La
strategia della tensione con le sue stragi e vittime è legata ad un
solo disegno criminale,destabilizzare per stabilizzare, ed a un solo
esecutore materiale
La
bomba del 12 dicembre 1969, che esplode all’interno della Banca
Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana a Milano, l'uccisione
di Pinelli, l'uccisione del Commissario Calabresi nonché la strage
di Bologna, possono essere in particolar modo legate da un filo
sottile o dal lapsus del calibro 6.35 che ora cercherò di spiegare.
Come
è noto la verità processuale che non sempre corrisponde alla verità
storica ha voluto come responsabile dell'uccisione del Commissario
Calabresi Lotta Continua colpendo in particolar modo Sofri,
Bompressi, Pietrostefani ed il pentito.
Quel
pentito che il 2 luglio del 1988, ex
militante di "Lotta continua", si presentò ai Carabinieri
di La Spezia, confessando di aver partecipato ad "un grave fatto
di sangue a Milano nel 1972, di cui, appunto, si pente: l'omicidio
del commissario Calabresi .
Dopo
pochi giorni da quella sentenza il pentito firmerà i primi verbali
grazie all'intervento di un alto ufficiale dell'antiterrorismo che
segnerà l'inizio di un processo dalle mille contraddizioni,dai non
so e non ricordo, dalle stratificazioni di memoria, dove uno dei
principali testimoni, a titolo di esempio nei verbali di polizia
dell’epoca
indicava una Fiat 125 di colore “blu” targata MI/E16802 ma in
dibattimento
dichiarava di non aver mai rilevato alcun numero di targa, ma la
circostanza, per il Tribunale, “non sarà importante”.
Già.
E
questa sarà l'intera linea che caratterizzerà il processo per
l'omicidio del Commissario Calabresi.
Un
Processo ove emerse che il dott. CALABRESI “cadde sotto i colpi
di una Smith and Wesson 38 special a canna lunga e che tali armi
provenivano dalla rapina all’armeria in questione all’armeria
“Marco Leone”. Ma
il proiettile, reperto del delitto, risultava
essere stato eliminato unitamente ad altri reperti con provvedimento
del Presidente del Tribunale di Milano in data 15.2.89.
Si
risalirà a quell'arma grazie anche al ruolo svolto dalla stampa, per
esempio dalle notizie apparse sul “Corriere d’Informazione”
del settembre e del novembre ‘72 si ricava una Smith & Wesson
cal. 38 special a canna lunga, così si è sostenuto che tale fatto fosse notorio e tale fatto notorio è diventato anche atto di verità
processuale. Certo
che è singolare che dei “comunisti” possano uccidere un
Commissario di Polizia per vendicare la morte di un compagno
anarchico, o come risposta al processo per diffamazione tentanto
contro il direttore di Lotta Continua. Le note vicende spagnole ben
dovrebbero spiegare quali siano stati nel corso della storia i
rapporti tra comunisti ed anarchici, ma la storia è una cosa, la
realtà utile alla società è altra. Lotta Continua era un bersaglio
facile, utile e ben preparato nel corso del tempo e certamente Lotta
Continua poco ha fatto per prendere le distanze da quell'omicidio,
ritenuto in sostanza “politicamente” inevitabile, ed i comunicati
che sono seguiti dopo la morte di Pinelli, l'uccisione del compagno
di Pisa Serantini e la morte di Calabresi ben si sono prestati alla trappola
loro riservata.
Da
poco tempo è emerso che Calabresi tre giorni prima della sua morte
sia giunto a Trieste, dove con un questore, un deputato ed un conte,
avrebbe effettuato un sopralluogo al Nasco 203, uno dei depositi di
Gladio. Proprio plastico jugoslavo fu quello usato sia nella strage
di piazza Fontana che in quella di piazza della Loggia a Brescia e
sembra che fosse presente in quel noto deposito.
Quel
giorno penso che si sia realizzato una sorta di o con noi o contro di
noi. Tre
giorni dopo, come testimoniato dalla moglie di Calabresi, il
Commissario si cambiò la cravatta, indossandone una bianca, come
“segno di purezza”. Chi avrebbe dovuto incontrare quel giorno?
Cosa avrebbe voluto confessare?
E'
fatto notorio che il Commissario fosse in possesso di una piccola
pistola automatica, una Beretta 6,35. Repubblica riporta questa
notizia: Un giorno, Gemma, che non la vede più lì, gli chiede:
"Dov'è finita la pistola?". Gli rispose che l'aveva in
ufficio. "Perché non la tieni indosso come i tuoi colleghi?",
gli domandò. "No, non la porto perché non avranno mai il
coraggio di spararmi guardandomi negli occhi. Se mai decidessero di
spararmi lo faranno alle spalle. E allora, avere una pistola non mi
servirebbe a niente"
E
così è stato.
Ma
l'Ansa nel maggio del 2012 dirà che il Commissario è stato ucciso
non con la Smith & Wesson cal. 38 special a canna lunga, ma
proprio con una Beretta 6.35, una pistola che a partire dal periodo
immediatamente successivo alla fine della Grande Guerra, l’Italia
acquistò e distribuì agli Alpini ed alla Guardia di Finanza, ma
anche alla Guardia alla Frontiera, all’Aeronautica ed a molti altri
corpi armati. Una Pistola “usata” dalle Forze dello Stato, che
aveva in dotazione anche il Commissario Calabresi.
Ed infine la "famosa" pistola a canna lunga, poteva essere una Beretta con un silenziatore?
Si
deve tenere conto che la Beretta è molto rumorosa come pistola,
produce circa 140/150 deciBell a un metro di distanza., usando un
silenziatore si scende a circa 50dB dunque ben udibile come rumore.
Però
deve essere detto che la pallottola( meglio frammento di pallottola) estratta dal cadavere del dott.
CALABRESI, in base alle risultanze della perizia tecnica, faceva
parte di una cartuccia cal. 38 special allestita, con ogni
probabilità, dalla società FIOCCHI di Lecco Infatti, dall’esame
di una serie di pallottole calibro .38 special, aventi maggiore
diffusione e caratteristiche strutturali similari a quelle del
reperto, emergeva che solo quelle di produzione FIOCCHI presentavano
caratteristiche raffrontabili con quelli della pallottola che aveva
attinto il dott. CALABRESI. Tali caratteristiche erano costituite,
oltre che dalla larghezza e dal posizionamento reciproco delle tre
scanalature trasversali, dai particolari caratteri morfologici e
dimensionali della zigrinatura che si osservava sul fondo delle due
scanalature inferiori e che la stessa presentava impronte di
rigatura riferibili ad un revolver dello stesso calibro, oppure del
calibro 357 Magnum, costruito dalla casa americana SMITH &
WESSON. Le indagini dei periti erano iniziate con alcuni accertamenti
in ordine alla pallottola repertata, la quale veniva così descritta:
“Trattasi di una pallottola di piombo nuda del calibro 38 Special
deformata in corrispondenza dell’ogiva e di una vasta zona del
corpo cilindrico.
Sempre
in base ai periti, “la pallottola, che pesa gr. 10,1, è
caratterizzata da una forma cilindro-ogivale piuttosto allungata, da
una profonda concavità nel fondello 233 e da tre scanalature anulari
che interessano il corpo cilindrico e che sono piazzate
rispettivamente a 2,8-5,8 e 7,9 mm. Dallo spigolo che delimita il
fondello. Le due scanalature più basse presentano sul fondello una
zigrinatura consistente in una serie di rilievi paralleli orientati
in senso assiale e a sezione triangolare. La scanalatura superiore,
ossia quella più vicina all’ogiva, è priva di zigrinatura e
consiste in un semplice solco a sezione triangolare. Nella cavità
del fondello si è rilevata la presenza di numerose particelle
incombuste di polvere trattenute sul fondo e sulle pareti di grasso
per pallottole […]”.
Da
ciò sembra emergere incompatibilità con la Beretta calibro 6,35,
pur tenendo conto di tutte le anomalie emergenti all'interno del
citato processo ma è il caso di riportare quanto segnalato nell'articolo dell'Unitàdi pagina 11 del 16 dicembre 1997: "Come
si sa i proiettili dell’omicidio sono due. Di uno, quello penetrato
nella testa di Calabresi, fu ritrovato un grande frammento,dell’altro
“passante” all’inizio non si seppe nulla. Sul luogo del delitto
furono ritrovati quattro proiettili che però si escluse avessero
qualcosa a che fare con l’uccisione di Calabresi. Solo ad agosto
venne “rinvenuto” un proiettile sul quale sono state eseguite
tutte le prove balistiche. Della provenienza di quel proiettile non
si sa nulla (non era accompagnato da nessun verbale e in processo
medici e portantini dissero che non era stato visto sulla barella con
cui Calabresi entrò in ospedale) e in più è stato distrutto
durante il processo".
Adnkronos il 27 maggio del 1999 scriverà : “Il proiettile
misterioso compare il 3 agosto del 1972. Venne recapitato, insieme ad
altri oggetti relativi al caso, all'ufficio corpi di reato. Era un
calibro 38 special accompagnato dall'indicazione 'repertato in
ospedale'. Indicazione che pero', e' stato rilevato nell' istanza di
revisione, non trova nessun riscontro in alcuna delle numerose e
dettagliate testimonianze riguardanti i ritrovamenti dei proiettili,
ne' ne fa cenno il rapporto della Questura del 10 giugno, giorno
dell' omicidio, e questo per tutto il mese successivo.
Il verbale di consegna all'ufficio corpi del reato fa comunque
riferimento ad un rapporto della Questura del 2 agosto che avrebbe
dovuto contenere indicazioni sul rinvenimento del proiettile. Tale
documento non figura, pero', negli atti processuali, ne' e' stato
confermato durante il dibattimento davanti alla Corte D'Assise nel
1990, nel corso del quale vennero sentiti numerosi testi nel
tentativo di accertare la provenienza del reperto”.
Ed
allora viene da chiedersi, quello
dell'Ansa è stato solo un grave errore od un lapsus? Od un messaggio da interpretare?
In che chiave?
Se c'era mussolini queste merde di comunisti col cazzo che dopo decine di omicidi avessero insegnato nelle universita'.
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