C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Il Piano lavoro della CGIL, tra fondi pensioni e centri commerciali e accordo del 28 giugno



La CGIL ha presentato il suo piano lavoro, che probabilmente verrà adottato dal PD.
Un Piano lavoro che per vari aspetti contiene punti condivisibili, come quella che io ho chiamato in passato l'operazione bonifica Italia, che potrà conferire lavoro temporaneo per qualche anno e nello stesso tempo condurre l'Italia verso uno status di normalità in tema di tutela ambientale e paesaggistica.
Ma i punti critici non mancano.
Non si parla di nazionalizzazione, concetto usato anche da Monti per la Monte dei Paschi di Siena, ma la CGIL non osa.
Parla invece, in modo propositivo, di centri commerciali, che come ben sappiamo hanno determinato la morte delle piccole attività anche artigianali e di buona parte dell'economia italiana, e parla anche di fondi pensioni.
Nella sua relazione di accompagnamento, la Camusso afferma testualmente che: Vogliamo ragionare dei fondi della previdenza complementare, a partire dai fondi contrattuali che, come si è visto in questi giorni, sono fonte di sicurezza per tanti lavoratori associati. La previdenza complementare è risparmio dei lavoratori, un risparmio ancor più essenziale dati i repentini cambiamenti della previdenza pubblica che ne diminuiscono il valore.

E' indiscutibile che questa materia è leggermente, per non dire di più, avvolta dal velo del conflitto di interessi, visto che la CGIL ha interessi diretti e consistenti proprio nel campo della previdenza complementare.

Ma il peggio è dato dall'ennesimo richiamo dell'accordo ammazza libertà e democrazia sindacale del 28 giugno 2011 e sottoscritto solo a settembre. Nel piano lavoro si afferma che Una nuova qualità, un nuovo modello di contrattazione ed un ruolo delle parti sociali Applicazione dell’Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011 sul sistema contrattuale a due livelli e che sulla base di un accordo/legge su democrazia e rappresentanza (di cui il 28 giugno definisce le premesse) rinnovare le rappresentanze sindacali elettive nei settori privati e avviare la certificazione della rappresentatività dei soggetti sindacali, sviluppare la democrazia sindacale.

Ma come si può parlare di democrazia sindacale quando quell'accordo stabilisce che la rappresentatività dei lavoratori di una sigla sindacale è misurata dalle deleghe sui contributi sindacali (raccolte dall’Inps e certificate dal Cnel) ponderate dai consensi nelle elezioni delle Rsu (rappresentanze sindacali unitarie), con lo sbarramento al 5% (se il sindacato non supera questa soglia non è legittimato a negoziare)?
D'altronde e purtroppo ciò accade già nel settore pubblico, come la scuola.
Dove per esempio al sindacalismo di base, che ha migliaia di iscritti, è negata anche la possibilità di convocare assemblea sindacale nel luogo di lavoro durante l’orario di lavoro, solo e perchè non supera quella percentuale.

E questa la chiamate democrazia? Quell'accordo deve definire la premessa della futura democrazia sindacale italiana e della legge sulla rappresentanza?

Ciò è a dir poco aberrante e viola la carta sociale europea, sì proprio quella carta a cui la CGIL si appella per contrastare l'abuso della precarietà in Italia.
Una carta che al punto 1 comma 6 afferma testualmente che Tutti i lavoratori e datori di lavoro hanno diritto di negoziare collettivamente.





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