Pantaleo, la polizia è stata nuovamente attaccata con il lancio di bottiglie incendiarie dai dimostranti, che, per sfuggire ai tutori dell’ordine, si sono rifugiati nei vicoli della zona di Campo de’ Fiori, tentando con ciò di attirarvi la forza pubblica, come altre volte era avvenuto, con la nota tecnica della guerriglia urbana già sperimentata in quella zona. Poco dopo, altri gruppi di dimostranti, sempre con il lancio di bottiglie molotov, impegnavano i reparti di polizia dislocati nel largo Argentina, ma venivano respinti lungo il corso V. Emanuele. Contemporaneamente, altri nuclei di polizia venivano fatti oggetto di aggressione da parte dei manifestanti nella zona di piazza delle Cinque Lune e di piazza di Tor Sanguigna. Nuovi incidenti sono avvenuti, tra le ore 17 e le ore 19,30, nella zona di piazza San Pantaleo e di largo Argentina, nonché all'inizio di via Arenula, ove  è stata eretta una barricata, poi rimossa dalla forza pubblica. Altra barricata e stata rimossa in corso Vittorio Emanuele e sul ponte Garibaldi, dove i dimostranti avevano collocato di traverso alcuni automezzi Durante questi ultimi, gravi episodi sono stati pure svuotati i serbatoi di talune autovetture, il cui carburante, versato sul piano stradale, è stato dato alle fiamme creando così una barriera di fuoco che ha reso difficile il tempestivo intervento della forza pubblica. L’accresciuta tensione e gli aggravati pericoli che potevano derivare da questa aberrante bravata, tenevano impegnate le forze di polizia all'imbocco di ponte Garibaldi. E proprio in questo momento che,all'altezza di piazza Belli, cioè dall'altra parte del ponte Garibaldi, è stata uccisa la giovane Giorgina ( nota come Giorgiana) Masi, raggiunta all'addome da un colpo di pistola. Dai primi accertamenti e dalle prime testimonianze rese, è risultato che la Masi, insieme ad altri giovani, si stava allontanando verso viale Trastevere”.
Ricostruzione ovviamente faziosa e di parte.

Si rischiò in quella mattinata, il massacro di quasi 300 giovani assediati a Campo dè Fiori, i quali reagirono, all'assedio ingiustificato, da parte delle forze dell'ordine, nell'unico modo in cui potevano reagire difendersi con mezzi di fortuna. Vi erano squadre speciali in borghese, su cui più volte sono state sollevate interrogazioni parlamentari e mai sono pervenute risposte degne di nota. Vi sono state, diverse testimonianze, che ben evidenziavano il comportamento a dir poco assurdo ed arbitrario come assunto dalle forze dell'ordine. Per esempio, nella seduta successiva ai tragici eventi del 12 maggio, si ricorderà che “ Passa una jeep della polizia, si solleva la capotta di tela posteriore e punta un fucile con un candelotto innestato. L’agente che lo impugna spara da non più di cinque metri contro un giovane, colpendolo alla schiena. Il giovane crolla a terra urlando aiuto. Altri quattro poliziotti saltano giù dalla camionetta, con i manganelli e si avventano sul ragazzo, lasciandolo sul marciapiede sanguinante”.
Oppure la testimonianza del deputato Gorla : "un capitano di polizia e un tenente dei carabinieri, in un momento in cui non si prospettava alcuna minaccia all'ordine pubblico,visto che erano presenti soltanto una quindicina di giovani manifestanti che stavano camminando con le mani sopra la testa, e che sono stati immediatamente brutalizzati, dopo che mi ero chiaramente qualificato come parlamentare, ed hanno brutalizzato ed insultato anche me”.

“Se vi è chi ha ritenuto, cinicamente, di fare ieri( 12 maggio 1977) una prova generale per altre già preannunziate manifestazioni, che dovrebbero vedere uniti nella capitale gli autori delle gesta che hanno così profondamente turbalo la vita di Bologna e quella di Roma, spero abbia compreso che non si intende tollerare incidenti che possano aggravare la situazione dell’ordine e della sicurezza pubblica a Roma ed altrove e che il Governo intende far rispettare l’ordine e la legalità con tutte le misure preventive e repressive consentite e con tutti i mezzi di cui le forze di polizia dispongono”.

Queste ulteriori parole di Cossiga, pronunciate verso la fine delle interrogazioni parlamentari, in relazione all'omicidio di Giorgiana Masi, sono eloquenti. Quello era l'ordine impartito, garantire il divieto di manifestare, far rispettare l'ordine imposto, con qualsiasi mezzo, a qualsiasi costo. Ogni provocazione, ogni pretesto, andava represso, come esempio. Eppure il fascismo era caduto da pochi anni, eppure l'Italia si trovava a vivere situazioni degne del peggior regime fascista.

“I fotografi venivano aggrediti perché fotografavano ragazzi che non c’erano, che arrivavano, che non sapevano cosa stesse accadendo. Non un grido, non una manifestazione, non un’assemblea ! Alle 15,10, qualcuno dice: ma questi stanno per sparare ! Chi? Questi ! Quali? E li abbiamo fotografati, onorevole ministro dell’interno” concluderà Emma Bonino una triste e scontata seduta parlamentare, che poi riprenderà il suo ordinario corso. Giorgiana Masi è stata uccisa dal sistema, si è sparato nel mucchio, lei è caduta, poteva essere un qualsiasi altra persona, ma il destino nero, così ha deciso, un destino non figlio della casualità, ma di una volontà e regia unica e specifica.


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