C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

La ratifica del trattato di Pace del 1947 e l'astensione dei Comunisti e la questione Trieste

Alle ore 19.00 circa del 31 luglio del 1947, dopo diversi giorni di discussioni, dibattiti, polemiche, preoccupazioni e perplessità, maturate in sede parlamentare dal 24 luglio nella seduta pomeridiana, verrà ratificato il Trattato di Pace del 1947.
410 erano i parlamentari presenti, e la ratifica verrà approvata a scrutinio segreto con 262 voti favorevoli, 68 contrari e 80 astenuti.
L'astensione sarà quella del Partito Comunista. La discussione, come scritto, inizierà, nella seduta pomeridiana del 24 luglio 1947 in un Parlamento che sarà chiamato con urgenza a ratificare ciò che venne firmato,come lo definirà il Ministro degli Affari Esteri di allora, un accordo “doloroso”, e si imputerà la responsabilità della firma del 10 febbraio a De Gasperi , dunque alla mano unilaterale del Governo.
Un Trattato di Pace, la cui ratifica veniva richiesta in modo urgente, dalla Democrazia Cristiana, che condusse una campagna in modo definito non opportuno da Togliatti attorno al Trattato. Infatti, i democristiani negarono, per lungo tempo, che esso potesse essere firmato e ratificato e gettarono, contro i quali affermavano invece che poteva essere firmato e ratificato, le peggiori accuse. E sarà in quel tempo lo stesso partito, la DC,a richiedere in via urgente la ratifica al parlamento italiano.
E sarà questa perplessità, sul metodo oltre che sul contenuto del Trattato, che dominerà il dibattito in aula e che spingerà i comunisti all'astensione. Un Trattato che non terrà assolutamente conto della resistenza, della risposta che gli italiani, i partigiani, hanno dato al fascismo tramite la resistenza, un Trattato pesante che de facto ha ignorato la resistenza. 

“Un Trattato che avrebbe potuto essere migliore se dal momento in cui Roma fu liberata, lo sforzo unitario patriottico che animava le masse del popolo fosse riuscito ad ispirare una differente politica estera”. Queste saranno alcune della parole di Togliatti che rimarranno impresse, nella storia di quel dibattito di fuoco, sotto una pressione della stampa nazionale che temeva l'atto di mancata ratifica parlamentare e la conseguente ritorsione da parte americana in primis.
Si imputeranno molte delle responsabilità, per il modo in cui è stato concepito quel Trattato, alla politica estera democristiana che fu totalmente dominata da ideologie prevalentemente irredentiste che hanno diviso il popolo italiano. Togliatti ricorderà anche che Badoglio ottenne il riconoscimento di un governo italiano rappresentativo di tutta Italia da parte dell'Unione Sovietica ed in quel modo riusci a svincolare l'Italia dalla posizione di Stato nemico. E lo stesso Togliatti punterà il dito contro Bonomi, accusandolo di essere stato il principale responsabile delle misere concessioni ottenute nel memoriale Mac Millan e dunque se il Trattato di Pace, a cui erano chiamati a firmare era quello che era, un non buon trattato, la responsabilità era da ricollegare alle politiche reazionarie di casta italiane.
I punti salienti del memoriale Mac Millan erano i seguenti: il controllo armistiziale da esercitare in futuro solamente se richiesto da militari alleati; l'abolizione della sezione politica della Commissione Alleata; l'emanazione di decreti e leggi da parte del governo italiano libera dall'approvazione della Commissione Alleata; il ritiro di tutti gli organi periferici alleati in territorio italiano a partire dal 1 aprile 1945;aiuti da parte degli Alleati all'Italia sotto-forma di merci,materie prime, e aumento di produzione. Ma si accusava anche l'ignoranza e le volute ostilità con la Jugoslavia.Se queste non ci fossero state probabilmente il problema delle frontiere orientali avrebbe potuto essere risolto in modo diverso.
Vi era la possibilità di far ottenere un regime autonomo alla città di Trieste degno di questo nome.
Per non parlare di quelle frasi di Togliatti, pronunciate sempre durante il dibattito parlamentare per la ratifica del Trattato del 47, che saranno profetiche in relazione agli accordi imposti commerciali con l'America “ è assurdo pensare che i nostri imprenditori vadano ad aprire imprese negli Stati Uniti,noi avremmo invece bisogno di libertà di immigrazione per la nostra mano d'opera. Questa non ci sarà data, ma l'imprenditore americano verrà liberamente da noi a schiacciare la nostra iniziativa”. Insomma, quel trattato significava “accettare le tradizioni americane ,piegare il collo davanti al capitale monopolistico americano , non è per questo che si è combattuto contro il fascismo ma per la libertà d'Italia e per dare all'Italia un regime democratico nuovo”. E' interessante, in merito alla questione di Trieste, ricordare quanto disse Pajetta,durante la seduta della Camera dei Deputati il 22 aprile 1950: “[...] E successivamente, dopo la conclusione della guerra, quando gli jugoslavi del partito comunista e il governo di Belgrado rivendicarono l’istituzione, come frutto della vittoria, di una settima repubblica federale, comprendente la zolla di Trieste fino a Gorizia, quale fu la posizione dei comunisti italiani ? [...] Ebbene, nel suo rapporto al comitato centrale, al quinto congresso del partito comunista italiano, tenuto a Roma il 29 dicembre 1945, il segretario generale del nostro partito, il nostro compagno Togliatti, diceva: (( Per quel che riguarda la questione di Trieste, essa è!per noi molto delicata. Gli operai di Trieste hanno preso un atteggiamento favorevole alla annessione della città allo Stato federale jugoslavo. All'epoca la soluzione era stata la seguente: ((Riteniamo che la funzione degli operai di Trieste sia quella di lottare insieme a noi contro le forze reazionarie italiane e di servire, come mediatori fra i due popoli, a trovare una soluzione di questo problema che elimini ogni motivo di dissenso tra i due popoli, spenga ogni scintilla di lotta nazionalistica tanto dall’una che dall’altra parte, e permetta di fare opera permanente di pace N. […] Successivamente, quando la situazione sembrava essere avvelenata da una serie di dispute, vi fu il viaggio dell’onorevole Togliatti a Belgrado e il suo colloquio con Tito. Togliatti ottenne il riconoscimento della italianità della città di Trieste. E lo ottenne da Tito ! […]
Si farà anche riferimento alla nota sovietica del 20 aprile 1950 al PCI “Nella recente nota sovietica ho trovato delle cose che mi pare non possano preoccupare gli italiani. In questa nota sta scritto: “In base agli stessi regolamenti, dal momento dell’entrata in carica del governatore, le truppe straniere di stanza nel Territorio ed il cui numero per quell’epoca deve essere ridotto a 5 mila uomini per ognuno degli Stati partecipanti all’occupazione di Trieste, debbono essere poste a disposizione del governatore per novanta giorni. Allo scadere di questo termine, tutte le truppe straniere debbono essere ritirate dal T.L.T., entro 45 giorni”. Le disposizioni si applicano dunque per tutte le truppe straniere, ed è ridicolo quindi giocare sull’equivoco di affermare che si tratta soltanto delle truppe anglo-americane. “In base alle clausole del trattato di pace - prosegue la nota sovietica - dovevano le truppe straniere cioè essere evacuate da Trieste verso la fine del gennaio 1948” [...] E se questo si fosse realizzato, quei morti non sarebbero morti, e quei deportati non sarebbero stati strappati alle loro case. (..) Ecco perché noi abbiamo accolto questa proposta, ed ecco perché noi oggi vorremmo che potesse essere realizzato quello che ancora non è stato fatto. Ma che cosa sarebbe avvenuto se il Territorio Libero fosse stato amministrato diversamente? Abbiamo avuto le elezioni del 12 giugno, malgrado certe limitazioni, e l’intervento anche sfacciato, del governo alleato, come pure la inflazione del corpo elettorale, ecc. Il Territorio Libero ha dimostrato che potrebbe governarsi da se. Non vedo dunque quale è la preoccupazione da parte vostra quando avete avuto una maggioranza di voti, e quando affermate di essere sicuri di questa maggioranza. Noi vorremmo sapere che cosa avevate da temere voi perché le elezioni si estendessero a tutto il territorio. E permettetemi di ricordarvi, soltanto per inciso che, dopo aver condotto per tanti mesi un' imprudente, una calunniosa campagna contro i comunisti triestini, palazzo Chigi, dopo quelle elezioni, si è affrettato a fare una dichiarazione per iscrivere fra gli italiani di Trieste anche i comunisti, perché avevano avuto una notevole affermazione, perché non erano stati liquidati, com’era nelle vostre speranze. Ma permettetemi una citazione ancora. Si tratta questa volta di un articolo del nostro compagno Togliatti dove ci sono parole che acquistano oggi un particolare significato. “Voi avete creduto alle promesse che sono state fatte, volete crederci e volete accontentarvene ancora. Ma noi fin da allora abbiamo denunziato il pericolo che era insito in quella politica. Il 26 marzo 1948, proprio dopo la dichiarazione tripartita, Togliatti ricordava un suo colloquio con Salvatore Contarini e diceva, parlando della conversazione che aveva avuto con questo diplomatico, come Contarini ad un tratto, rispondendo ad una osservazione dello stesso Togliatti che si domandava se forse la Politica di Bonomi era ispirata dal desiderio, di ricevere dagli anglosassoni Trieste, diceva: “No, gli anglosassoni non daranno Trieste all’Italia, nè alla Jugoslavia: la lasceranno pendere in mezzo ai due paesi. Se ne serviranno, se potranno, per rafforzare un regime loro alleato al di là dell’Isonzo, altrimenti la terranno sospesa fino ad una nuova guerra e la offriranno a noi per farci fare ancora una guerra per conto loro”.  


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