Nella seduta parlamentare
del 13 maggio 1977, Pannella, gridava :“la verità si farà
strada”. No, la verità non ha
fatto nessuna strada e con essa anche la così detta ed invocata giustizia. A Roma, in quel maggio
1977, vi era l'ordinanza prefettizia che vietava ogni manifestazione
fino al 31 maggio. Era la prima volta, nella
storia della vita di Roma, dalla caduta del fascismo, che si attuava
un divieto di simile portata. I radicali convocarono
una manifestazione per festeggiare la vittoria del referendum sul
divorzio. Così si pronunciò la
Bonino nel 13 maggio del 1977 “in piazza Navona, alla stessa ora,
vi è stata una festa della televisione. Questo è quello che noi
abbiamo saputo fare a questo punto. E l’abbiamo ancora cercato
ripetutamente ( Cossiga ndr). Il mattino dopo - ella lo sa - C’è
stata una presa di posizione dei sindacati. Noi abbiamo detto che
non ne avremmo fatta più una manifestazione politica, perché, in
fondo, non ci importava, dal momento che ci interessava la festa, il
ritrovarci per firmare e per celebrare la ricorrenza del referendum sul divorzio. Ella le sa queste cose. Perché, dunque, ancora oggi
ha avvalorato qui l’ipotesi della sfida?”
Già, perché Cossiga
così ricostruirà le vicende del 12 maggio 1977 che condussero alla
morte di Giorgina Masi : “Verso le ore 15,45, con azione
improvvisa, circa 300 dimostranti hanno attaccato le forze di
polizia in piazza San Pantaleo con il lancio di bottiglie molotov e
sassi … per cui i tutori
dell’ordine hanno fatto ricorso al lancio di lacrimogeni. Successivamente, sempre nella piazza San Pantaleo, la
polizia è stata nuovamente attaccata con il lancio di bottiglie
incendiarie dai dimostranti, che, per sfuggire ai tutori
dell’ordine, si sono rifugiati nei vicoli della zona di Campo de’
Fiori, tentando con ciò di attirarvi la forza pubblica, come altre
volte era avvenuto, con la nota tecnica della guerriglia urbana già
sperimentata in quella zona. Poco dopo, altri gruppi di dimostranti,
sempre con il lancio di bottiglie molotov, impegnavano i reparti di
polizia dislocati nel largo Argentina, ma venivano respinti lungo il
corso V. Emanuele. Contemporaneamente, altri nuclei di
polizia venivano fatti oggetto di aggressione da parte dei
manifestanti nella zona di piazza delle Cinque Lune e di piazza di
Tor Sanguigna. Nuovi incidenti sono avvenuti, tra le ore 17 e le ore
19,30, nella zona di piazza San Pantaleo e di largo Argentina, nonché all'inizio di
via Arenula, ove è stata eretta una barricata, poi rimossa dalla
forza pubblica. Altra barricata e stata rimossa in corso Vittorio
Emanuele e sul ponte Garibaldi, dove i dimostranti avevano collocato di
traverso alcuni automezzi Durante questi ultimi, gravi episodi sono
stati pure svuotati i serbatoi di talune autovetture, il cui
carburante, versato sul piano stradale, è stato dato alle fiamme
creando così una barriera di fuoco che ha reso difficile il
tempestivo intervento della forza pubblica. L’accresciuta tensione
e gli aggravati pericoli che potevano derivare da questa aberrante
bravata, tenevano impegnate le forze di polizia all'imbocco di
ponte Garibaldi. E proprio in questo momento che,all'altezza di
piazza Belli, cioè dall'altra parte del ponte Garibaldi, è stata
uccisa la giovane Giorgina ( nota come Giorgiana) Masi, raggiunta all'addome da un colpo di pistola. Dai
primi accertamenti e dalle prime testimonianze rese, è risultato che
la Masi, insieme ad altri giovani, si stava allontanando verso
viale Trastevere”.
Ricostruzione ovviamente
faziosa e di parte.
Si rischiò in quella
mattinata, il massacro di quasi 300 giovani assediati a Campo dè
Fiori, i quali reagirono, all'assedio ingiustificato, da parte delle
forze dell'ordine, nell'unico modo in cui potevano reagire difendersi
con mezzi di fortuna. Vi erano squadre speciali
in borghese, su cui più volte sono state sollevate interrogazioni
parlamentari e mai sono pervenute risposte degne di nota. Vi sono state, diverse
testimonianze, che ben evidenziavano il comportamento a dir poco
assurdo ed arbitrario come assunto dalle forze dell'ordine. Per esempio, nella seduta
successiva ai tragici eventi del 12 maggio, si ricorderà che “
Passa una jeep della polizia, si solleva la capotta di tela
posteriore e punta un fucile con un candelotto innestato. L’agente
che lo impugna spara da non più di cinque metri contro un giovane,
colpendolo alla schiena. Il giovane crolla a terra urlando aiuto.
Altri quattro poliziotti saltano giù dalla camionetta, con i
manganelli e si avventano sul ragazzo, lasciandolo sul marciapiede
sanguinante”.
Oppure la testimonianza
del deputato Gorla : "un capitano di polizia e un tenente dei
carabinieri, in un momento in cui non si prospettava alcuna minaccia
all'ordine pubblico,visto che erano presenti soltanto una
quindicina di giovani manifestanti che stavano camminando con le mani sopra la testa, e che
sono stati immediatamente brutalizzati, dopo che mi ero chiaramente
qualificato come parlamentare, ed hanno brutalizzato ed insultato
anche me”.
“Se vi è chi ha
ritenuto, cinicamente, di fare ieri( 12 maggio 1977) una prova
generale per altre già preannunziate
manifestazioni, che dovrebbero vedere uniti nella capitale gli autori
delle gesta che hanno così profondamente turbalo la vita di
Bologna e quella di Roma, spero abbia compreso che non si intende
tollerare incidenti che possano aggravare la situazione dell’ordine
e della sicurezza pubblica a Roma ed altrove e che il Governo intende
far rispettare l’ordine e la legalità con tutte le misure
preventive e repressive consentite e con tutti i mezzi di cui le
forze di polizia dispongono”.
Queste ulteriori parole
di Cossiga, pronunciate verso la fine delle interrogazioni
parlamentari, in relazione all'omicidio di Giorgiana Masi, sono
eloquenti. Quello era l'ordine
impartito, garantire il divieto di manifestare, far rispettare l'ordine imposto, con qualsiasi mezzo, a
qualsiasi costo. Ogni provocazione, ogni
pretesto, andava represso, come esempio. Eppure il fascismo era
caduto da pochi anni, eppure l'Italia si trovava a vivere situazioni
degne del peggior regime fascista.
“I fotografi venivano
aggrediti perché fotografavano ragazzi che non c’erano, che
arrivavano, che non sapevano cosa
stesse accadendo. Non un grido, non una manifestazione, non
un’assemblea ! Alle 15,10, qualcuno dice: ma questi stanno per
sparare ! Chi? Questi ! Quali? E li abbiamo fotografati, onorevole
ministro dell’interno” concluderà Emma Bonino una triste e
scontata seduta parlamentare, che poi riprenderà il suo ordinario
corso. Giorgiana Masi è stata
uccisa dal sistema, si è sparato nel mucchio, lei è caduta, poteva
essere un qualsiasi altra persona, ma il destino nero, così ha deciso,
un destino non figlio della casualità, ma di una volontà e regia
unica e specifica.
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