Percorrendo
la Costiera, una delle strade più belle d'Italia, tra Carso e golfo
triestino, tra colori in continuo mutamento e pensieri sospesi in
quella infinità che avvolge ogni ragione umana, giungerai presso la
galleria di Dante, o di Pinocchio, o di Mussolini o semplicemente del
bacio, come io voglio chiamarla.
I
nomi variano in base alla tradizione, ciò perché a colpi di
dinamite e scavi impegnativi, sulla perpendicolare della volta ecco
apparire un profilo di un volto umano.
In
molti hanno visto in quel profilo il volto immortalato nella dura
roccia carsica di Dante Alighieri, altri invece dicono di vedere la
sagoma di Pinocchio, altri ancora invece il volto di Mussolini ed in
base a ciò emerge anche una tradizione costiera a dir poco
singolare.
Nell'atto
di attraversare quella splendida galleria, alla velocità consentita
di 8o km/h, dovrai suonare tre volte il clacson. Uno
strumento, il clacson, inventato nei primi del 1900 e
commercializzato intorno al 1914 e si dice che gli operai mentre
costruivano la costiera, attraversando quella galleria salutavano con
tre colpi di clacson, all'inizio lavori e fine lavori, la sagoma di
Pinocchio.
Altri
ancora invece suonavano tre volte il clacson per rendere omaggio al
volto presunto di Mussolini, altri ancora semplicemente a Dante ed i
tre colpi di clacson, ricordando i canti danteschi, erano una sorta
di buon auspicio affinché il viaggio intrapreso giungesse a buona
fine.
Oppure
si doveva semplicemente ripetere tre volte viva Dante ed esprimere un
desiderio.
Ma
esiste anche la tradizione che vuole ai tre colpi di clacson la
condivisione del bacio con il proprio amato o la propria amata da
vivere proprio nel momento in cui si esce della galleria.
I
tre colpi di clacson verranno suonati all'interno della galleria a
cui si affida la protezione del proprio amore e non appena usciti
dalla galleria si dovrà scambiare un bacio volante e vibrante.
Un
bacio ove rischio ed amore ed amore e rischio si fondono in quella
immortalità e tradizione che consente all'essere umano di sentirsi
semplicemente più folle ma anche umano.
Ed
è per questo motivo che io quella galleria non la chiamerò né di
Dante, né di Pinocchio o di Mussolini, ma semplicemente la galleria
del bacio, perché il bacio è la massima espressione di quella
emozione che ha la capacità di trasformare anche una strada, per
quanto bella, nella via dell'eterno sospirato amore.
Dunque
anche Trieste ha il suo simbolo dell'amore, come Verona o come Terni,
ovvero la galleria del bacio. Un bacio che qualcuno ha voluto
chiudere con un lucchetto, in quella tradizione che Parigi,
Roma, Firenze, Londra e tante città ancora, hanno conosciuto e forse
conoscono ancora ovvero i lucchetti dell'amore.
Tra
polemiche e lucchetti gettati via, ora a Trieste, dopo qualche tempo
di silenzio, ecco rispuntar lentamente sulla riva tre novembre che
sovrasta il canal grande i lucchetti dell'amore.
Uno
dopo l'altro conquistano un piccolo spazio.
Due
nome, quelli degli innamorati, che hanno incatenato la promessa del
loro umano amore, perdendosi sullo specchio dell'acqua del canale e
magari con un bacio guardando il sole tramontare sull'infinità che
offre il golfo di Trieste.
Per
quanto tempo rimarranno lì non è dato sapere, qualcuno si
indignerà, qualcuno sorriderà, per ora i lucchetti dell'amore sono
lì.
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